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18 Gennaio 2024
12:33

Megaterio, il bradipo gigante preistorico

Il megaterio era una specie di bradipo gigante, vissuto dal Pliocene al Pleistocene inferiore. Poteva superare i 6 metri di altezza, ma le sue imponenti dimensioni non lo aiutarono a salvarsi dall'estinzione dovuta al cambiamento climatico che colpì la Terra dopo la fine dell'Era glaciale.

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Il Megatherium era una specie di bradipo dalle dimensioni imponenti che visse dal Pliocene al Pleistocene inferiore, il cui genere si estinse a seguito del cambiamento climatico e alla conseguente scomparsa delle piante di cui si cibava. Questi animali potevano superare i 6 metri di altezza e questo consentiva loro di affrontare qualsiasi tipologia di predatore, anche i più grandi, come le tigri dai denti a sciabola.  Determinate caratteristiche del cranio e del pelo lo rendevano inoltre simile a un orso, seppur la sua bocca fosse specializzata per una dieta prettamente vegetariana.

È noto come bradipo gigante perché la sua struttura scheletrica indusse in un primo momento i paleontologi ad inserirlo nello stesso genere dei bradipi tridattili (Bradypus) attualmente presenti in Sud America, ma la successiva revisione dei reperti e l'identificazione della specie,  Megatherium americanum, effettuata nel 1796 da Cuvier, portarono alla fine gli scienziati a creare un nuovo gruppo, quello dei bradipi terricoli. Questi si differenziavano dai loro parenti arboricoli per le dimensioni, il numero di dita in ciascuna mano, probabilmente per il loro comportamento molto più attivo, e per la dieta.

Chi era il megaterio?

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Il megaterio apparteneva alla megafauna pleistocenica che un tempo viveva nelle Americhe ed era un grosso erbivoro. Il suo nome scientifico significa in greco "grande bestia", nel senso originale di mostro, seppur al giorno d'oggi sono in pochi i paleontologi che lo ritengono "mostruoso". Era solo un lontano parente del bradipo attuale, con cui però condivide l'appartenenza al sottordine dei Folivori. I suoi fossili vennero rinvenuti per la prima volta in Argentina, da alcuni scienziati che stavano esplorando il Sud America nel XVII secolo. Questi ultimi spedirono le sue ossa in Spagna, cercando di attrarre l'attenziona dell'allora giovane comunità scientifica, molto influenzata ancora dalla Bibbia.

In un primo momento, come abbiamo già sottolineato, i suoi resti vennero infatti interpretati come appartenenti ad un bradipo gigante non sopravvissuto al Diluvio Universale, ma vennero anche scambiati per le ossa di un predatore, a causa dei suoi artigli lunghi e ricurvi. Questi artigli tuttavia servivano al Megaterio per abbassare i rami degli alberi in cui si trovava il suo cibo e per difendersi dall'attacco dei predatori, in modo simile a quanto fatto in passato, molti milioni di anni prima di lui, dal Terenzinosauro.

Per via della forma di questi artigli, il megaterio non era in grado di sviluppare una camminata quadrupede molto elegante, visto che camminava appoggiando le nocche sul terreno. Era però anche in grado di assumere la posizione bipede, sia per raggiungere i rami più alti che per sovrastare i suo nemici, minacciandoli con gli artigli. Il suo peso non gli consentiva di vivere fra gli alberi. Se solo ci avesse provato, infatti, la sua massa avrebbe spezzato anche il ramo più resistente, non considerando inoltre che i suoi piedi non erano adattati per afferrare bene la superficie dei tronchi con gli artigli.

Com'era fatto il megaterio?

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Wikimedia commons

Dal punto di vista anatomico, il megaterio sembrava riassumere nel suo corpo le morfologie dei suoi parenti bradipi e degli orsi, con cui invece non era strettamente imparentato. Come quest'ultimi sembra infatti che avesse una piccola gobba sopra le schiena e che avesse una folta pelliccia, per tenersi al caldo e trasportare i piccoli con sé. I piccoli inoltre potevano aggrapparsi al pelo della madre tramite gli artigli e un affettuoso abbraccio, senza recarle alcun disturbo nel movimento.

