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Mamma orango stringe il suo cucciolo allo zoo di Rostock: perché la foto non dovrebbe commuoverci

La foto di mamma orango che stringe il suo piccolo nello zoo di Rostock sta commuovendo tutti. Eppure, non c'è nulla di commovente, se non la prigionia degli animali.

1 Luglio 2022
11:10
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Giornalista
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L'orango Hsiao-Ning ha partorito un cucciolo nello zoo i Rostock, in Germania. La foto di mamma orango che stringe il suo piccolo sta facendo il giro dei social e sta commuovendo tutti. Eppure, in quella foto non c'è nulla di commovente, se non la prigionia dell'animale. Hsiao-Ning non è stata salvata da una vita di stenti e di prigionia. Non c'è neanche nata in quel Borneo dove non ritornerà mai, perché la sua sorte è stata quella di nascere in uno zoo a Monkey World in Gran Bretagna nel 2003 e da lì, essere trasferita direttamente al Rostock in Germania, dove, presumibilmente, morirà perché nessuno degli oranghi che vivono nello zoo è mai stato rieducato per tornare a vivere libero nella giungla.

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È stato lo stesso zoo ad annunciare la nascita del piccolino il 15 giugno con una foto tenerissima che lo ritrae con gli occhi spaventati e la bocca spalancata. Poi, pochi giorni dopo, un’altra foto, ancora più tenera, lo mostra amorevolmente accudito dalla madre che lo guarda davvero come ogni madre guarda il suo cucciolo, a prescindere dalla razza. Un mix di protezione e dolcezza che colpisce e commuove.

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L’annuncio sui social dello zoo di Rostock della nascita del piccolo orango

Eppure non c’è proprio niente di commovente a pensarci bene. Mamma e figlio sono legati indissolubilmente allo stesso destino: diventare di nuovo, come era già successo per la precedente gravidanza di Hsiao-Ning, i protagonisti di shooting fotografici, post sui social destinati alla ricerca del nome da dare al piccolo, attori prediletti del momento clou dell’allattamento che lo zoo sfrutterà come appuntamento quotidiano per staccare più biglietti di ingresso, attraendo grandi e piccini con la promessa di essere ammessi, eccezionalmente, ad assistere ad un rito ancestrale e privatissimo come quello di una mamma che si porta al seno il figlio per nutrirlo nei suoi primi mesi di vita. Al Rostock i gorilla, ad esempio, si possono osservare mentre mangiano, e allattano se c'è un piccolo, tutti i giorni alle 12,30. I ghepardi alle 11:30, come le renne.

Rostock: uno zoo EAZA

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anche su Instagram, l’arrivo dell’orango è stato festeggiato con un post e i cuoricini

Lo zoo di Rostock, cittadina di 200 mila abitanti che si affaccia sul Mar Baltico proprio di fronte alla Danimarca, non è un cattivo zoo. Come spiega sul suo sito: «ospita attualmente 4.500 animali di 450 specie. Di queste, 34 specie animali sono elencate nell'Appendice A e 43 specie nell'Appendice B del Regolamento del Consiglio sulla protezione delle specie animali e vegetali selvatiche (CE) n. 338/97 del 9 dicembre 1996. Inoltre, manteniamo 29 specie animali originarie dell'Europa protette dalla direttiva sulla protezione degli uccelli».

Lo zoo supporta anche come sponsor alcune organizzazioni che si impegnano a proteggere gli animali in via di estinzione, pinguini, orsi polari, molti uccelli e un particolare tipo di gibbone asiatico, quello del Vietnam. Lo zoo di Rostock ha a cuore anche gli oranghi, ovviamente. Ne custodisce due gruppi, che fanno capo a due maschi diversi con la relativa prole. Ogni tanto nasce un cucciolo e spesso questi cuccioli finiscono in altri zoo, come ad esempio Surya che, dopo la nascita, è stata trasferita allo zoo di Vienna. Ma non è stata una cattiveria. È solo la legge degli zoo che fanno parte dell’Associazione europea di zoo e acquari – EAZA, associazione considerata la migliore quando si parla di conservazione e protezione delle specie in via d’estinzione. Perché tutti gli zoo che appartengono a questa associazione garantiscono di impegnarsi nella salvaguardia di animali a rischio estinzione, sostenendosi a vicenda e impegnandosi a scambiarsi individui nati nelle loro sedi a seconda delle necessità di continuità. In pratica quando muore un animale ci si organizza per rimpiazzarlo con uno nato in un altro zoo che appartiene allo stesso circuito.

Anche gli oranghi sono in pericolo, soprattutto per la deforestazione del Borneo, loro habitat d'elezione, dovuta ai disboscamenti necessari per continuare a creare piantagioni di olio di palma. Al Rostock ne sono consapevoli e infatti, ci spiegano sempre attraverso il loro sito «sosteniamo l'associazione Orangutans in Need eV, fondata nel 2007 da un gruppo di scienziati del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, che sostiene diversi progetti in Borneo e Sumatra, ad esempio nella Lamandau River Wildlife Reserve» che ospita molte specie in via di estinzione ed è anche un'importante area di rilascio per gli oranghi.

Nessuna libertà è prevista per Hsiao-Ning e per il suo cucciolo

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La foto con cui lo zoo invita il pubblico a scegliere il nome per il cucciolo

Ma non ci saranno rilasci per Hsiao-Ning e per il suo cucciolo appena nato. La vita che li attende a braccia aperte non prevede nessun ritorno in natura. Niente giungla del Kalimantan da attraversare saltando da un ramo all’altro. Perché la scienza insegna che se sei nato in cattività è molto improbabile che tu possa imparare a tornare libero. «Gli animali dello zoo sono gli ambasciatori dei loro compagni animali», ci spiega ancora il sito. Quindi Hsiao-Ning e il suo piccolino sono prigionieri a vita ma ambasciatori dei loro simili, anche se a loro insaputa.

Le loro foto serviranno a far pagare più biglietti d’ingresso e con quei soldi a finanziare, si spera, associazioni che in qualche modo si spenderanno per sostenere i loro simili nei luoghi dove sono nati e a cui appartengono. E più saranno tenere, le foto, e più biglietti si staccheranno. Per Hsiao-Ning e per il suo piccolo orango, il destino ha voluto che fossero ambasciatori di una specie ma non protagonisti liberi delle loro vite. Noi che guardiano quelle foto lo sappiamo, ma quello che ci commuove è la dolcezza dello sguardo della mamma, perché ricorda lo sguardo delle nostre mamme. Non ci commuove, o almeno non abbastanza, sapere che vivranno prigionieri tutta la vita, figli di un destino che non hanno scelto ma che passa, incontrovertibilmente, attraverso un mondo a misura di uomo e non di animale.

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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