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Kodami Call

Morto “l’uomo più solo del mondo”. Tra le sue mani una piuma d’ara, simbolo dello stretto rapporto tra animali umani e non

La morte dell'uomo definito dai media "l'uomo più solo del mondo" ha destato molto scalpore per la tragica storia: un uomo che ha vissuto per 27 anni da solo dopo essere sopravvissuto allo sterminio del suo popolo. A Kodami, però, sottolineiamo anche come questa sia un'occasione sprecata per apprendere in quali altri meravigliosi modi l'uomo è stato influenzato dagli animali.

30 Agosto 2022
17:41
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Il 23 agosto è venuto a mancare l'uomo soprannominato dai media "l'uomo più solo del mondo" o "l'uomo del buco", per via delle diverse voragini che scavava per proteggersi e cacciare. L'indigeno faceva parte di una tribù dell'Amazzonia occidentale che, dopo il genocidio della sua gente, era rimasto solo dagli anni 70.

A dare la notizia è stata la National Indian Foundation (FUNAI), l'agenzia governativa brasiliana responsabile della protezione dei popoli indigeni e delle loro terre. Con la morte di quest'uomo scompare la cultura di un popolo: era l'unico e ultimo portavoce degli usi e costumi di quella tribù e ora, purtroppo, si è portato con sé tutti i segreti che custodiva.

Fermiamoci un secondo, dunque, e facciamo uno sforzo di immaginazione. Non ci troviamo più in una città piena di palazzi e cemento, ma nel fitto della Foresta Amazzonica occidentale, a Tanaru. Fra gli alti alberi di ebano, con un po' di fortuna, intravediamo un uomo intento a tagliare legna o preparare trappole per catturare gli animali. Quello a pochi metri di distanza da noi è proprio lui, l‘ultimo della sua tribù.

Negli anni 70 il suo popolo venne completamente sterminato, secondo l’agenzia governativa brasiliana da allevatori di bestiame bramosi di nuove terre. "L'uomo del buco", dunque, era rimasto solo per 26 anni e ha continuato a difendersi e procacciarsi del cibo per tutto questo tempo. Sarebbero molte le domande da fargli: come ha fatto a sopravvivere per così tanto? Cosa può dirci della sua cultura? Come è realmente scomparsa la sua gente?

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L’uomo più solo del mondo, fotogramma dal film Corumbiara, del film–maker Vincent Carelli.

Sfortunatamente non sapremo mai la risposta a questi quesiti, né tantomeno come fossero fatti gli usi e i costumi della sua gente. L'uomo si rifiutava di comunicare con degli estranei e nessuno è riuscito mai a scoprire molto su di lui e il suo popolo, tranne per un dettaglio. Al momento del ritrovamento del suo corpo, infatti, stringeva fra le mani una piuma d’ara, un pappagallo molto diffuso in Amazzonia occidentale.

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Fra le poche cose conosciute della sua cultura è noto che la piuma di questo animale era utilizzata nei riti funebri: che l’uomo fosse consapevole della sorte che gli sarebbe spettata? Anche questo mistero rimarrà irrisolto e la scomparsa di un intero popolo è una triste occasione persa anche per approfondire uno dei temi più importanti presente nell'uomo sin da quando ci siamo evoluti: il rapporto fra noi e gli animali.

A riguardo abbiamo approfondito l'argomento nel format Meet Kodami, in cui la direttrice Diana Letizia ha intervistato Roberto Marchesini, etologo, filosofo e fondatore dell'approccio cognitivo-zooantropologico. «Noi umani non siamo delle entità che si sono costruite e realizzate da sole ma con gli altri animali – spiega Marchesini – Abbiamo costruito gran parte di quello che oggi pensiamo sia tipico dell'essere umano, ad esempio la danza, la musica e tantissime altre attività imitando le altre specie».

Le diverse culture delle popolazioni umane sono profondamente influenzate dagli animali, dunque, pervase in ogni aspetto dal nostro rapporto con loro. Se inizialmente gli animali hanno fornito lo spunto, successivamente la mente umana l'ha trasformato aggiungendo componenti proprie e rendendolo un elemento unico nel suo genere.

Sono un esempio le danze danze tipiche dei Tutsi, un’etnia presente in Ruanda e Burundi, dove gli uomini saltano e sventolano i loro copricapi imitando perfettamente i movimenti della gru coronata grigia (Balearica regulorum). Questo uccello ha un’incredibile danza d'accoppiamento ed è molto diffuso nell'Africa orientale dove nidifica tutto l'anno.

Ma andando ancora più indietro nel tempo è la nostra stessa Storia che ce lo insegna: pensiamo solo agli antichi Sumeri e Babilonesi che già nel 1500 avanti Cristo avevano suddiviso il cielo in costellazioni affidando ad ognuna il nome di un animale, dimostrando quanto siamo attratti dal mondo naturale.

Anche l'uomo moderno è profondamente influenzato dagli animali. I modi di dire odierni, che sono le fondamenta del nostro parlato, sono pieni di riferimenti agli animali che nel nostro immaginario collettivo possiedono delle qualità uniche. Si dice, infatti, "essere saggi come un gufo", "astuti come una volpe" o "veloci come una gazzella", riferimenti culturali acquisibili solo tramite l'attenta osservazione della natura fatta dai nostri avi.

Questi sono solo esempi di come agli albori della cultura l’uomo abbia attinto a piene mani dal mondo degli animali. Purtroppo, però, con la morte dell' "uomo più solo del mondo" scompare una popolazione e la sua cultura, un'occasione che non avremo più per apprendere in quali altri meravigliosi modi siamo stati e siamo ancora tutti stati influenzati dai comportamenti degli altri animali.  Questo evento dovrebbe essere, dunque, un monito per tutti: se realmente non vogliamo perdere altre preziose culture non possiamo prendere con la forza tutto ciò che desideriamo perché a pagarne le conseguenze siamo noi esseri umani e la natura.

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