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29 Luglio 2023
18:00

È vero che i corvi possono ricordare i volti delle persone?

I corvi hanno la straordinaria capacità di riconoscere e memorizzare per molti anni i volti degli esseri umani e gli scienziati si sono domandati per anni per quale scopo l'evoluzione li abbia dotati di tale potere.

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I corvi sono fra gli uccelli più intelligenti presenti in natura e già dai primi studi di etologia effettuati da Konrad Lorenz la ricerca scientifica ha compreso che possiedono alcune delle capacità mnemoniche e cognitive più strabilianti in natura.

Circa un decennio fa, alcuni biologi dell’Università di Seattle dimostrarono che questi uccelli possono memorizzare il volto di un uomo, essendo in grado di riconoscerlo e di serbargli rancore per anni, qualora avessero subito un torto. Ciò aveva suscitato particolare scalpore, seppur fosse già all'epoca quasi certo che i corvi sono in grado di riconoscere e distinguere le differenze minime presenti fra due diversi volti umani.

Quello che ha davvero però sorpreso i ricercatori quando hanno cominciato a studiare approfonditamente l’intelligenza di questi animali non è stata tanto la loro capacità di memorizzare caratteristiche morfologiche che non appartengono direttamente alla loro specie – molti altri animali sembrano farlo, fra cui i nostri animali domestici – ma è la loro capacità di abbinare un contesto ai volti che riescono anche a comunicare agli altri esemplari.

Per esempio, Lorenz in uno dei suoi scritti descrisse che durante una campagna di monitoraggio catturò un paio di corvi reali all’interno di una foresta, antistante la sua campagna. La regione era nota per essere particolarmente abitata da questi uccelli e lo scienziato quindi, agli inizi della carriera, aveva pensato che fosse interessante iniziare a studiare questa specie, approfondendo il loro stato di salute, oltre che il loro comportamento.

Sfortunatamente per loro, Lorenz il primo giorno non riuscì a compiere il suo dovere in maniera efficiente, colpendo sbadatamente i corvi che teneva fra le mani, mentre cercava di porre gli anelli identificativi sulle loro zampe. Una roba di poco conto, frutto dell'inesperienza maturata nei confronti di questa specie, si disse Lorenz, che riportò l’accaduto solo con un accenno nei suoi quadernetti.

Dopo qualche tempo, in una visita successiva, vestito di tutto punto come soleva fare quando era intenzionato a lavorare direttamente sul campo, Lorenz si diresse tuttavia verso lo stesso bosco, convinto che avrebbe potuto lavorare meglio con i corvi, essendo più preparato per ciò che lo aspettava. Purtroppo per lui, in realtà non era così e gli esiti di quella giornata sono inseriti all'interno del saggio "L'anello di Re Salomone".

Deciso ad inanellare altri corvi per i suoi studi, posizionò le reti e le trappole nel luogo che aveva già occupato durante la precedente visita. Si aspettava la visita di almeno una trentina di esemplari, sopra la sua testa, ma passate alcune ore non riuscì ad individuare nessun esemplare, tranne quelli che aveva già inanellato, che lo tenevano sotto controllo, guardandolo in maniera minacciosa e gracchiando come degli ossessi.

Tornando a casa e appena fuoruscita dal bosco, si accorse che un folto gruppo di corvi aveva preso il volo dalle campagne, dirigendosi verso lo stesso punto in cui i due corvi lo avevano canzonato e "rimproverato" per l'intera giornata, rammentando l'incontro di pochi giorni prima.

Ricordiamo qui che Lorenz era un grande osservatore e un fino naturalista, in grado di trasformare la sua casa in un vero e proprio zoo e di vivere insieme a migliaia di animali, per l’amore nei confronti della ricerca zoologica. Fu perciò per lui abbastanza semplice notare che erano stati i primi due corvi a segnalare agli altri cosa fare, dopo averlo riconosciuto, mentre si avvicinava alla foresta, intimando a tutti di fuggire, se non volevano essere malmenati (accidentalmente) da quello stanno dottore.

Questo racconto inoltre non fu neppure l'unico caso in cui lo scienziato austriaco ebbe a che fare con i corvi, dando modo a questi animali di dimostrare le proprie capacità cognitive. Questi uccelli infatti riempirono la sua vita di aneddoti e storie, che l'etologo austriaco inserì prontamente nei suoi saggi per tutta la sua vita. Storie come quelli inerenti il vecchio corvo Roah.

