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17 Gennaio 2024
11:54

La più grande foresta secca del Sud America rischia di perdere il 90% dei mammiferi entro il 2060

Il cambiamento climatico minaccia gravemente la biodiversità della Caatinga, la più grande foresta secca del Sud America, con previsioni di perdita significativa di specie e habitat entro il 2060.

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Gracilinanus agilis

I cambiamenti climatici causati dalle attività umane hanno intensificato gli impatti negativi sui fattori socioeconomici, sull’ambiente e sulla biodiversità mettendo particolarmente a rischio soprattutto le zone aride e semi-aride del Pianeta. Un nuovo studio, infatti, ha previsto che il Caatinga, la più importante foresta secca del Sud America, potrebbe addirittura subire entro il 2060 una perdita del 91,6% delle specie che ospita e dell'87% degli habitat. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Global Change Biology.

Il Caatinga è un bioma semi-arido caratterizzato dalla presenza di arbusti e foreste spinose che costituiscono l'habitat di una gran varietà di specie viventi. A causa dell'incremento delle temperature legate al cambiamento climatico, zone come questa diventeranno sempre più calde, secche e meno adatte al sostentamento di gran parte delle specie che ospitano attualmente, in particolare i mammiferi.

Un team di ricercatori brasiliani affiliati all’Università statale di Campinas (UNICAMP), all’Università federale di (UFPB) e all’Università federale di Minas Gerais (UFMG) ha approfondito la questione conducendo uno studio per calcolare quali saranno le condizioni ambientali dell'area tra qualche decennio.Per la realizzazione di questa previsione, gli studiosi hanno basato le loro analisi sulle recenti proiezioni sulle temperature future pubblicate dal Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC).

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Il topo arboricolo Rhipidomys mastacalis

Hanno poi integrato tali dati con informazioni sulla presenza di mammiferi terrestri nella regione della Caatinga e con la loro tolleranza fisiologica sia al clima attuale che a quello previsto. Secondo le stime dell'IPCC, entro il 2060 si prevede un aumento medio delle temperature fino a ben 2,7°C nelle zone aride del Sud America, accompagnato da un prolungamento della stagione secca fino a 21 giorni consecutivi senza piogge.

Considerando questo scenario e il fatto che gli adattamenti fisiologici degli animali richiedono periodi di tempo estremamente più lunghi, spesso dell'ordine di migliaia o milioni di anni, gli autori ritengono quindi che solo pochissime specie, in particolare i mammiferi come gli armadilli, gli aguti e i cervi, saranno in grado di sopravvivere a tali drastici cambiamenti.

A risentire maggiormente degli effetti del cambiamento climatico, infatti, saranno i mammiferi di piccola taglia in quanto perderanno la maggior parte degli habitat adatti alla loro sopravvivenza. Nello scenario migliore, ben 12 specie, ovvero il 12,8% del totale, perderanno completamente il proprio habitat entro il 2060 e 28 (30%) entro il 2100.

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Gracilinanus agilis. Foto da Wikimedia Commons

Tra le specie più colpite ci saranno i roditori e i marsupiali, tra cui l’opossum Gracilinanus agilis, il topo arboricolo Rhipidomys mastacalis e il ratto spinoso atlantico (Trinomys albispinus). I ricercatori spiegano che tali previsioni riflettono l'omogenizzazione biotica, fenomeno in cui le comunità vegetali precedentemente distinte diventano progressivamente più simili e meno diversificate.

Ciò implica che diverse aree capaci di ospitare oggi una ricca biodiversità tenderanno a convergere verso un numero limitato di habitat. Tutto questo, inevitabilmente, favorirà la sopravvivenza solo delle specie più generaliste e adattabili, mentre quelle specializzate o già oggi rare, in assenza di un habitat adatto, sono destinate ad estinguersi localmente.

Questa situazione, di per sé già tragica, si complica ulteriormente per via del fatto che l'area della Caatinga presa in esame è quella che ospita le città più grandi. Le attività umane di lunga data come la deforestazione e il bracconaggio contribuiranno quindi ad aggravare la situazione, amplificando potenzialmente gli impatti del cambiamento climatico.

Mário Ribeiro de Moura, autore principale dello studio, sottolinea come la combinazione di questi fattori renda la situazione particolarmente critica. In considerazione di questo quadro, lo studio evidenzia quindi l'importanza di integrare le proiezioni sulla biodiversità nella definizione delle politiche socio-ambientali a lungo termine e nella pianificazione delle strategie di conservazione.

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Alessia Mircoli
Dottoressa Magistrale in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi
Sono laureata in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi e la divulgazione scientifica è la mia passione. Durante il mio percorso ho scoperto il mondo del giornalismo scientifico e ho capito che è la mia strada. Sono estremamente affascinata dalla natura e da tutto ciò che ne fa parte, credo nell’importanza di diffondere un’informazione corretta sugli animali e l’ambiente.
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