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23 Gennaio 2021
11:00

Il riflesso verticale (da raddrizzamento in realtà): il miracolo bioingenieristico dei gatti

Una delle abilità più sorprendenti dei gatti è il riflesso verticale, ovvero la loro capacità di ruotare il corpo mentre sono sospesi in aria e atterrare sulle quattro zampe come se nulla fosse. Questa dote, che ha probabilmente contribuito ad alimentare la leggenda delle “7 vite” dei gatti, è però il risultato di più fattori biologici che sfiorano le perfezione per precisione e coordinamento. Con qualche limite naturale.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Una delle abilità più sorprendenti dei gatti è nota come "riflesso verticale", ovvero la loro capacità di ruotare il corpo mentre sono sospesi in aria e atterrare sulle quattro zampe come se nulla fosse. In realtà il termine giusto per nominare questa incredibile abilità non è "riflesso verticale" ma "riflesso di raddrizzamento".  Questa dote, che ha probabilmente contribuito ad alimentare la leggenda delle “7 vite” dei gatti, è però il risultato di più fattori biologici che sfiorano le perfezione per precisione e coordinamento. Con qualche limite naturale.

Perché i gatti cadono sempre in piedi?

Si chiama riflesso di raddrizzamento o vertebrale ed è un dono che l'evoluzione ha forgiato nei gatti. Permette loro, anche qualora cadessero da altezze considerevoli e con la schiena rivolta verso il pavimento, di ruotare il corpo, disporsi a pancia in giù mentre sono in aria e atterrare sulle quattro zampe attutendo l'impatto. E' anche per queste prodezze atletiche che, soprattutto nel Medioevo, il gatto veniva vissuto come un animale inquietante, dai poteri diabolici: nessun altro animale sulla terra era in grado di fare altrettanto, quindi doveva esserci una qualche connessione con spiriti superiori. Non andò meglio nei secoli successivi, visto che il gatto sembrava contraddire la legge di conservazione del momento angolare di Newton, secondo la quale un corpo in caduta non può arrestare la propria rotazione a meno che non intervenga una forza esterna.

Come poteva allora farlo il gatto e finanche atterrare in piedi? Gli scienziati si lambiccarono al punto tale che il quesito sul riflesso vertebrale meritò un nome tutto suo: the falling cat problem, il “problema del gatto che cade”. Questa abilità rimase un mistero per la scienza fino al 1894 quando, con una pubblicazione su Nature, Étienne-Jules Marey, uno scienziato francese studioso del movimento, fu in grado di spiegarne la logica. Marey ebbe l'intuizione di combinare le proprie ricerche con la sua passione per la cronofotografia, tecnologia allora emergente, riuscendo così a separare visivamente e a spiegare le diverse fasi della caduta.

Come funziona il riflesso di raddrizzamento

Oggi sappiamo molto bene quali sono i meccanismi che si innescano durante la caduta e sappiamo spiegare come i gatti riescano a compiere questo piccolo miracolo che, per complessità, articolazione e livello di sofisticazione, sembra concepito da un progetto bioingegneristico. Durante il riflesso anticaduta avviene una fine orchestrazione di più fattori concomitanti in cui il sistema vestibolare, situato nell'orecchio interno, fa da regista.  La vista è in grado di trasmettere al cervello informazioni sull'altezza e, nello stesso tempo, l'apparato vestibolare registra l'orientamento della testa e del corpo nello spazio. Grazie a queste informazioni il cervello “percepisce” la caduta e la relativa velocità, predisponendo il corpo alla reazione.

Il riflesso anticaduta porta il gatto ad allineare la testa con il dorso, a inarcare la schiena e a tenere le zampe anteriori attaccate al torace, come farebbe una ballerina che per aumentare la velocità di una piroetta raccogliesse le braccia vicino al corpo. La parte anteriore della schiena può così ruotare velocemente attorno al suo asse. Quindi gli arti anteriori si allungano per frenare il movimento mentre inizia a ruotare la parte posteriore della schiena, cui seguono quasi meccanicamente le zampe posteriori, raccolte attorno al suo asse.

Il gatto si gira letteralmente su stesso in due tempi e lo fa grazie alla flessibilità della colonna vertebrale e alla mobilità delle scapole che, ancorate da muscoli e legamenti altamente flessibili, scivolano sopra la colonna vertebrale.  Una volta parallelo al suolo, il gatto allunga anche le zampe posteriori, il che ferma definitivamente la rotazione.

Nell'entrare in contatto con il suolo, il gatto compie l'ultimo piccolo miracolo ingegneristico: i poderosi quarti posteriori sono in grado di accompagnare l'impatto e assorbire l'urto e la flessibilità della colonna vertebrale la tutela dai relativi traumi. Inoltre, i cuscinetti plantari funzionano da piccoli materassi, consentendo anche al piede di assorbire la collisione ed evitare di trasmetterla al resto della struttura ossea. Il momento angolare è conservato perché è la risultante dei momenti angolari di due rotazioni indipendenti e antagoniste.

Il paradosso dei piccoli balzi

E' stato misurato sperimentalmente che il gatto impiega solo 60 centimetri di altezza per girarsi. Questo significa che cadere da altezze inferiori, come può accadere in casa scivolando da un tavolo o una sedia, può essere più rischioso in termini di contusioni e slogature di quanto non avvenga cadendo dal ramo di un albero, proprio perché il gatto ha meno spazio verticale per orientarsi in maniera corretta.

La velocità limite

D'altra parte, anche questa abilità presenta i suoi limiti. Sul web è possibile imbattersi in filmati di gatti che cadono anche da palazzi a diversi piani d'altezza, restando incolumi. Questo può avvenire solo fino a quando la velocità dell'impatto (che aumenta con l'altezza) può essere assorbita dalla struttura muscolo-scheletrica del gatto, il che a sua volta dipende anche dalle condizioni generali del micio, dalla sua età e dalla sua preparazione atletica.  Chiunque abbia vissuto con un gatto attempato sa perfettamente quanto la sua capacità di flettersi e allungarsi cambi con il passare del tempo e che la prestanza fisica di un senior non ha nulla a che vedere con quella di un micio di due anni né di cinque.

L'evoluzione ha dotato il gatto del riflesso anticaduta perché, pur essendo un predatore terricolo, fa un ampio uso degli spazi verticali, per vigilare sul territorio, per riposare o per difendersi. E' il risultato della sua assidua frequentazione delle altezze, unita ad una struttura muscolo-scheletrica flessibile ed elastica che, a sua volta,  gli consente di cacciare con precisione e velocità. Va da sé che non dovrebbe allora più stupirci l'attrazione dei gatti per ogni tipo di altezza, che sia rappresentata da alberi, da tetti, da armadi o librerie casalinghi: il gatto è un progetto biologico  inclusivo di esperienze a tre dimensioni.

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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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