«Roah si buttava in picchiata, raggiungendomi alle spalle, un po’ al di sopra della mia testa – scrisse Lorenz sempre nei suoi libri, descrivendo il comportamento di questi uccelli. – Poi incominciava ad agitare la coda e riprendeva il volo verso l’alto, voltandosi a guardarmi, nel tentativo di riconoscermi da lontano. Nell'accompagnare questo movimento, non emetteva il verso innato della sua specie, ma gridava, invece, con voce umana, la parola che usavo per chiamarlo: “roah, roah, roah”! Il fatto straordinario era che Roah usava regolarmente il verso di richiamo della sua specie, “krack-krack-krack”, solo nei rapporti con gli altri corvi, mentre alla sua compagna si rivolgeva con un più dolce “krack-krack-krack” quando voleva invitarla a volare con lui. Quando voleva invece rapportarsi con il suo amico umano (Lorenz stesso n.d.r.) usava le mie parole e  il nome che io gli avevano affibbiato».

La ricerca da molti anni quindi cerca di capire come questi uccelli riescono a compiere il riconoscimento dei volti umani e perché l’evoluzione li ha dotati di un’intelligenza così raffinata. A differenza di questi altri animali, dotati dalle stesse grandi capacità cognitive, come i cani o gli elefanti, i corvi sono gli unici ad appartenere alla classe degli uccelli, dimostrando quindi che possedere un elevato intelletto non è una caratteristica unica dei mammiferi.

Come fanno i corvi a riconoscere i volti delle persone?

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Tramite le indagini neurologiche effettuate dagli esperti, è ormai chiaro che corvi ed esseri umani sfruttano gli stessi percorsi visivi cerebrali per riconoscere i loro simili. Lo ha dimostrato  John M. Marzluff tramite l'articolo che abbiamo citato all'inizio e tramite un altro studio uscito nel 2012. Entrambi i risultati di queste ricerche hanno infatti spiegato come questi uccelli riescano involontariamente a memorizzare il volto umano, per quanto esso sia molto differente dalla "testa" di un corvo.

Usando la tomografia a emissione di positroni (PET), Marzluff ha infatti chiarito come alcune parti molto profonde del cervello dei corvi – ed in particolare l'amigdala, il talamo e il tronco encefalico – si attivano quando questi animali sono sottoposti ad un'immagine che presenta un volto umano, dimostrando che il cervello di questi uccelli è naturalmente progettato per riconoscere le espressioni della nostra specie.

Le aree coinvolte nel riconoscimento dei volti collaborano inoltre con aree cerebrali legate all'elaborazione delle emozioni, all'apprendimento e alla paura, che si trovano invece nella parte più evoluta del loro cervello. Le ragioni per cui accade questo sono ancora misteriose, ma molto probabilmente sono legate ad un adattamento che permette a questi uccelli di capire lo stato d'animo dei loro simili e delle altre specie. Un potere che i corvi sfruttano per capire come relazionarsi con gli altri animali e gli esseri umani a secondo delle situazioni.

I corvi infatti interagiscono con tantissime specie diverse ed essere in grado di sapere cosa pensano eventuali predatori può essere molto utile, anche per indicare loro eventuali bottini, da recuperare, istituendo così una sorte di alleanza strategica multispecie. Un fenomeno che è stato osservato anche nei confronti della nostra specie.

Sfruttando perciò una capacità che avevano acquisito naturalmente per relazionarsi con esemplari di altre specie, i corvi hanno ampliato il range delle creature con cui possono entrare in contatto, adattando il loro cervello a recepire i messaggi del volto umano, risultando bravi anche a sfruttare e a recepire diverse forme di linguaggio – come quelle mimico facciali – che in teoria non apparterebbero al mondo degli uccelli.

Perché i corvi ricordano i volti delle persone?

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Le ragioni che spingono questi uccelli a riconoscere i nostri volti sono molteplici. Per prima cosa, è utile per loro riuscire a comprendere quali possono essere le eventuali minacce come i potenziali alleati durante i loro vagabondaggi in natura. Inoltre, avendo convissuto con la nostra specie e con i nostri antenati per milioni di anni, questi uccelli – già di per sé molto intelligenti – hanno probabilmente ottenuto qualche vantaggio nel saper riconoscere le eventuali occasioni in cui sgraffignare il cibo o comprendere l'atteggiamento di altri predatori, leggendo il volto della nostra specie.

D'altronde possedere l'abilità di ricordare chi ti ha fatto loro del male o quali sono gli esemplari delle altre specie di cui puoi fidarti può essere stata un’arma molto importante, nella lotta per il potere all’interno dei loro gruppi sociali, visto come spesso i corvi si alleano con altri esemplari nel tentativo di individuare potenziali nuove risorse o scacciare gli intrusi.

I corvi americani utilizzati negli esperimenti di Marzluff alla fin dei conti ricordavano i volti dei loro aggressori per anni e formavano degli stormi per attaccare "i vecchi nemici" in gruppo, sfruttando il comportamento del moobing. Sapere quindi chi e come attaccare può essere stato un elemento molto importante nell'evoluzione di questi animali.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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