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18 Febbraio 2024
20:00

Le farfalle si ricordano di essere state dei bruchi?

Una domanda sorta nei social ha permesso ad alcuni scienziati di riprendere un loro vecchio studio, che ha consentito alla ricerca di comprendere meglio la memoria dei lepidotteri.

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farfalla

Recentemente una domanda è divenuta di voga nei social in cui si chiede esplicitamente agli scienziati se le farfalle ricordano di essere state, fino a poche settimane prima, dei bruchi. Alcuni ricercatori che usano Reddit per sondare l'interesse degli utenti sul Web, tra cui la biologa Martha Weiss, della Georgetown University, sono rimasti colpiti, visto che di solito l'intelligenza e la memoria degli invertebrati non è un argomento che scuote l'interesse sui social, almeno fino ad ora.

Gli esperti hanno così deciso di rispondere a questa domanda, riprendendo alcuni vecchi studi che affrontano proprio il tema della memoria individuale delle farfalle.

Nell'ormai lontano 2008, Douglas J. Blackiston, Elena Silva Casey e la stessa Martha Weiss furono tra i primi a studiare il modo in cui le farfalle si costruiscono i ricordi e li sfruttano per sopravvivere giornalmente alle varie sfide quotidiane. Un loro articolo, uscito su Plos One e dal titolo "Retention of Memory through Metamorphosis: Can a Moth Remember What It Learned As a Caterpillar?", riusciva inoltre a rispondere proprio alla domanda posta sui social.

Quello che si sapeva fino ad allora sulla memoria degli insetti era abbastanza limitato e non prendeva molto in considerazione lo sviluppo del sistema cerebrale di questi animali. «All'epoca i nostri colleghi sapevano solamente che quando un bruco subiva la metamorfosi ridistribuiva buona parte delle sue cellule nel corpo per formare i vari organi e i tessuti fondamentali per la vita adulta. Davvero molto poco, considerando le trasformazioni fisiche e probabilmente comportamentali che subiscono questi animali durante il processo di sviluppo», ha spiegato Weiss a anni di distanza dalla ricerca.

Weiss e i suoi colleghi avevano tuttavia scoperto un fatto interessante. Andando a studiare le varie fasi di crescita all'interno dei bozzoli della specie Manduca sexta, una falena altrimenti nota come sfinge del Tabacco, avevano notato che le cellule del sistema nervoso non venivano toccate dai processi di sviluppo e trasformazione degli organi interni di questo animale. Questa informazione, molto importante anche dal punto di vista fisiologico ed evolutivo, suggeriva agli scienziati che le farfalle potessero ricordare la loro vita da bruchi, non essendo il loro cervello stato toccato dai processi di trasformazione cellulare che sono presenti nel resto del corpo.

«Nel 2008 questa scoperta fece abbastanza clamore – ha sottolineato la scienziata – visto che i nostri risultati hanno implicazioni sia ecologiche che evolutive. La conservazione della memoria attraverso la metamorfosi può infatti influenzare la scelta dell’ospite da parte degli insetti polifagi, come anche portare ad una trasformazione o selezione dell’habitat e portare eventualmente a un’eventuale speciazione simpatrica».

Ma come hanno fatto gli scienziati a capire che i centri nervosi dei bruchi non vengono sostituiti da quelle delle farfalle?

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Dopo diversi tentativi, hanno capito che rilasciando acetato di etile nell'ambiente in cui crescevano i bruchi di M. sexta, questi potevano associarne l'odore alle esperienze negative come i disturbi ambientali. Il team ha quindi offerto ai bruchi la possibilità di scegliere un ambiente contenente acetato di etile o aria normale, prima che compissero la metamorfosi. Il 78% dei bruchi esposti all'acetato di etile ha scelto di spostarsi in ambienti in cui questo profumo era assente, avendolo collegato alla presenza di fattori disturbanti, mentre un mese dopo, di seguito alla metamorfosi, il 77% degli esemplari continuava a  scegliere di evitare l'acetato di etile.

Le falene in pratica avevano conservato parte della memoria del loro stadio larvale e andando ad analizzarne lo sviluppo dal punto di vista anatomico, gli scienziati dimostrarono che i neuroni dei centri nervosi dei bruchi erano rimasti intatti durante il periodo di crescita.

«Il comportamento di questi insetti rappresenta un vero apprendimento associativo non un'eredità chimica, e, per quanto ne sappiamo, il nostro studio fornisce la prima dimostrazione definitiva che la memoria associativa sopravvive alla metamorfosi nei lepidotteri – scrisse all'epoca il team all'interno del loro articolo – I nostri risultati comportamentali sono entusiasmanti non solo perché aprono nuove strade di ricerca, ma anche perché sfidano una leggenda popolare ampiamente diffusa sulla metamorfosi dei lepidotteri: che il bruco sia essenzialmente completamente distrutto e la sua componenti riorganizzati in una farfalla o una falena».

Grazie a questa ricerca oggi gli utenti del web possono comprendere meglio la qualità della memoria di questi insetti e le differenze che sussistono fra noi e i lepidotteri. A differenza dei bruchi, infatti, noi non ricordiamo gran parte delle nostre esperienze svolte durante i primi anni di vita ed in particolare nei primi 4 mesi dopo la nascita, perché per quanto il nostro cervello sia completo continua a formare costantemente nuove sinapsi e congiunzione nervose, in grado di ampliare le nostre capacità intellettive.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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