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30 Aprile 2023
10:19

Gli elefanti in Nepal a rischio a causa della cattività e dell’aumento del turismo

In Nepal lo sfruttamento degli animali sta raggiungendo un nuovo livello di crudeltà, con i maschi sempre più spesso costretti ad irrompere nei recinti pur di trovare una compagna o rivedere le loro madri tenute in cattività.

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In Nepal la situazione degli elefanti indiani selvatici (Elephas maximus) sta peggiorando sempre di più, a causa delle tradizionali politiche ambientali che approvano tristemente l'allevamento intensivo di elefanti in cattività, impiegati dalla popolazione locale per il turismo e la forza lavoro. Un nuovo articolo pubblicato su una rivista locale infatti lancia un allarme, descrivendo le cattive condizioni in cui versano centinaia di esemplari di questa specie che sempre più spesso si trovano – loro malgrado – coinvolti in incidenti e aggressioni, causati dall'avidità dell'uomo.

In particolare, da diverso tempo la cronaca locale descrive una situazione in cui molti elefanti adolescenti vengono espulsi dagli allevamenti intensivi – aree private seminaturali che vengono principalmente gestite come dei siti di riproduzione  – perché ritenuti poco domesticabili. Condizione tragica che poi porta i maschi a scontrarsi pesantemente con i proprietari terrieri e gli allevatori, per via dei loro tentativi di congiungersi alle femmine assiepate in cattività.

Ferendosi e causando diversi danni a cose e a esseri umani, questi animali infatti hanno tentato diverse volte di raggiungere le madri o le sorelle, anche semplicemente per motivi sessuali che spingono qualsiasi giovane scapolo a trovarsi una compagna. «Una missione abbastanza difficile in un territorio dove le elefantesse selvatiche vengono braccate dalla popolazione per portarle all'interno dei recinti», chiariscono gli animalisti nepalesi.

Sono 97 le elefantesse tenute per esempio in cattività nei villaggi che circondano uno dei parchi naturali più grandi del Nepal, ovvero il Chitwan National Park, che dista soli 10 chilometri da Bharatpur, la capitale del distretto, e in cui ci sono quasi esclusivamente giovani maschi sbandati alla ricerca costante di cibo e attenzioni.

Un altro problema molto importante per gli elefanti della zona è rappresentato però dal turismo. Non solo perché un maggior numero di turisti equivale ad una maggiore quantità di persone desiderose di praticare un safari all'interno della giungla in groppa ad un elefante, ma anche perché nel corso degli ultimi anni il Nepal ha assistito a una rapida espansione degli insediamenti umani, anche per via di una maggiore richiesta di realtà ricettive.

Tale espansione delle comunità ha avuto solo l'effetto di aumentare il numero di strade e d'incentivare il disboscamento in alcune aree non protette da vincoli naturalistici. Ciò ha comportato che per gli elefanti selvatici c'è sempre minor spazio su cui muoversi, promuovendo una maggiore competizione e aggressività nei maschi per l'ottenimento delle risorse.

Alcuni attivisti del WWF nepalese sostengono che le elefantesse in cattività possono essere curate e gestite in santuari più grandi, in modo che tramite delle "valvole di sfogo" – in pratica dei cancelli semi rimovibili – ai maschi selvatici venga anche garantita la possibilità di far visita temporaneamente alle femmine e alle loro famiglie di origine. In E. maximus infatti i maschi per la maggior parte del tempo vivono lontano dal gruppo, dunque tale proposta – unita ad un'ampliamento dei controlli nei siti di allevamento – è stata vista da molti come un'adeguata soluzione al problema dei recinti e delle stalle impiegate dai detentori per tenere lontano i maschi dalle loro femmine.

