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21 Dicembre 2022
9:48

La melioidosi nei macachi spaventa gli USA: sei scimmie infette

Il pericoloso batterio della melioidosi minaccia gli Stati Uniti d'America. Sei sono i casi di scimmie infette. Alcuni i casi accertati negli esseri umani. Gli esperti consigliano di fermare subito il commercio di primati.

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Da alcuni mesi si susseguono negli Stati Uniti segnalazioni di melioidosi – una pericolosa malattia esotica che sfiora il 50% di mortalità. La situazione al momento desta parecchie preoccupazioni, visti alcuni report che indicano come almeno sei scimmie presenti nei laboratori americani siano risultate attualmente infette. L'eventuale responsabilità umana dell'arrivo negli Stati Uniti di questa malattia da parte dei laboratori è ancora da accertare, ma è indubbio che l'acquisto di centinaia di primati provenienti dalle nazioni asiatiche fra il 2018 e il 2021 abbia potuto favorire la diffusione della malattia in Occidente.

Il batterio che provoca la malattia (Burkholderia pseudomallei) colpisce oltre ai primati anche capre, maiali, ratti e i greggi di pecore. Per ora sembra aver però colpito principalmente gli animali utilizzati nei centri di ricerca e qualche turista sfortunato, di ritorno dalle vacanze. Non è possibile dunque ritenere che siamo agli inizi di una nuova epidemia.

Tuttavia da alcuni giorni i gruppi ambientalisti, fra cui la Peta, stanno accusando le istituzioni pubbliche americane di aver sottostimato il pericolo rappresentato da questa malattia, in quanto il batterio sembra essersi ormai diffuso in molti stati del sud est degli Stati Uniti. Il batterio è stato rilevato nel suolo di alcune aree già a partire dalla passata stagione estiva, tanto da allarmare il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) che ora ha voluto richiamare il governo anche su un eventuale rischio bioterroristico.

Secondo l'ente americano, la diffusione della malattia all'interno dei laboratori sembra essere sotto controllo ed è legato principalmente al bacino del Mississippi meridionale, dove si sono effettuati il maggior numero di campionamenti del suolo che presentano il batterio. Il CDC però non ha subito comunicato il pericolo. I documenti ottenuti dalla Peta rivelano che i casi di Burkholderia pseudomallei identificati nei primati importati dalla Cambogia negli Stati Uniti sono stati trascurati per mesi, mentre altri casi che hanno colpito negli anni passati gli esseri umani avevano le specie esotiche usate comunemente negli acquari domestici come possibile fonte di contagio.

Cos'è la meloidosi

La melodiosi è una malattia che si presenta come un'infezione polmonare acuta, che può però portare anche alla setticemia e alla morte. Di solito la febbre nei pazienti affetti supera i 39 gradi e tra tosse, tachipnea e rantoli è particolarmente rischiosa per tutti i soggetti che presentano il diabete, pressione alta, malattie cardiovascolari e un sistema immunitario indebolito.

Sappiamo già che questa malattia viene acquisita dal contatto del batterio con la pelle o dalla ingestione ed inalazione di Burkholderia pseudomallei. Non viene però acquisita direttamente dal contatto con animali infetti o persone. La dottoressa Lisa Jones-Engel, consulente della Peta, ha dichiarato «Non vi è alcuna indicazione che il CDC o le industrie di ricerca siano state trasparenti con il pubblico su queste scimmie malate».

Uno studio pubblicato recentemente su Comparative Medicine rivela che uno dei macachi infetti è entrato negli Stati Uniti dalla Cambogia per via aerea con altri 359 macachi e che gli fu diagnosticato B. pseudomallei in Texas già nel gennaio 2021, quando è sbarcato in territorio americano. L'animale fu abbattuto, tuttavia, affermano gli scienziati, gli animali malati possono anche non mostrare sintomi per mesi ed anni. Per questo gli esperti sono interessati nel capire il vero status di salute degli altri 359 primati che erano presenti in quel volo, in quanto gli animali asintomatici possono essere stati la causa della diffusione del batterio nell'ambiente.

