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9 Ottobre 2023
12:56

Il predatore più temuto in Africa è l’uomo: persino i leoni e gli elefanti scappano al nostro arrivo

La nostra specie infonde più paura di qualsiasi altro predatore all'interno della savana, con conseguenze prevedibili per la saluta delle specie sottoposte alla convivenza con le nostre società.

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Qual è il predatore più temuto della Savana, la specie capace di allontanare anche le specie più grosse e pericolose? E' l'uomo. Per millenni avremmo potuto rispondere a questa domanda prendendo in considerazione uno dei grossi animali che abitano il continente: leoni, iene e in alcuni casi anche i ghepardi. Questi predatori sono infatti incredibilmente efficienti nel braccare gli erbivori e cacciare anche le prede più minacciose, grazie al contributo del gruppo. Oggi però la situazione è completamente cambiata, tanto che anche gli stessi carnivori riconoscono gli esseri umani come la specie più pericolosa di tutte, fuggendo al nostro arrivo anche solo sentendo i suoni prodotti dagli strumenti che utilizziamo.

Il report che ci consente di comprendere quanto gli animali della Savana temono l'uomo è stato pubblicato da un team internazionale di zoologi su Current Biology e si è concentrato prevalentemente sui mammiferi che vivono nel Greater Kruger National Park in Sud Africa. Per studiare il comportamento degli animali di fronte ai suoni emessi dalla nostra specie, gli scienziati hanno nascosto decine di piccole videocamere dotate di altoparlanti nell'aree maggiormente visitate dagli animali, così da poter vedere le reazioni delle varie specie di fronte ai rumori emessi dall'uomo e di metterle a confronto.

Il risultato complessivo di queste osservazioni è stato incredibilmente indicativo, spiegano i ricercatori: non esiste infatti in Sudafrica specie di mammifero che non sappia riconoscere velocemente i suoni prodotti dalla nostra specie e che non reagisca negativamente ad essi, fuggendo nella direzione opposta rispetto a quella da cui provengono. Veniamo inoltre identificati come la specie più minacciosa in assoluto, anche perché a differenza di altri predatori attacchiamo tutte le tipologie di organismi, spesso tramite un agguato. In queste situazioni quindi gli animali (grandi o piccoli, predatori o prede) reagiscono in maniera istintiva, cercando di limitare i danni provocati da un nostro eventuale confronto.

«Normalmente, se sei un grosso mammifero non morirai di malattia o di fame. La cosa che metterà effettivamente fine alla tua vita sarà un predatore e più grande sei più grande necessariamente deve essere il predatore che ti finirà –  afferma uno degli autori dello studio, Michael Clinchy, biologo della conservazione presso la Western University – I leoni sono i più grandi predatori terrestri cacciatori di gruppo del pianeta, e quindi ci saremmo aspettati che fossero i più spaventosi per gran parte della fauna africana, eppure non è così».

Mettendo infatti in "competizione" una serie di registrazioni, tra cui voci umane, vocalizzazioni di leoni, cani che abbaiano, il suono prodotto dalle ruote che grattano l'asfalto e spari, quelli che hanno diffuso più paura all'interno della riserva sono stati proprio quelli che emettevano il rumore prodotto dai nostri strumenti durante la caccia, confermando che gran parte dei grandi erbivori oggi è in grado di collegare la nostra specie alle tracce sonore prodotte dalle nostre vetture, dai nostri fucili eccetera.

Lo studio è stato condotto durante la stagione secca, precisano gli scienziati, quando gli animali erano costretti ad avvicinarsi alle pozze d'acqua durante l'intero arco della giornata, per abbeverarsi. Alla fine dell'esperimento, il team ha alla fine raccolto circa 15.000 video da esaminare e sono state ben 19 le specie di grossi mammiferi che hanno reagito negativamente "agli esseri umani" alcune centinaia di volte.

Tra l'altro i ricercatori hanno scoperto che gli animali avevano il doppio delle probabilità di fuggire e di abbandonare le pozze d’acqua in risposta all’emissioni di suoni di origine umana rispetto a quelli provenienti dai leoni. Ben il 95% delle specie infatti, tra cui giraffe, leopardi, iene, zebre, kudu, facoceri, impala, elefanti e rinoceronti, correvano più spesso o abbandonavano pozze d’acqua più velocemente in risposta agli esseri umani che in risposta ai classici predatori.

«C'è questa idea che gli animali si abitueranno agli umani se non vengono cacciati. Ma abbiamo dimostrato che non è così – ha spiegato Clinchy – La paura degli esseri umani è così radicata e pervasiva che dobbiamo iniziare a pensare seriamente a quali potrebbero essere le conseguenze legate ai vari progetti di conservazione». Anche perché è difficile attuare delle operazioni di soccorso, per esempio per iniettare dei farmaci a degli esemplari malati, quando si agitano e tentano di sfuggire al minimo rumore prodotto dalla nostra specie. Inoltre, considerando quanto siano onnipresenti oggi gli esseri umani in Africa, fuggire da noi sarà sempre più difficile per le specie.

La cosa interessante è che a differenza di quando vengono sottoposti a suoni emessi dagli esseri umani, elefanti, rinoceronti, giraffe e altri predatori se a contatto con i suoni prodotti dai leoni spesso reagiscono positivamente, ovvero invece di fuggire si preparano a difendersi e possono perfino spingersi a rompere gli altoparlanti, da cui provengono i ruggiti.

Ciò conferma ulteriormente che molti animali preferiscono affrontare i leoni rispetto agli esseri umani e che quest'ultimi vengono considerati più letali dei grandi felini.

Per quanto questa ricerca ci informa di quanto siamo particolarmente mal visti da gran parte della fauna africana, tuttavia essa dona agli scienziati anche un nuovo strumento utile per i progetti di conservazione della fauna selvatica. I ricercatori stanno infatti ora valutando se i loro sistemi audio personalizzati possano essere utilizzati per allontanare deliberatamente le specie in via di estinzione dalle aree in cui il bracconaggio è più presente in Sud Africa.

«Penso che la pervasività della paura nella comunità dei mammiferi della savana sia una vera testimonianza dell'impatto ambientale che gli esseri umani hanno o hanno avuto sulla savana – ha affermato la prima autrice dello studio Liana Y. Zanette, biologa conservazionista presso la Western University – Gli animali selvatici infatti sono a rischio di estinzione non solo a causa della perdita di habitat, per colpa del cambiamento climatico o per il bracconaggio, ma anche per il semplice fatto di averci là fuori in quel paesaggio. Basta niente che un qualsiasi suono emesso dalla nostra specie viene interpretato dalla fauna come un segnale di pericolo sufficiente a farli reagire in maniera eccessiva. Sono spaventati a morte dagli esseri umani, molto di più di qualsiasi altro predatore. E questo dovrebbe farci riflettere, se vogliamo continuare a convivere con queste maestose creature.»

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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