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8 Gennaio 2024
13:22

Orsi avvelenati in Trentino: «La Provincia ha fomentato un clima di odio e paura»

7 orsi morti nel 2023, di cui 3 avvelenati. Secondo gli attivisti il problema risiede nella non-gestione dei grandi carnivori da parte dell'amministrazione provinciale che ha taciuto anche sulle cause della morte di F36.

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7 orsi morti nel 2023, di cui 3 avvelenati. È questo il pesante bilancio dell'anno appena trascorso in Trentino reso noto nel corso della trasmissione "Mi manda Rai Tre". La puntata, però, non è stata visibile proprio nella Provincia di Trento, come denuncia a Kodami Ivana Sandri, presidente della locale sezione Enpa: «Sul canale c'era una vecchia trasmissione di musica dell'Alto Adige. Solo a un certo punto Rai Tre è tornata visibile, ma il servizio era ormai finito».

Una circostanza che ha lasciato con l'amaro cittadini e attivisti: «Era giusto dare la possibilità a tutti i cittadini di seguire la discussione alla quale hanno partecipato una pluralità di voci -aggiunge Sandri – Riteniamo necessario che le persone abbiano accesso a questi temi, soprattutto da parte del servizio pubblico. Se la gente non sa, non può partecipare attivamente al dibattito».

In studio erano presenti la giornalista Sabrina Giannini, il consigliere provinciale Claudio Cia, e il professore Luigi Boitani, il quale ha sottolineato le responsabilità in capo all'amministrazione provinciale nell'ambito del conflitto uomo-orso. Una posizione simile a quella già espressa anche a Kodami: «Il primo passo verso una coesistenza possibile è educare i cittadini. Le persone devono essere formate fin dalla tenera età per assumere comportamenti compatibili con la presenza dei grandi carnivori». Si tratta di un compito che spetta alla Provincia Autonoma di Trento, così come la messa in pratica di azioni che limitino le interazioni con gli animali selvatici.

Una critica confermata anche da chi il territorio lo vive ogni giorno, e ha fatto della divulgazione sui grandi carnivori il proprio pane quotidiano: «Gli avvelenamenti scaturiscono sempre da delinquenti, e chi li compie non può mai essere giustificato – sottolinea l'attivista dell'Enpa – Tuttavia se ciò è avvenuto perché è stato fomentato un clima di odio e paura non mettendo in atto le misure che avrebbero reso possibile la coesistenza». Tra queste ci sono i cassonetti anti-orso, utili per evitare che gli animali si avvicinino agli ambienti antropizzati attratti dall'odore dei rifiuti. «Non ne abbiamo quasi da nessuna parte. Così non si lavora per la coesistenza ma per spaventare le persone. Una scelta forse presa a fini elettorali».

A cambiare per sempre il rapporto della popolazione con gli orsi è stata la morte del 26enne di Caldes, Andrea Papi, ucciso da JJ4. All'indomani del tragico incidente, la famiglia del giovane aveva chiesto un'assunzione di responsabilità da parte dell'amministrazione provinciale, in quanto responsabile dal 2004 del progetto Life Ursus, con il quale sono stati reintrodotti gli orsi sull'Arco alpino. Tra gli individui fatti arrivare dalla Slovenia, infatti, c'erano anche i genitori di JJ4.

Nonostante l'invito a «fare un passo indietro», a causa di una gestione giudicata poco consapevole, Maurizio Fugatti questa estate ha scelto di ricandidarsi per il secondo mandato da presidente della Provincia improntando la campagna elettorale proprio sulla criminalizzazione dei grandi carnivori.

«Sull'orsa siamo sempre rimasti neutrali e siamo stati attaccati su tutti i fronti – avevano scritto in una lettera aperta i genitori di Andrea Papi – Noi amiamo gli animali e non ci siamo mai dichiarati a favore dell'uccisione dell'orsa […] l'orsa è solo la punta di un iceberg alla cui base ci sono persone e istituzioni che hanno permesso tutto questo». L'appello è stato vano: non solo Fugatti si è ricandidato, ma ha anche vinto le elezioni provinciali chiedendo maggiore autonomia nella gestione della fauna selvatica.

Il problema però è la gestione e non gli animali stessi: «Quando è successo l'incidente con Andrea Papi c'erano a disposizione solo 3 collari per monitorare gli orsi, e nessuno era funzionante. In questi anni c'è stata una non-gestione da parte dell'amministrazione locale – conclude Sandri – In quanto patrimonio indisponibile Stato che Regioni e Province autonome gestiscono per suo conto, sarebbe ore che la popolazione selvatica fosse fosse seguita a livello nazionale».

F36 avvelenata: il giallo dell'autopsia

Tra gli orsi avvelenati ci sarebbe anche l'orsa F36, trovata morta a settembre in val Bondone. L'orsa era finita sulla lista nera di Fugatti a seguito di due incontri avvenuti con escursionisti nei mesi di luglio e agosto mentre si trovava in compagnia del suo cucciolo. Nella nota stampa diffusa dalla Provincia di Trento non erano state indicate le possibili circostanze della morte, cosa avvenuta invece per altri plantigradi rinvenuti senza vita, come ad esempio M62, ucciso da un altro orso.

Il motivo del silenzio ora è chiaro: si tratta di una uccisione. «La nostra indignazione è grande per le rivelazioni shock riportate dal programma televisivo – hanno fatto sapere gli attivisti di Stop Casteller – la Provincia autonoma di Trento avrebbe confermato che a uccidere gli ultimi 3 della lunga lista di ben 7 orsi morti in pochi mesi sarebbe effettivamente stato il veleno. Tra gli orsi avvelenati ci sarebbe anche l'orsa Fiona-F36, all'epoca ricercata per essere rinchiusa al Casteller. Perché la notizia di queste morti per avvelenamento non è mai stata resa nota dalla PAT?».

«Negli scorsi mesi era stato comunicato che l'orsa Fiona-F36 sarebbe morta a seguito dello scontro con un altro esemplare. Dove sta la verità? Dopo questa infinita lista di morti sospette non vogliamo più sentirci rispondere "le indagini sono in corso". L'opinione pubblica, italiana ma anche trentina, vuole chiarezza su questo episodio. Se, come sostiene la trasmissione di Rai3, questi esemplari sono stati vittime di bracconaggio, chi per mesi ha inneggiato a questa supposta forma di "giustizia fai da te" ha una grossa responsabilità in quello che è successo e, presto o tardi, sarà chiamato a renderne conto nelle sedi opportune».

«Il vero problema e il nucleo centrale delle vicenda degli orsi in Trentino è la gestione: per la PAT equivale solo ad abbattere e ingabbiare, tralasciando sistematicamente informazione e prevenzione: cassonetti anti-orso, informazione a tappeto, soprattutto nelle valli, sui corretti comportamenti da tenere, monitoraggio, recinzioni elettrificate e punizioni esemplari per chi foraggia gli orsi mettendo a rischio la vita della specie e degli abitanti delle valli. Gestire significa mettere intelligenza e cura al servizio della comunità. Incolpare magistratura e animalisti per la situazione attuale è solo un paravento all'incompetenza di Fugatti e giunta».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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