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Tanto che il 27 luglio 2022 – lo stesso giorno in cui gli ambientalisti hanno ottenuto una prima risposta – il CDC ha emesso un avviso sulla presenza di B. pseudomallei nell'ambiente nel delta del Mississippi. «Questa è stata la prima volta in cui il batterio fu rilevato nel suolo e nell'acqua negli Stati Uniti, dopo che a due persone nello stato del Mississippi fu diagnosticata la melioidosi, una nel 2020 e l'altra nel 2022».

Nessuno dei due pazienti aveva viaggiato all'estero ed entrambi erano stati ricoverati in ospedale, afferma la Peta. I documenti dell'agenzia rendono però evidente che molte delle 100.000 scimmie importate durante la pandemia di COVID-19 negli Stati Uniti possono aver portato malattie pericolose in territorio americano.

Questo caso sta tra l'altro facendo di nuovo nascere dei dubbi sull'uso dei primati nei laboratori di ricerca americani. Un quesito etico, che (come si sa) sta mutando anche il rapporto degli scienziati europei con il mondo della ricerca. Sul caso un consulente veterinario di Action for Primates e Peta, il dottor Nedim Buyukmihci, ha dichiarato «È improbabile che i primati non umani in una situazione di vita libera possano diffondere facilmente malattie alle persone. Ma quando sono intrappolati, trasportati o confinati, diventano molto stressati e il loro corpo può far emergere organismi altrimenti sotto controllo, che causano lo scatenarsi delle malattie. Questi casi di melioidosi sottolineano il rischio potenzialmente significativo per la salute pubblica nel trasporto e nell'utilizzo di primati non umani nei laboratori».

Nedim Buyukmihci non è l'unico a sostenere questa ipotesi. La stessa Peta lotta da anni per contrastare il commercio illegale e legale dei primati, che viene visto come un'inutile e crudele forma di tortura che può diffondere patologie esotiche in territorio americano. In questo caso però – legati alla lotta contro la diffusione della nuova malattia e al ricordo della passata pandemia da Covid – sono molti gli scienziati che accusano gli USA di aver favorito il commercio globale di animali selvatici di specie in via di estinzione, per avere sempre nuovi animali a basso costo dagli allevamenti dei paesi in via di sviluppo, come quelli presenti in Cambogia.

Il problema principale che preoccupa gli scienziati è che l'aumento dell'importazione di esemplari dall'estero ha probabilmente moltiplicato il rischio di diffusione del batterio, che può viaggiare – come osservato dal caso del Maryland – persino nell'acqua e attraverso i negozi di animali esotici. Essendo tra l'altro gli Stati Uniti anche il più grande importatore di primati e pesci esotici al mondo, l'aumento dei casi preoccupa moltissimo i virologi, soprattutto ora che la Peta attraverso il Guardian ha fornito le prove che testimoniano quanto siano permissivi i controlli sanitari e carenti le forme di comunicazione delle realtà governative che hanno il compito di vigilare sui rischi pandemici reali.

Il modo migliore per arginare la diffusione della malattia sarebbe quella di interrompere temporaneamente l'acquisto degli animali esotici per fini domestici e di ricerca e limitare i danni, andando a compiere esami ulteriori su tutti gli esemplari arrivati dall'Oriente. Mentre però gli Stati Uniti non acquistano già da qualche mese animali dagli allevamenti della Cambogia, che ricordiamo essere gli allevamenti di provenienza dei macachi infetti, lo stesso non si può dire nei confronti delle altre nazioni della stessa regione del mondo, che continuano ad essere contattati dai laboratori americani come bacino naturale per nuove importazioni di primati. Per questo gli animalisti vogliono che il mercato globale di animali esotici venga interrotto, anche tramite il contributo della CDC e della CITES, che potrebbero far pesare le loro ragioni all'interno dell'amministrazione Biden.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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