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Gli elefanti sono i più grandi animali terrestri e sono conosciuti per la loro incredibile intelligenza e memoria a lungo termine. Tuttavia, il duo di scienziati composto da Max Kurz, neuroscienziato e fisiologo del Boys Town National Research Hospital, e John Hutchinson, professore di biomeccanica evolutiva dell'Università di Londra, si è interessato a questi animali per un altro motivo: studiare le loro capacità di equilibrio. La loro ipotesi era che gli elefanti si affidassero principalmente alla vista per mantenere la loro stabilità e per verificare questa teoria hanno condotto uno studio i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Biology Letters.
L'equilibrio riveste un ruolo cruciale, specialmente quando si tratta di animali di dimensioni considerevoli. Studi precedenti hanno evidenziato che gli animali di grande stazza sono infatti più suscettibili a lesioni dovute a cadute rispetto a quelli di dimensioni più ridotte. Nel caso degli elefanti, una caduta potrebbe avere conseguenze anche letali a causa dei possibili danni agli organi interni o delle fratture ossee causate dall'impatto con il suolo. Pertanto, mantenere l'equilibrio è una competenza vitale per gli elefanti, e questo ha motivato i ricercatori a investigare sulle loro capacità.
Grazie a studi precedenti, è ormai noto che ogni animale per mantenere l'equilibrio utilizza diversi meccanismi: gli esseri umani, ad esempio, si affidano al feedback proveniente dagli arti e dal sistema vestibolare (complesso sensore di movimento, che informa il sistema nervoso centrale circa la postura del corpo) all’interno dell’orecchio interno. Per quanto riguarda gli elefanti, invece, i ricercatori sospettavano che la fosse la vista a svolgere un ruolo cruciale per il mantenimento del loro equilibrio.
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Hanno condotto, quindi, degli esperimenti con diversi individui di elefanti asiatici (Elephas maximus) tenuti in cattività e abituati al contatto umano, che sono stati delicatamente bendati ed equipaggiati con localizzatori GPS e accelerometri. Tali sensori hanno permesso di monitorare i movimenti degli animali e la loro andatura, compreso il tempo impiegato per compiere ogni ogni passo. Successivamente, gli operatori hanno fatto camminare gli elefanti in fila indiana e in coppia lungo un sentiero.
Nel contesto di questa attività, il secondo elefante della coppia teneva con proboscide la coda del primo. Quest'ultimo non era mai bendato, mentre il secondo aveva a volte una benda sugli occhi e a volte no. Infine, i ricercatori hanno analizzato i dati raccolti per confrontare eventuali differenze nelle camminate in cui il secondo elefante aveva la benda sugli occhi oppure no. Ed è emerso che il sincronismo dei passi non era uniforme in tutti i casi; infatti, quando il secondo elefante aveva gli occhi bendati, riscontrava maggiori difficoltà nel mantenere il passo.
Si può affermare con relativa certezza, quindi, che l'ipotesi dei due ricercatori era corretta: gli elefanti fanno affidamento soprattutto sulla vista per mantenere l'equilibrio e sincronizzare i passi. Grazie a questo studio adesso sappiamo qualcosa in più su questi splendidi animali che, nonostante le loro imponenti dimensioni, sono estremamente fragili. Questa nuova conoscenza ci invita ad un'ulteriore riflessione sulla bellezza e la complessità della natura, sulla fragilità delle forme di vita anche più grandi e potenti e sul nostro ruolo nell'assicurare la loro sopravvivenza.