Tuttavia, i funzionari del governo nepalese hanno dichiarato di non avere le risorse o la terra necessarie per creare nuove strutture e che spetta ai proprietari terrieri, ai privati in possesso ​​di elefanti e alle grandi agenzie turistiche (restii a spendere) adottare le misure appropriate per prevenire incidenti e accoppiamenti indesiderati. Fortunatamente gli attivisti nepalesi, dopo anni di campagne nazionali e internazionali, sono riusciti quantomeno a convincere buona parte dei turisti a rifiutarsi dal fare un giro nella foresta sugli elefanti. Una pratica barbara che ha dimostrato da diverso tempo di provocare profondi danni alla salute e alla mente degli animali.

«Ciò però non ha posto fine alla miseria dell'elefantesse ancora chiuse nei recinti  – ha dichiarato l'attivista Shristi Singh Shrestha, che da anni combatte tra l'altro contro le leggi che permettono chiunque in Nepal di possedere un elefante e costringerlo a riprodursi, per rivendere i piccoli – La maggioranza sono state confinate in piccoli spazi e non ricevono cure adeguate. Ora vengono considerate delle minacce alla sicurezza dopo gli incidenti dello scorso gennaio per via dei maschi selvatici che attirano. Non sarà forse però questo sistema economico basato sullo sfruttamento della fauna selvatica il problema?».

L'incidente citato è avvenuto il 29 gennaio scorso e sono morte 4 persone a causa di un elefante selvatico che ha tentato di difendere delle femmine in cattività che riteneva in pericolo, nella zona di Kumroj. Ovviamente tali fatti di cronaca peggiorano la percezione sul grave conflitto tra uomini ed elefanti, influenzando l'opinione pubblica in Nepal. Ma fino a quando i territori precedentemente occupati dagli elefanti saranno occupati da proprietari senza scrupoli, è difficile che i danneggiamenti e i tentativi di accedere alle femmine diminuiranno.

Maheshwar Dhakal, direttore generale del Dipartimento dei parchi nazionali e della conservazione della fauna selvatica, ha affermato che non c'è altra soluzione che far pagare ai proprietari terrieri e ai privati in possesso ​​di elefanti le misure appropriate per gestire al meglio il territorio e prendersi cura dell'intera fauna. «Gli animali sono di loro proprietà e c'è ben poco che il governo possa fare al riguardo. L'unico strumento che disponiamo sono le tasse». In pratica il governo ha intenzione di premiare i più diligenti, qualora dimostrino di avere a cuore gli animali e di rispettare gli esemplari selvatici.

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La maggior parte degli elefanti indiani utilizzati in Nepal nel turismo e come forza lavoro sono femmine costrette a fuggire alle avance dei maschi selvatici

Quali sono però le condizioni negli allevamenti? Anche in questo caso le notizie sono poco confortanti. Secondo un ultimo report pubblicato sul Journal of Applied Animal Welfare Science la vita all'interno dei recinti è deleteria per la salute degli animali. L'ultima pandemia avrebbe inoltre complicato la situazione, azzerando gli ingressi economici provenienti dall'estero che aiutavano in un certo modo a garantire la salvaguardia degli elefanti in cattività. Le femmine infine vengono spesso fatte riprodurre forzatamente dagli allevatori così che producano una costante quota di elefantini da rivendere ai privati, ai circhi e agli zoo di tutto il mondo.

Gli esemplari reclusi all'interno delle stalle inoltre presentano comportamenti aberranti, malattie legate alla malnutrizione, ferite insanabili legate alle catene e alle portatine che sono costretti a tenere sulle spalle e persino infezioni urinarie, dovute al contatto con l'acqua stagnante proveniente dalle fogne dei villaggi.

Gravose sono anche le conseguenze per gli esemplari selvatici. Molti maschi infatti vengono aggrediti al loro passaggio nei villaggi, poiché collegati ai danni ai beni privati e a vecchi incidenti. E non si fa distinzione neppure fra un maschio adulto e un cucciolo appena svezzato che è stato cacciato dalla famiglia, per via del suo sesso, con un elevato numero di piccoli che muore a causa della fame e delle aggressioni.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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