Karni Mata, il tempio dei ratti: l’influencer Silvia Moroni racconta la sua esperienza

In India esiste un tempio dedicato alla venerazione di oltre 20.000 ratti. L'influencer Silvia Moroni ha visitato il luogo sacro e ha raccontato l'esperienza insolita ai suoi followers.

3 Gennaio 2024
13:25
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«In India c’è un tempio dedicato ai ratti. Ho fatto l’esperienza più folle della mia vita»- Ha esordito così l’influencer ed esperta in sostenibilità Silvia Moroni, nota sui social come “parlosostenibile”, dopo aver visitato il tempio di Karni Mata, a Deshnoke, in India, dedicato appunto alla venerazione di oltre 20.000 ratti.

L’influencer, che sui social crea contenuti per incoraggiare la gente a condurre una vita più sostenibile e che arrechi il minor danno in termini di inquinamento, ha condiviso con i suoi follower quella che ha definito «l’esperienza più folle della sua vita».

Il video, caricato sui social il primo gennaio, ha già riscosso migliaia di "mi piace" e scatenato diverse reazioni. Tra i follower c’è chi ha apprezzato il contenuto, incuriosito da una cultura diversa e da una venerazione “insolita”, e chi invece ha condannato l’esperienza, per il rischio di incorrere in malattie provocate dai ratti che potrebbero essere, a detta di alcuni, vettori di epidemie.

«Ebbene sì, in questo tempio sono venerati 25.000 topi. Sebbene la prima reazione sia stata: “dov’è l’uscita?”, molte persone percorrono grandi distanze per render loro omaggio. La leggenda narra che i topi siano la reincarnazione del figlio di una saggia guerriera indù», ha raccontato Moroni sui social.

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Nel tempio sacro l'incontro con un roditore viene considerato un segnale di buon auspicio rappresentando, secondo la tradizione locale, una potente benedizione. Se invece, inavvertitamente, uno dei ratti dovesse essere calpestato, secondo la credenza, disgrazie e sfortune potrebbero abbattersi sul trasgressore delle regole del culto.

Secondo la tradizione, i ratti chiamati “kabbas” all’interno del tempio, sarebbero i discendenti dei “Charan”, una comunità dell’Asia meridionale, menzionata nelle scritture e considerata sacra, al punto che spargere il sangue di un componente della casta era ritenuto un grave peccato che avrebbe dato origine a pericolose sciagure.

Il tempio, la cui costruzione risale ai primi anni del 900, attira ogni anno visitatori provenienti da ogni angolo del mondo, desiderosi di recarsi a Deshnoke per vedere con i propri occhi questo luogo unico.  Come raccontato da Moroni: «I devoti portano offerte ai topi come formaggio e dolci, mentre si dice che mangiare il cibo che è stato rosicchiato dai topi è un alto onore». Nelle varie stanze del tempio sono collocati appositamente piatti e vassoi all’interno dei quali i visitatori lasciano in dono formaggio, latte e dolciumi per ingolosire i ratti e attirarli a sé.

C’è chi entra in contatto con gli animali toccandoli e accarezzandoli e c’è chi invece si limita a guardarli da lontano, dall’obiettivo di una fotocamera, per catturare il momento di un’esperienza insolita e straordinaria, sicuramente diversa dalle consuetudini dei propri paesi.

Si stima che gli esemplari presenti all’interno del tempio abbiano superato quota 20.000 e che tra loro ne siano presenti alcuni particolarmente sacri, dal mantello bianco. Durante la visita, l'incontro con un ratto bianco infatti non solo aggiungerebbe un tocco di rara sorpresa, ma secondo il culto attirerebbe una benedizione ancora più potente rispetto a quella suscitata dall'incontro con un ratto nero.

Il culto è talmente sentito dalla popolazione che i ratti sono addirittura tutelati e preservati da recinzioni appositamente erette all’ingresso del tempio. Queste barriere sono state costruite con l'obiettivo di ridurre il rischio di contatto con predatori o individui intenzionati a far del male agli animali.

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«Purtroppo non siamo stati benedetti perché non abbiamo visto il ratto bianco, particolarmente sacro. Ma di certo è un’esperienza che ricorderemo», ha concluso Moroni.

Sebbene appartengano alla stessa famiglia e vengano spesso confusi, topi e ratti sono molto diversi e si differenziano principalmente a seconda delle dimensioni – più piccole per i topi e più grandi per i ratti – e per abitudini e modo di approcciarsi alle risorse.

Purtroppo, come ben insegnano i libri di storia, ratti e topi non sempre sono riusciti a convivere pacificamente con la nostra specie, proprio perché portatori di malattie come la salmonella, che può essere trasmessa attraverso cibi contaminati dalle feci di questi animali e la peste, provocata dal batterio Yersinia pestis, che ha come ospite le pulci parassiti dei roditori. I ratti sono poi possibili vettori della leptospirosi, una malattia più frequente tra gli agricoltori e il tifo murino, malattia causata dalla Rickettsia mooseri e che provoca febbre, cefalea, dolori ossei ed esantemi. Infine anche del colera, una malattia infettiva trasmessa dai topi che vivono nelle fogne e che diffonde il batterio Vibrio cholerae all'interno delle abitazioni. Il colera per il nostro paese è stata una delle patologie che ha colpito più frequentemente la popolazione: si manifesta con diarrea e una perdita incontrollata di liquidi, che può essere fatale. Anche in questo caso la trasmissione avviene tramite l'ingerimento di cibi infettati da feci di ratti e topi, ma cuocendo gli alimenti sopra i 100 gradi di solito il batterio muore.

La visita al "tempio dei topi" può dunque essere un'esperienza insolita ed affascinante per i turisti o gli adoratori del culto, ma è fondamentale accompagnarla con grande attenzione alle norme igieniche. Dopo ogni contatto con i roditori o con i materiali presenti all’interno del tempio, è consigliabile dedicare una particolare attenzione alla pulizia personale. L'utilizzo di dispositivi come mascherine, guanti o igienizzante diventa prioritario per salvaguardare la propria salute e prevenire possibili contaminazioni dovute al contatto o all'ingestione di sostanze provenienti dai topi. Si può dunque godere di una tradizione, senza incorrere in malanni, rispettando il culto altrui e prestando attenzione alla propria salute.

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Federica Gennaro
Volontaria
Dottoressa in giurisprudenza all'Università degli studi di Palermo e volontaria animalista siciliana, sono operativa sul territorio nella gestione del fenomeno del randagismo. La scrittura e l'amore per gli animali sono da sempre le mie più grandi passioni e grazie a Kodami ho la possibilità di esprimerle al meglio.
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