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12 Luglio 2023
9:00

Perché dobbiamo dire no all’ittiturismo, il turismo per la pesca ricreativa

In molte zone di mare, è frequente l’ittiturismo ovvero il turismo legato alla pesca ricreativa, un'attività di pesca non commerciale, in cui gli animali vengono catturati per divertimento e non per la vendita. Un'attività che provoca sofferenza e spesso la morte di specie marine, anche a rischio estinzione.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Eccoci alle porte delle vacanze estive. Le località di mare sono le più gettonate, così le zone costiere e gli abitanti del mare sono minacciati dal turismo irresponsabile. Un esempio è quello della pesca ricreativa legata al turismo. Ne hai masi sentito parlare? Ti spieghiamo cosa è e perché bisogna dire no.

Turismo e pesca ricreativa

La pesca ricreativa è un'attività di pesca non commerciale, cioè in cui gli animali sono catturati per divertimento e non per la vendita. L’ittiturismo nello specifico prevede quindi la pesca di animali marini (e non solo) nelle più disparate zone, sia tropicali che più vicine a noi. I pesci sono pescati con metodi tradizionali per essere portati in superficie o a riva per permettere ai turisti di scattare foto, pronte per essere pubblicate sui social media.

Dopo lo scatto delle foto, ai turisti irresponsabili di solito poco importa del destino dei pesci, ma una cosa è certa: essere catturati e portati in superficie può causare danni irreversibili agli animali, anche se vengono “restituiti” al loro habitat.

Le conseguenze della pesca ricreativa

C’è chi pensa che la "cattura e rilascio" sia un'attività etica e responsabile in quanto, presumibilmente, questi animali vengono rimessi in acqua vivi. Tuttavia, è stato dimostrato che in realtà i pesci rilasciati hanno una mortalità di oltre il 40%, a seconda della specie e degli strumenti utilizzati per la cattura.

I pesci catturati e rilasciati possono morire per vari motivi, ma le due cause principali sono lo stress e le ferite. Lo stress deriva dalla resistenza che l'animale oppone. Internamente, questo sforzo fisico produce loro una carenza di ossigeno nei tessuti, che costringe i muscoli a funzionare senza di esso, causando l'accumulo di acido lattico nel tessuto muscolare, e quindi il passaggio nel sangue. Questo provoca cambiamenti di pH nel sangue, alterazioni dei processi metabolici e, infine, la morte. A volte sembra che l'animale sia vivo quando viene rilasciato in acqua, ma lo squilibrio chimico nel suo sangue può ucciderlo anche giorni dopo la cattura.

L'altra principale causa di morte sono le ferite provocate dagli ami. Queste possono essere da molto superficiali a profonde. La mortalità più alta si verifica quando gli ami lesionano branchie o quando l’esca è inghiottita insieme all’amo provocando lacerazioni e sanguinamenti interni.

Altri fattori che influiscono negativamente sui pesci sono l'eccessiva manipolazione, l'esposizione all'aria, l'aumento della temperatura, le variazioni di pressione che causano un eccessivo gonfiore delle vescicole natatorie che ne controllano il galleggiamento.

Lo stress fisiologico che colpisce gli animali che riescono a sopravvivere alla cattura e al rilascio si traduce in un aumento degli ormoni corticosteroidi che, in molti casi, inibiscono i processi riproduttivi, colpendo intere popolazioni di pesci e minacciandone la conservazione.

Inoltre, il contatto del corpo dei pesci con superfici secche, come le reti, possono provocare lesioni o rimuovere gli strati di mucosa dai loro corpi rendendoli più inclini a batteri e altri agenti patogeni che infettano la pelle.

Oltre alla mortalità e ai cambiamenti fisiologici e comportamentali causati dalla pesca ricreativa, occorre tenere conto che questi animali di provano dolore.

L'esempio dell’offerta turistica di un'azienda di Lanzarote

A Lanzarote, la società Extreme Fishing Territory aveva trasformato la cattura di specie marine in pericolo di estinzione in un'attrazione turistica. Per 150 euro, i visitatori di questa isola potevano salire su una barca, pescare squali martello, mante e razze per scattare dei selfie con gli animali.

L'offerta era in vigore da almeno il 2020, e nei post di Facebook in cui promuoveva i suoi servizi, il responsabile dell'azienda assicurava che oltre a Lanzarote, offriva "avventure di pesca" anche a Ceuta, Gibilterra, Sudafrica, Capo Verde, Angola e Mozambico.

Ma due denunce di associazioni di protezione ambientale hanno portato la Guardia Civil a indagare sui fatti, aprendo un fascicolo che è stato trasmesso al governo delle Canarie e alla Procura dell'Ambiente.

La legge sulla pesca delle Canarie stabilisce che le specie catturate accidentalmente, e la cui pesca è vietata, devono essere immediatamente rigettate in mare. Tuttavia, come risulta chiaramente dalle foto a cui le autorità hanno avuto accesso, gli animali non solo erano catturati volontariamente e non venivano immediatamente rigettati in mare, ma piuttosto usati per i selfie dei clienti.

Le denunce sono quindi state presentate contro l'impresa per cattura di specie protette per attività ricreative, promozione di questa attività attraverso la diffusione sui social network, utilizzo di veicoli sulle spiagge e di droni durante le attività di pesca.

La storia si è conclusa, lo scorso 19 maggio con l'arresto da parte della Guardia Civil del responsabile delle escursioni.

Ad oggi, diverse immagini dei clienti dell'azienda appaiono ancora su TripAdvidor. La cosa più triste di tutte? Nello stesso TripAdvisor tutte le recensioni dei clienti hanno ricevuto 5 stelle.

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Laura Arena
Veterinaria esperta in benessere animale
Sono un medico veterinario esperto in comportamento animale, mi occupo principalmente di gestione del randagismo e delle colonie feline, benessere animale e maltrattamento animale con approccio forense. Attualmente lavoro in Italia, Spagna e Serbia.
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