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23 Luglio 2024
11:03

Come fanno i gatti a cadere (quasi) sempre in piedi

Che i gatti cadano sempre in piedi è ormai un mito popolare. Ma come fanno a farlo? Si tratta di un complesso sistema di meccanismi di "raddrizzamento" che gli permette di cambiare posizione nello spazio durante la caduta. Ciò tuttavia non esclude che in alcuni casi il micio possa farsi male.

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La leggenda che i gatti hanno sette vite è ampiamente alimentata dal fatto che riescono a sopravvivere a cadute da grandi altezze, atterrando in piedi. In realtà sono diversi i fattori che influenzano il modo in cui un gatto riesce ad atterrare sulle quattro zampe e la spiegazione sta in un perfetto connubio tra anatomia, neurologia e fisica.

Il riflesso di raddrizzamento (nome corretto del cosiddetto "riflesso verticale") gioca un ruolo importante che unito alla struttura scheletrica particolarmente flessibile del gatto e alla composizione interna del suo orecchio gli permette di ammortizzare in maniera sorprendente le cadute.

Ma andiamo a esplorare più nel dettaglio questa affascinante abilità.

Come cadono i gatti

Prima ancora di inoltrarci in spiegazioni scientifiche è bene capire che movimenti fa il gatto mentre precipita. Supponiamo che un micio cada dal balcone di casa, schiena rivolta verso il terreno e pancia in su. Una volta individuata la sua posizione nello spazio attraverso il sistema vestibolare che vedremo più avanti, il primo movimento consiste nell'allineare la testa con il dorso per poi inarcare la sua colonna vertebrale separando il corpo in due componenti in modo tale che treno anteriore e posteriore possano ruotare su due assi di rotazione diverse. Poi raccoglie verso di sé le zampe anteriori per ruotare più velocemente la parte anteriore del corpo, dando al posteriore un momento di inerzia inferiore, proprio come fanno i pattinatori sul ghiaccio che stringono le braccia per roteare più rapidamente.

A questo punto porta a sé le zampe di dietro e distende quelle davanti in modo tale da mettere in asse tutto il corpo e rallentare la rotazione. Una volta dritto rispetto al terreno, allunga anche le zampe posteriori e ferma definitivamente la rotazione.

Nel contatto con il suolo i cuscinetti plantari funzionano come piccoli materassi consentendo al piede di assorbire la collisione ed evitare di trasmetterla al resto della struttura ossea. I poderosi quarti posteriori sono in grado di accompagnare l'impatto e la flessibilità della colonna tutela dai relativi traumi.

I gatti hanno una struttura scheletrica particolarmente flessibile, non hanno clavicola e ciò dona mobilità alle scapole che, ancorate da muscoli e legamenti altamente flessibili, scivolano sopra la colonna vertebrale composta da vertebre sottili, il ché li rende più flessibili rispetto ad altri vertebrati a quattro zampe.

Perché il gatto cade sulle quattro zampe

Il piccolo miracolo del gatto che cade in piedi ha come retroscena un connubio perfetto tra anatomia, neurologia e fisica. Come ha spiegato su Kodami Sonia Campa, esperta in relazione gatto-uomo e membro del nostro comitato scientifico.

Il gatto durante la caduta riesce a conservare il suo momento angolare, nonostante i suoi movimenti sopra descritti, perché è la risultante dei momenti angolari di due rotazioni indipendenti e antagoniste e già solo questo di per sé lascia sbigottiti.

Ma ciò da cui tutto parte e che innesca a catena la serie di meccanismi rodati che permettono al gatto di atterrare incolume (o quasi) è il “riflesso di raddrizzamento”. Si tratta di una risposta comportamentale alla gravità che si basa sul sistema vestibolare, situato nell’orecchio interno, che controlla l’equilibrio. Qui si trovano dei particolari sensori che rilevano i cambiamenti nella sua accelerazione e posizione rispetto al terreno. Quindi mentre la vista è in grado di trasmettere al cervello informazioni sull'altezza, nello stesso tempo l'apparato vestibolare registra l'orientamento della testa e del corpo nello spazio.

Grazie a queste informazioni il cervello riesce a predisporre il corpo alla reazione e ad attivare così tutta la sequenza di movimenti descritta nel paragrafo precedente.

Il riflesso di raddrizzamento si è sviluppato nel gatto proprio per la sua assidua frequentazione con le altezze, infatti spesso si rifugia sopra gli alberi per riposare, per difendersi o per sorvegliare il territorio. Ma è interessante sapere che non è una risposta semplicemente radicata nei gatti dalla nascita. Secondo alcuni test, infatti, dei gattini appena nati non erano in grado di raddrizzarsi e si suppone quindi che gli otoliti (sensori nell’orecchio interno) si debbano prima sviluppare del tutto. Per di più non è un semplice riflesso come può essere quello del nostro ginocchio, ma il raddrizzamento negli animali è un riflesso complesso, il ché significa che è legato al cervello cosciente.

Vi esortiamo chiaramente a non fare “esperimenti casalinghi” per provare queste nozioni apprese. Ci sono dei limiti a questa abilità e il gatto potrebbe farsi davvero male. Al micio infatti servono almeno 60 cm di altezza per riuscire a girarsi e questo crea un paradosso secondo cui potrebbero essere potenzialmente più pericolose le scivolate in ambiente domestico da tavoli o sedie rispetto a una caduta da un piano alto di un palazzo.

Bisogna tenere sempre in considerazione l’età e le condizioni di salute del micio e questo articolo si basa su studi e approfondimenti che riguardano gatti giovani e adulti in buone condizioni fisiche ma non in età senile.

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Martina Campanile
Istruttrice cinofila
Sono istruttrice e riabilitatrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico, mi occupo di mediare nella relazione tra cane e umano: sin da piccola è un tema che mi ha affascinato e appassionato. Sono in continuo aggiornamento e penso che non si smetta mai di imparare, come mi insegna ogni giorno Zero, un meticcio sardo che è il mio compagno di vita.
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