Il megaterio aveva anche zampe molto larghe e tozze e le ossa degli arti anteriori erano più esili rispetto a quelle degli arti posteriori. Il suo cervello era piccolo, in proporzione alle dimensioni del cranio, e i suoi lunghi artigli erano pieni e lunghi una decina di centimetri. In età adulta poteva anche superare i 6 metri di lunghezza, dalla testa alla coda, per un peso complessivo di 4 tonnellate. Non sappiamo se vivesse in gruppo o in modo isolato, ma di certo nessun predatore avrebbe attaccato un megaterio a cuor leggero, considerando i danni che potevano provocare le sue formidabili armi da difesa e la sua potenza muscolare.

Cosa mangiava il megaterio?

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Essendo un animale erbivoro, la dieta del megaterio era composta principalmente da vegetali. I suoi denti erano infatti perfettamente specializzati per sminuzzare, tagliare e triturare foglie, frutta, ma anche cortecce, radici, germogli e arbusti. Gli scienziati inoltre ritengono che al momento del bisogno poteva anche decidere di mangiare l'erba fresca, soprattutto quando con l'andare dell'età gli esemplari non riuscivano a sollevarsi facilmente da terra.

Per alcuni paleontologi, occasionalmente il megaterio avrebbe potuto anche decidere di cibarsi di di animali già morti, ma questa teoria viene considerata abbastanza controversa dalla ricerca. Non abbiamo infatti prove del fatto che questo animale potesse mangiare la carne o frantumare le ossa e gli indizi considerati a supporto di questa tesi non hanno convito del tutto gli scienziati.

Distribuzione e habitat

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Come i moderni bradipi, il megaterio ebbe origine in America meridionale e visse per moltissimo tempo all'interno delle foreste che coprivano questo continente. Quando però le placche tettoniche delle due Americhe entrarono in collisione, favorendo la formazione dell'America centrale, questi animali si spinsero verso nord, facendo parte di quel folto gruppo di specie che partecipò al grande scambio americano. Questa fu un'imponente migrazione di animali terrestri, uccelli e di organismi d'acqua dolce che si spinsero dal Nord al Sud America e viceversa grazie alla formazione dell'istmo di Panama, un evento che avvenne a partire da circa 3 milioni di anni fa, nella prima metà del Pliocene.

Nascendo ovviamente nelle foreste equatoriali, il megaterio fu costretto ad adattarsi notevolmente per sopravvivere nelle foreste continentali nord americane come alle vaste praterie. Circa 20.000 anni fa, la sua specie riuscì però a raggiungere gli Stati Uniti sud occidentali, insieme ad altre specie come i gliptodonti corazzati e gli opossum. Più tardi, durante l'era glaciale, probabilmente riuscì anche a spingersi ancora più a nord, grazie alla sua mole e alla consistenza della sua pelliccia, molto folta, che gli consentiva di sopravvivere al gelo. I suoi habitat preferiti rimasero comunque quelli molto ricchi di alberi e di vegetazione, visto che per sostenere la sua massa aveva di bisogno di molto nutrimento.

Come e quando si estinse il megaterio?

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Il megaterio si estinse circa 11.000 anni fa, quando il cambiamento climatico, seguito alla fine dell'era glaciale, portò con sé lo scongelamento della masse glaciali continentali e la scomparsa di un gran numero di piante adattatisi al freddo intenso. Il Megaterio infatti, seppur in teoria poteva adattarsi alle nuove condizioni climatiche più simili al clima delle sue origini evolutive, non poté nulla contro la scomparsa di queste piante.

Perdendo velocemente importanti quantità di cibo e travolto forse dall'arrivo di una nuova specie da ovest, l'essere umano, il megaterio cominciò così a perdere terreno e a risultare fin troppo vulnerabile agli assalti dei predatori. Forse cercò anche di migrare di nuovo verso sud, dove però trovò alcune montagne di nuova formazione a rallentargli il cammino e altre specie ad occupare le nicchie ecologiche che aveva lasciato. A causa quindi di queste diverse pressioni sopraggiunse inevitabile l'estinzione.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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