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30 Gennaio 2023
11:41

Gli uccelli tuffatori sono quelli maggiormente a rischio estinzione

Secondo una ricerca, tra tutti gli uccelli che ad oggi sono a rischio di estinzione, quelle più sensibili sono le specie che si immergono completamente nell'acqua per cacciare.

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Gli uccelli che si tuffano sott'acqua, come cormorani, pinguini, pellicani e svassi, potrebbero avere maggiori probabilità di estinguersi rispetto alle altre specie. Questo a seguito del loro comportamento che li spinge a trascorrere parecchio tempo in apnea e a cibarsi solo di pesci.

Ad affermarlo è uno studio condotto da Josh Tyler e Jane L. Younger, zoologi evoluzionisti che tramite una borsa di studio dell'Evolution Education Trust presso l'Università di Bath sono riusciti a identificare la minaccia. Il loro articolo è stato pubblicato il mese scorso sugli Atti della Royal Society B ed è consultabile gratuitamente.

Studiando infatti la storia evolutiva del ristretto gruppo di uccelli capaci di nuotare sott'acqua, gli scienziati si sono resi conto che seppur l'abilità d'immersione è stata acquisita indipendentemente solo 14 volte all'interno del gruppo degli uccelli, tale loro capacità è divenuta nel lungo tempo un problema per questi animali, che li sta spingendo verso l'estinzione.

I ricercatori hanno considerato la loro capacità come potenzialmente dannosa, poiché essendosi dimostrata irreversibile (almeno per le specie tutt'oggi viventi) ha "costretto" gli animali ad iper-specializzarsi in un'unica strategia di caccia e a pochi stili di vita che potrebbero indurli in una trappola evolutiva.

Questo fenomeno è noto alla scienza come "evoluzione asimmetrica" e ha spinto molti generi di animali all'estinzione. Secondo gli autori dello studio, l'incapacità di queste specie infatti nel cambiare stili di vita e strategie di predazione spiegherebbe le ragioni per cui gli uccelli acquatici ed in generale le specie che praticano la pesca hanno un tasso di estinzione elevato rispetto agli altri sottogruppi. Tasso che sembra essere anche cresciuto recentemente per colpa dell'uomo.

Tyler e Younger hanno studiato l'evoluzione delle specie che appartengono al gruppo degli Aequorlitornithes, che presenta 727 specie di uccelli acquatici. Il team ha così diviso gli uccelli in subacquei e non. I subacquei a loro volta sono stati classificati a seconda della tipologia di immersioni: inseguimento a propulsione tramite i piedi (come per gli svassi), inseguimento a propulsione ad ala (come per i pinguini) o semplici tuffatori capaci di brevi apnee. Ed in tutti i tre casi, il tasso di estinzione è risultato superiore negli ultimi secoli rispetto a quello di altre specie.

Infatti, al di là di una predisposizione che li porta ad evolversi molto lentamente, è noto che tante specie di uccelli marini soffrono l'interferenza con le reti da pesca e i pescherecci. E con l'aumento del numero delle flotte della pesca industriale il problema è soltanto peggiorato. Quando gli uccelli di fatto vengono attratti dalla presenza dei pescatori, la loro strategia di caccia prevede sempre e comunque di gettarsi in picchiata verso i grossi raggruppamenti di pesce, con la conseguenza che quando un banco di pesce si trova stretto nella morsa di una rete da pesca, gli uccelli possono rischiare di finire intrappolati e di perdere la vita.

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Sono migliaia gli esemplari di differenti specie che fanno questa brutta fine ogni anno, a causa della frenesia alimentare che si genera quando un folto gruppo di uccelli incontra un denso gruppo di pesci, pronto per essere raccolto dalle navi. Ma è anche la stessa storia evolutiva degli uccelli marini ad indicare come queste specie possono essere considerate particolarmente più sensibili all'estinzione.

Tra le 236 specie di uccelli tuffatori oggi esistenti, gli scienziati dello studio dichiarano che il 75% di essi appartiene ad un lignaggio che rispetto le altre specie ha subito in passato una minima ma pur sempre presente probabilità di estinzione in più, che è aumentata ogni milione di anni ed è esprimibile statisticamente. E visto che la storia evolutiva di questi animali è di circa 80 milioni di anni, il risultato di tutto questo tempo trascorso nel non sapersi rinnovare ha portato questi animali a subire un forte decremento del numero di specie.

Le estinzioni che sono risultate più comuni hanno colpito infatti le specie dotate di capacità subacquee con propulsione indotte dalle ali o dai piedi (ovvero quelle che passano più tempo sott'acqua). Va leggermente meglio invece per i semplici tuffatori, che recentemente sono riusciti a resistere di più all'impatto provocato dall'uomo.

«Se si diventa specializzati, si fa affidamento su una particolare dieta, su una strategia di foraggiamento o su un'unica tipologia ambiente la conseguenza è che, se l'ambiente muta o le prede scompaiono, sarà più difficile tornare indietro e adattarsi ai cambiamenti», afferma Josh Tyler, commentando la scoperta.

Quello che noi uomini possiamo fare per limitare i danni e garantire così la salvaguardia di queste specie, è passare a un tipo di pesca meno impattante, visto come le strategie di mercato e i sistemi di pesca industriali hanno recato danno ad un innumerevole quantità di specie marine, nel corso degli ultimi cinquant'anni.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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