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19 Gennaio 2023
13:13

Perché guerra e razzismo hanno avuto inizio con l’avvento dell’agricoltura

Secondo alcuni studi la rivoluzione agricola ha innescato un cambiamento talmente repentino da generare un'effetto cascata con conseguenze uniche in tutto il regno animale: guerre, malattie e discriminazioni.

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«Gli ultimi 12.000 anni di storia, adattamento ed evoluzione dopo la rivoluzione agricola hanno plasmato chi siamo oggi». Queste le parole di Clark Spencer Larsen, antropologo e bioarcheologo statunitense, riguardo un enorme studio che ha condotto negli ultimi anni su come un nuovo stile di vita sedentario e un nuovo modo di recuperare le risorse hanno dato origine a fenomeni caratteristici della nostra specie unici nel mondo animale: guerre, razzismo e altri tipi di discriminazione.

Sebbene la storia evolutiva dei nostri antenati sia iniziata più di 20 milioni di anni fa con il Kenyapithecus, un antenato comune di tutte le scimmie antropomorfe, solo gli ultimi 12 mila anni hanno realmente definito la nostra identità culturale, insomma come spiega lo stesso antropologo: «Il passaggio dal foraggiamento all'agricoltura ha cambiato tutto e il nostro mondo moderno è iniziato con il suo avvento». Le osservazioni fatte da Clark Spencer Larsen e il suo team di ricerca sono state pubblicate in 8 diversi articoli scientifici di cui è stata tratta recentemente una summa proposta sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

«Anche se i cambiamenti apportati dall'agricoltura ci hanno favorito molto – spiega il ricercatore – Il suo avvento ha anche portato a un aumento dei conflitti e della violenza, a livelli crescenti di malattie infettive, a una ridotta attività fisica, a una dieta più limitata e a una maggiore competizione per le risorse».

Sono stati questi cambiamenti repentini nella vita di Homo sapiens, dunque, a far si che nascessero comportamenti avversi contro altri individui della propria specie che, ben presto, si sono tradotti in fenomeni su vasta scala. «Non siamo arrivati dove siamo ora per caso – continua – I problemi che abbiamo oggi con la guerra, la disuguaglianza, le malattie, la dieta povera di alimenti, tutto è il risultato dei cambiamenti che si sono verificati quando l'agricoltura ha avuto inizio».

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Nello studio del team americano si evince come è stato proprio il passaggio da una vita nomade, con comunità di raccoglitori e cacciatori, a una vita quasi completamente sedentaria uno dei principali inneschi. Un modo più semplice di procurarsi il cibo ha permesso alla popolazione mondiale di crescere da circa 10 milioni nel tardo Pleistocene a più di 8 miliardi di persone oggi. Questa esplosione demografica, però, ha avuto un costo. La dieta variegata dei foraggiatori è stata sostituita con una dieta molto più limitata fatta di piante e prodotti derivati dagli animali addomesticati, diminuendo così la qualità nutrizionale. 

Un altro importante cambiamento nella dieta umana è stata l'aggiunta di latticini. In un articolo in particolare i ricercatori mostrano che le prime prove del consumo di latte risale a circa 5.000 anni fa nel nord Europa. Questo cambiamento è stato molto recente, tanto che non tutti gli esseri umani sono stati in grado di "imparare" a digerire il nuovo alimento, e le modifiche genetiche conseguenti sono anch'esse piuttosto recenti: un ulteriore esempio della rapidità con cui la vita dell'uomo è cambiata nel corso dei secoli.

Mentre le persone cominciavano a creare comunità agricole, stavano avvenendo anche cambiamenti sociali. In particolare Larsen e il suo team di ricerca ha analizzato gli isotopi di stronzio e ossigeno presenti sullo smalto dei denti di esseri umani di oltre 7.000 anni fa scoprendo che in questi primi gruppi di uomini sedentari vi era una forte immigrazione da Çatalhöyük, nella moderna Turchia.

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Çatalhöyük, nella moderna Turchia, fu un importante centro abitato di epoca neolitica, sito nella odierna provincia turca di Konya, ai margini meridionali dell’altopiano anatolico

«Questo spostamento di persone getta le basi per l'organizzazione della comunità nelle società successive dell'Asia occidentale – chiarisce Larsen – Queste prime comunità dovevano quindi affrontare, oltre all'approccio a una cultura completamente diversa dalla propria, anche il problema della sistemazione in aree relativamente anguste, una situazione che ha portato a molti conflitti».

A tal riguardo i ricercatori hanno riportato in uno studio come i resti umani nelle prime comunità agricole di tutta l'Europa occidentale e centrale presentassero nel 10% dei casi una morte legata a lesioni traumatiche. «La nostra analisi rivela che la violenza nell'Europa neolitica era endemica e si stava diffondendo verso il nord – commenta l'antropologo – Con persino le prime avvisaglie di guerra che portarono a un numero crescente di morti».

In questo articolo riassuntivo dell'enorme studio condotto da Larsen e il suo team si fa riferimento anche a come queste prime comunità umane hanno creato le condizioni ideali per un altro problema che è uno dei principali fattori di morte dell'uomo moderno: le malattie infettive. L'allevamento di animali, infatti, ha portato alla nascita di molte malattie zoonotiche comuni che possono essere trasmesse dagli animali alle persone.

Ciò che si evince dallo studio, dunque, è come in un certo punto della storia dell'uomo ci sia stata una forte accelerazione tecnologica che ha portato uno stravolgimento repentino nel quotidiano di molti esseri umani. Sono questi cambiamenti rapidi a mettere a dura prova i primi uomini che hanno dovuto adattarsi rapidamente a qualcosa di completamente nuovo. Razzismo, guerra, malattie e molti tipi diversi di discriminazione sono quindi secondo gli studiosi una risposta alla velocità con cui il mondo intorno a loro stava cambiando.

Questa sfida, però, è tutt'altro che conclusa. L'uomo moderno è costantemente stravolto da un mondo che cambia velocemente, ma nonostante la sua ricerca metta in luce aspetti piuttosto oscuri della vita dell'uomo, lo stesso Larsen ammette di essere fiducioso: «Siamo creature straordinariamente resistenti, come hanno dimostrato gli ultimi 12.000 anni. Questo mi dà speranza per il futuro. Continueremo ad adattarci, a trovare modi per affrontare le sfide e per avere successo. Questo è ciò che facciamo come esseri umani».

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