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10 Febbraio 2023
17:42

Come sta Ezechiele, il lupo melanico che era stato scambiato per un cane abbandonato

Per anni i volontari di un canile hanno creduto che si trattasse di un cane. Ezechiele, però, è un lupo e oggi vive al Cras "Il Pettirosso" di Modena. Ha raggiunto i 7 anni di età anche se a causa della sua invalidità in natura non ce l'avrebbe mai fatta.

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Sono passati ormai due anni da quando Ezechiele è stato trasferito al centro di accoglienza per la fauna selvatica "Il Pettirosso" in Provincia di Modena, dove condivide un bosco di oltre 10 mila ettari con due femmine, anche loro vittime di patologie troppo invalidanti per poter essere reimmesso in natura.

«Nonostante le evidenti difficoltà fisiche dovute all'incidente avvenuto quando era cucciolo, è in ottime condizioni di salute. Ha già raggiunto un'età di circa 7 anni e dobbiamo esserne felici perché in natura non sarebbe mai sopravvissuto», spiega a Kodami Piero Milani, direttore del Cras.

La storia di Ezechiele, scambiato per un cane fino ai 4 anni di età

Ezechiele aveva 4 mesi quando venne investito in Provincia di Pistoia. Era molto piccolo e aveva il mantello scuro, quindi la famiglia che lo trovò sul ciglio della carreggiata lo aveva scambiato per un cane abbandonato e portato al canile della zona, dove nemmeno i volontari si allarmarono.

L'incidente gli aveva causato un importante deficit nella deambulazione e venne quindi operato alle zampe posteriori e messo in un box del canile dove trascorse la prima parte della sua vita. Gli operatori della struttura decisero poi di affidarlo a uno dei volontari, il quale lo trasferì in un recinto nei pressi di una strada e non passò molto tempo prima che i Carabinieri della Forestale ricevessero una segnalazione da parte di un passante incuriosito dai suoi strani comportamenti.

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Era il 2021 ed Ezechiele aveva ormai 4 anni quando le Forze dell'ordine intervennero per svolgere le prime analisi del DNA, grazie alle quali si scoprì finalmente la verità: non si trattava di un cane, bensì un raro esemplare di lupo melanico, ovvero un soggetto caratterizzato dal mantello particolarmente scuro.

Venne così trasferito al centro di accoglienza per la fauna selvatica della Provincia di Modena, dove si trova ancora oggi. «Nei mesi successivi al primo intervento avrebbe avuto bisogno di altre operazioni, perché si trovava nella fase della crescita e il suo corpo cambiava rapidamente. Ciò non è avvenuto, quindi Ezechiele ha sviluppato importanti conseguenze evidenti ancora oggi – spiega Milani – In natura sarebbe incapace di predare il selvatico e cercherebbe quindi di ottenere il cibo avvicinandosi agli abitati, alimentando il già vivo conflitto tra la sua specie e le attività umane».

All'interno del Cras "Il Pettirosso", Ezechiele condivide l'enorme recinto con altre due lupe, anche loro non reinseribili in natura perché vittime di patologie invalidanti. «Proprio in questi giorni ci stiamo preparando per l'arrivo di un quarto individuo, un maschio proveniente da Vicenza dove non c'è una struttura adeguata per la gestione di questi mammiferi – spiega il direttore del centro – L'arrivo di un altro soggetto non è un elemento di facile gestione e richiede aree adeguate. Servono recinti intermedi che permettano ai lupi di comunicare a distanza e anche telecamere che ci diano la possibilità di sorvegliare le interazioni senza essere visti. Solo così siamo in grado di determinare quando sarà il momento adatto per gli incontri veri e propri, senza mettere a rischio la naturale elusività nei confronti degli esseri umani».

La convivenza con i lupi in libertà. «Cattiva comunicazione e vecchie leggende animano una paura immotivata»

I lupi sono in aumento in tutta la Penisola e questo fenomeno preoccupa una parte della popolazione convinta che possano arrivare ad aggredire gli esseri umani: «Il conflitto, animato da antiche credenze e leggende metropolitane si amplifica per via di una cattiva comunicazione da parte di istituzioni e media, i quali troppe volte descrivono il lupo come un animale feroce nei nostri confronti, sebbene da secoli non si sentano casi di uccisioni di umani – spiega Milani – Ci sono molti più casi di aggressioni da parte di cani da guardiania lasciati incustoditi dai pastori».

Il lupo, infatti, è a tutti gli effetti un animale elusivo che, nel limite del possibile, cerca di mantenere le distanze dagli esseri umani, i quali ai loro occhi rappresentano un pericolo e una minaccia. «Purtroppo si specula sul loro comportamento per riuscire a perseguitarli e tutelare invece gli allevatori, i quali vogliono usare il territorio liberamente a proprio piacimento, continuando a considerare il lupo come un rivale da eliminare», afferma il direttore del Cras.

Secondo Milani la presenza del lupo va vista invece come una ricchezza per l'ecosistema, In particolare in Pianura Padana: «Soprattutto i soggetti giovani in dispersione, impossibilitati a cacciare animali più grandi, si stanno specializzando nella predazione delle nutrie, una specie alloctona, liberata sul territorio da noi esseri umani negli anni 70, che ha causato molti problemi nella gestione degli argini in questi decenni – spiega – Silenziosamente, quindi, stanno sistemando un disequilibrio determinato proprio da noi. Questo elemento positivo delle sue abitudini, però, non sembra destare tanto interesse quanto le notizie negative sul suo conto».

Vi è infine un ulteriore fenomeno su cui Milani vuole puntare l'attenzione: «I lupi vengono considerati spesso gli unici animali capaci di predare la selvaggina, eppure ogni anno recuperiamo centinaia di soggetti vittime di predazioni condotte dai cani lasciati liberi nel bosco – conclude il direttore del Cras – Questa abitudine rischia di alimentare ulteriormente l'odio nei confronti del lupo, a cui vengono addebitate tutte le colpe. Dobbiamo abituarci a pensare che entrando nel bosco abbandoniamo la nostra casa ed entriamo in quella di altre specie, le quali vanno rispettate e tutelate allo stesso modo dei nostri animali domestici».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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