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19 Ottobre 2021
10:13

Referendum contro la caccia, ultimi giorni di raccolta firme: arriva quella Tiziano Ferro

Sprint finale per la raccolta firme necessarie a ottenere il via libera per il referendum sull'abolizione della caccia. All'appello mancano ancora diverse firme e arriva quella di un "testimonial" d'eccezione come Tiziano Ferro, ma per il comitato promotore la battaglia si è giocata anche internamente.

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Anche Tiziano Ferro firma per il referendum sulla caccia: a diffondere lo scatto in cui il cantante posa con una t-shirt su cui campeggia il bollino della campagna pro-referendaria è stato il Comitato Sì Aboliamo la caccia, che ha nuovamente lanciato un appello affinché si proceda con le firme anche in via digitale.

«Abolire la caccia significa risparmiare fondi pubblici destinati al ripopolamento a scopo venatorio, salvare la vita a milioni di animali, uccisi da questa “pratica” non necessaria, evitare la morte a tante persone a causa di “incidenti”, liberare boschi e campagne da gente armata, girare tranquillamente senza udire spari in mezzo alla natura – ricorda il Comitato – Numerose ricerche hanno dimostrato come il munizionamento da caccia rappresenti una fonte non trascurabile di inquinamento da piombo, in grado di avvelenare gli uccelli selvatici, contaminare il terreno e determinare un rischio sanitario per l'uomo».

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credit Comitato Sì aboliamo la caccia

Per firmare c’è tempo sino al 26 ottobre, e al 18 mancavano ancora 68.000 firme per raggiungere l’obiettivo. La scadenza originaria era fissata al 27 settembre, ma il decreto legge Semplificazioni ha consentito di prorogare i termini di un mese, anche se il Comitato ha annunciato che per motivi organizzativi la raccolta firme partita a luglio verrà considerata chiusa il 26 ottobre per poter raccogliere tutti i certificati elettorali. L’obiettivo è raggiungere 700.000 valide, per vare la certezza in caso di eventuali firme rese nulle (il numero imposto è 500.0000).

Raggiunto il numero di firme necessarie dovrà arrivare il parere favorevole della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale, ma le tempistiche per il voto restano comunque incerte. In base alla legge n. 352 del 25 maggio 1970, che regola il funzionamento dei referendum, non è infatti possibile presentare una richiesta di referendum “nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle camere medesime”. Stesso principio si applica in occasione dell’elezione del nuovo capo dello Stato, e in Italia le due elezioni sono fissate rispettivamente per il 2023 e il 2022.

Referendum contro la caccia, il fronte contrario è anche interno

A prescindere dalla data in cui terrà il referendum, gli sforzi e gli appelli comunque aumentano in vista del traguardo finale, con investimenti nell'organizzazione di banchetti per le firme, un mezzo ancora ampiamente utilizzato per compensare i costi della raccolta firme digitale (completamente a carico dei promotori del referendum). Eppure della proposta di referendum contro la caccia si è parlato poco, molto meno rispetto a quelli per l’eutanasia e la legalizzazione della cannabis, e anche in relazione al boom del ricorso alla firma digitale. I motivi sono molteplici: da un lato la caccia in Italia è ancora considerata in molti casi un hobby e un passatempo di natura anche culturale, dall’altro il fatto che nella campagna referendaria siano assenti sia gruppi politici sia grandi associazioni animaliste e ambientaliste. Che non hanno appoggiato pubblicamente il referendum, anzi ne hanno preso le distanze.

Enpa, Lipu e Lav, con tempi diversi, hanno infatti deciso di dissociarsi per motivi concordi, e cioè in primis la denunciata mancanza di condivisione delle linee guida comuni da parte del comitato organizzatore. E ancora, enormi difficoltà, anche economiche, per un’organizzazione che ha bisogno di risorse non indifferenti; tempistiche sbagliate a causa della concomitanza con la pandemia ancora in corso. Infine il timore che l’abolizione di parte di una legge imperfetta ma sicuramente necessaria, apra una falla che permetta ai cacciatori di compattarsi, trovare un fronte comune e soprattutto un sostegno politico in grado di produrre una nuova legge ancora meno efficace e forse addirittura più a favore della lobby dei cacciatori. Il quesito referendario chiede infatti l'abrogazione della legge 157 dell'11 febbraio 1922 in materia di "Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio", inserendo all'articolo 21 comma a la dicitura «è vietato a chiunque l’esercizio venatorio». Un'abrogazione drastica che per le associazioni rischia di creare un vuoto giuridico più dannoso che utile.

«La legge 157/92 è una legge quadro, è complessa ed articolata, con precisi equilibri tra competenze e norme collegate – aveva spiegato l’Associazione Vittime della Caccia – Mai applicata veramente in tutte le sue parti (migliori), sul territorio soltanto la lobby venatoria si è fatta avanti, dal 1992. Questo ha portato a “viziare” i cittadini, ad arrendersi sotto i pallini di piombo, a non conoscere e quindi non pretendere il rispetto di norme preminenti, come la pubblica incolumità. La 157 è un grosso lavoro di compromesso, sudato e dibattuto, pieno di pecche ma anche spunti importanti, chi la conosce lo sa. Non si può usare il cancelletto per abolire la caccia in Italia, non funziona. Perché?  Basta chiamarla in altro modo. Già lo fanno e sparano tutto l’anno tra pre-aperture e posticipi dei canonici calendari venatori, deroghe locali, abbattimenti selettivi e di contenimento di specie ritenute dannose e pericolose».

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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