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27 Dicembre 2021
17:00

È morta Katjuscha: l’ultima orsa polare dello zoo di Berlino

È morta Katjuscha: era l'orso polare in cattività più vecchio d'Europa. Ora lo zoo di Berlino dovrà decidere se continuare a detenere orsi polari.

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polar bear

Katjuscha, l'ultimo orso polare dello zoo di Berlino è morta il 24 dicembre all'età di 37 anni: era l'orso polare in cattività più vecchio d'Europa. Katjuscha è stata trovata senza vita dai guardiani dello zoo all'interno della gabbia esterna.

Katjuscha è nata nel novembre del 1984 allo zoo di Karlsruhe, nel sud-ovest della Germania, ed è arrivata nella capitale tedesca quando aveva circa un anno. Soffriva di malattie cardiache ormai da diversi anni e per questo era in terapia da tempo.

«Ovviamente l'abbiamo osservata molto da vicino negli ultimi anni – spiega il direttore dello zoo Andreas Knieriem – Grazie alle cure veterinarie e ai farmaci, Katjuscha è riuscita a vivere una vita longeva per un orso polare». Solitamente gli orsi polari vivono in media 25-30 anni nel loro habitat naturale, con pochissimi individui che raggiungono i 20 anni.

Lo zoo tedesco ha dato la notizia della scomparsa di uno dei suoi animali simbolo con un messaggio diffuso oggi sui social: «Addio Katyusha! Dopo quasi quattro decenni allo zoo di Berlino, ora dobbiamo dire addio alla nostra Katjuscha».

In poche ore i social hanno accolto i messaggi di solidarietà e cordoglio per Katjuscha. Non solo per la sua morte, ma per tutta una vita trascorsa dietro le sbarre, per il divertimento degli esseri umani in gita.

Lo zoo di Berlino è uno dei più frequentati al mondo con i suoi 3.729.999 visitatori l'anno ed è considerato tra i più ricchi a livello faunistico, potendo contare su 1.200 specie. Oggi però lo zoo dice addio a una delle sue specie che lo hanno reso celebre in tempi recenti.

La popolarità degli orsi polari di Berlino era iniziata con Knut, l'orsetto nato in nato in cattività allo zoo di Berlino nel 2005 e morto per una malattia celebrare nel 2011. Knut era stato abbandonato dalla madre insieme a suoi fratelli per motivi ancora non chiariti ma che sono facilmente riconducibili allo stato di cattività della madre.

Come Knut e la sua famiglia, anche Katjuscha ha trascorso la sua intera vita in cattività. Alla prigionia si è poi aggiunta la solitudine del recinto essendo l'unico orso polare rimasto a Berlino a seguito della scomparsa del celebre orso.

La storia di Knut, "allevato dai guardiani dello zoo", è pericolosa per la risonanza che ha avuto presso l'opinione pubblica. Complici numerose foto in cui il piccolo di orso è ritratto abbracciato ai guardiani, la vicenda ha contribuito ad alimentare l'idea secondo cui l'uomo può avvicinarsi alla fauna selvatica. Nessun messaggio è più dannoso, come si evince dalla storia di un altro celebre orso – questa volta tutto italiano – l'esemplare marsicano Juan Carrito.

Katjuscha: una vita in cattività

Ora lo zoo dovrà decidere se continuare a detenere orsi polari e soprattutto se attingerà ai due orsi polari presenti nel Tierpark, un'altra struttura nella parte orientale della città di proprietà della stessa società.

Una decisione che lo zoo ha giustificato con la volontà di portare avanti progetti di osservazione di questi animali. «Noi come zoo di Berlino e Tierpark supportiamo gli scienziati nello studio dei cambiamenti nel comportamento durante l'allevamento e la caccia – spiega Knieriem – osservando i ritiri preferiti e le escursioni in habitat naturali».

Spesso gli zoo giustificano la detenzione degli animali selvatici con progetti di conservazione e di ricerca, cercando di trasformare il concetto di prigionia animale destinata all’esposizione in un'attività condotta nell'interesse della specie.

Lo zoo berlinese sta cercando oggi di fare per giustificare nuovi arrivi e nuove detenzioni destinati a creare altri orsi dalla vita innaturalmente lunga e infelice, perché totalmente irrispettosa dell'individuo e delle caratteristiche di specie come l'orso polare, nate per vivere in grandi spazi aperti e non per essere esposte per il piacere dell'essere umano.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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