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27 Settembre 2023
11:28

Le renne delle Svalbard sono rimaste isolate per migliaia di anni, ma ora rischiano l’estinzione

Le renne delle Svalbard sono sopravvissute per migliaia di anni rimanendo isolate dal resto del mondo. Tuttavia, ora rischiano di estinguersi per colpa dei cambiamenti climatici.

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Le renne delle Svalbard sono sopravvissute per migliaia di anni rimanendo isolate dal resto del mondo. Vivono infatti in uno degli arcipelaghi più isolati del circolo polare artico. Eppure, dopo tutto questo tempo passato a combattere anche contro i problemi causati dalla consanguineità, ora rischiano di estinguersi molto presto per colpa dei cambiamenti climatici che stanno stravolgendo il loro habitat.

A darci questa notizia è uno studio pubblicato sulla rivista iScience e condotto da diversi scienziati svedesi e norvegesi. Secondo gli autori, la lotta per salvaguardare questa sottospecie (Rangifer tarandus platyrhynchus) è diventata molto difficile, non tanto perché ci siano dei limiti di fondi, ma perché il caldo in aumento sta contribuendo a renderle ancora più fragili destabilizzando completamente il ciclo vitale e gli equilibri del loro ecosistema.

Isolate da almeno 7.000 anni all'interno dell'arcipelago, queste renne si sono perfettamente adattate ai climi rigidi, più delle altre sottospecie che abitano il continente. Queste renne, però, sono anche le più sensibili ai cambiamenti: «Di tutte le sottospecie di renna che vivono nell'estremo Nord, quella delle Svalbard ha inoltre la più bassa diversità genetica», afferma Nicolas Dussex, post-doc del Dipartimento di Storia Naturale della Norwegian University of Science and Technology (NTNU). Ma come mai queste renne sono rimaste così isolate in mezzo all'oceano artico?

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Molto probabilmente ciò accadde a seguito del disgelo provocato dalla fine dell'Era glaciale, spiegano i zoologi. Alcune renne raggiunsero le Svalbard circa 9.000-8.000 anni fa, arrivando probabilmente dalla Russia e attraversando la regione dello Novaya Zemlya e le isole della Terra di Francesco Giuseppe, prima che i ponti di ghiaccio scomparissero per via dell'aumento delle temperature e dell'arretramento dei ghiacci marini.

Gli animali giunti nelle Svalbard si trovarono così separati dal resto delle altre popolazioni, differenziandosi dalle altre renne e adattandosi a clima e condizioni ambientali particolarmente rigide.  Gli scienziati non sanno quante renne giunsero alle Svalbard migliaia di anni fa, ma di certo non furono molte, considerando che l'intera popolazione moderna – che conta circa 22.000 individui – presenta bassissima diversità genetica a causa di quel processo che i biologi definiscono crescita demografica a "collo di bottiglia".

«Nonostante la loro bassa diversità genetica, questi animali sono tuttavia riusciti a sviluppare una serie di adattamenti alla vita nell'Alto Artico. Sono, ad esempio, di dimensioni più piccole rispetto le popolazioni meridionali e hanno zampe più corte rispetto alle altre sottospecie di renne e caribù settentrionali», ha spiegato Dussex. Visto però che il surriscaldamento globale rischia di far estinguere queste renne, cosa è possibile fare per salvarle?

«In questo caso, abbiamo a che fare con una popolazione la cui consanguineità può essere un vantaggio – spiega Michael D. Martin, professore presso il Dipartimento di Storia Naturale della NTNU. – La consanguineità infatti può anche aiutare una popolazione a sbarazzarsi delle mutazioni dannose, un fenomeno tecnicamente chiamato ‘purging'».

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In una popolazione che presenta infatti un alto grado di consanguineità, la prole ha maggiori probabilità di ereditare mutazioni dannose sia dalla madre che dal padre. Pertanto, quando queste mutazioni “pericolose” si manifestano nei figli, la maggior parte delle volte questi individui non sopravvivono e quindi non si riproducono. Alla fine, quindi, all'interno della popolazione in cui avviene il purging, sopravviveranno e si riprodurranno solo quegli esemplari che non possiedono mutazioni letali.

Ciò che dunque è possibile fare, secondo gli scienziati, è individuare questi esemplari "sani", verificare se presentano degli adattamenti al "caldo" e farli riprodurre in massa, così da avere un maggior numero di individui adattati alle nuove condizioni ambientali e più resistenti al surriscaldamento globale. Tuttavia, non è però certo che la renna delle Svalbard sarà in grado di adattarsi alla crisi climatica.

«Il riscaldamento globale sta facendo sì che il clima delle Svalbard cambi più velocemente che in qualsiasi altra parte del mondo – chiarisce Brage Bremset Hansen, anche lui docente al NTNU. – Anche se i nostri risultati mostrano che le renne delle Svalbard sono riuscite ad adattarsi in tempi relativamente brevi a un ambiente completamente nuovo dopo aver colonizzato le isole, potrebbero avere maggiori difficoltà ad adattarsi al rapido cambiamento oggi in corso. Inoltre, potrebbero anche aver già perso eventuali mutazioni positive e utili per resistere ancora a lungo».

Se ciò fosse vero il destino di questi animali sarebbe dunque segnato e la loro popolazione dovrà essere aggiunta alla lunga lista degli animali estinti per colpa dell'uomo.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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