episodio 7

Come fa l’armadillo ad appallottolarsi? I segreti di questo piccolo corazzato

Sembra essere stato catapultato ai giorni nostri dal Medioevo: in natura esistono 21 specie di armadillo e ognuna nasconde segreti diversi sotto la corazza.

14 Febbraio 2024
17:32
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L’armadillo è un mammifero che ha ereditato il suo nome dallo spagnolo: il significato è “piccolo corazzato” e gli è stato dato per via della durissima armatura attaccata alla sua schiena composta da piccole placche ossee e da scaglie di cheratina. In natura esistono ben 21 specie diverse di armadillo, che vivono tutte nelle Americhe, e ognuna di queste è diversa dall’altra per alcuni aspetti, come il tipo di corazza o l’area specifica che abita.

I “parenti” dell’armadillo

Gli armadilli sono imparentati con altre creature incredibili come i bradipi e i formichieri, e appartengono tutti al superordine Xenarthra. Però, nonostante la forte somiglianza, il piccolo corazzato non ha niente a che fare invece con i pangolini. Per moltissimi anni si è creduto fossero parenti e, invece, rappresentano solo un interessante caso di convergenza evolutiva: praticamente si sono evoluti in modo simile perché hanno abitato in ambienti simili, ma di fatto non sono imparentati.

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L’armadillo (non sempre) diventa una palla

Tutti gli armadilli sulla corazza hanno delle fasce che dividono lo scudo in due parti, quella anteriore e quella posteriore. Contrariamente a quanto si crede, non tutti gli armadilli sono in grado di trasformarsi in una palla. Quella di appallottolarsi è una reazione difensiva messa in atto esclusivamente da due specie: l’armadillo a tre fasce (Tolypeutes matacus) e il bolita (Tolypeutes tricinctus).

Ma perché solo loro ci riescono? Poiché le fasce sulla loro corazza sono soltanto tre e sono flessibili: questo, unito al fatto che le placche dello scudo siano anche mobili, gli consente di potersi trasformare in una palla. Tutte le altre specie, invece, non hanno proprio la conformazione fisica per appallottolarsi, in quanto la corazza è molto più dura, ingessata, e quindi limita il movimento. Tra queste ci sono l’armadillo a nove fasce (detto anche armadillo comune), l’armadillo gigante, che può arrivare anche a un metro, o l’armadillo rosa (chiamato anche clamidoforo troncato) che invece è molto piccolo.

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L’armadillo a nove fasce (o armadillo comune)

Tra tutte le 21 specie, l’armadillo a nove fasce o armadillo comune (Dasypus novemcinctus) è la più diffusa e oggi abita l’America centro-meridionale, ma sembra che stia continuando a migrare sempre più verso Nord, cioè in aree in cui mancano quasi del tutto i suoi predatori naturali e quindi riesce a riprodursi e vivere indisturbata. Un fatto curioso sui suoi spostamenti: questi armadilli sono stati soprannominati "animali autostoppisti" poiché si rifugiano nei telai o nei bagagliai delle macchine, e spesso vengono trasportati, ritrovandosi da tutt'altra parte.

Come si difende l’armadillo comune

Gli armadilli comuni che non si appallottolano, come fanno a difendersi? Tante volte l’armatura non è in grado di proteggerlo dai predatori più grandi di lui, come un puma o un coyote, quindi quello che può fare è correre via velocemente quando un predatore è in agguato e, una volta individuato il punto perfetto, cominciare a scavare e infilarsi in una tana. L’armadillo comune, infatti, è un professionista nello scavare tane: passa molto tempo a creare dei rifugi usando la testa per spostare la terra e i robusti artigli per scavare, trattenendo il respiro così da non intasare le vie respiratorie.

Inoltre, se si spaventa è anche capace di compiere gesti atletici inaspettati, reagendo alla minaccia saltando addirittura più di un metro. Questa abilità, però, non sempre gioca a suo favore: all’armadillo a nove fasce, infatti, piace molto passeggiare sui bordi delle strade, che sono per lui un ricco terreno di caccia. Tante volte, però, si spaventa per via dei rumori o dei fari delle auto che si trovano a passare da lì e allora, saltando, va a impattare sui parabrezza o finisce purtroppo investito. L’essere investito, infatti, è una delle principali cause di morte dell’armadillo comune.

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Come si riproduce l’armadillo comune

Le mamme-armadillo comune sono in grado di ritardare il parto e di mettere al mondo sempre quattro cuccioli completamente identici.

Solitamente gli armadilli a nove fasce si accoppiano d’estate, ma siccome è la primavera il periodo più favorevole perché fa più caldo e c’è più cibo, le mamme ritardano l’inizio della gestazione anche di tre o quattro mesi. Il loro periodo di gestazione dura 4 mesi, quindi: se si accoppiano a luglio, aspettano 4 mesi e poi fanno partire la gestazione così che i cuccioli nascano in piena primavera, a marzo. Questo accade poiché sono in grado di bloccare lo sviluppo dell’ovulo fecondato allo stadio di blastocisti (una fase iniziale dello sviluppo dell’embrione), continuando a fornire sostanze nutritive per tutto il tempo, finché con l’avvicinarsi della bella stagione il processo riprende ad andare avanti.

L’armadillo comune, poi, partorisce sempre quattro cuccioli che sono geneticamente identici tra loro (poliembrionia).

Cosa fare se si incontra un armadillo

In un mondo in cui molte specie stanno purtroppo scomparendo, l’armadillo comune fortunatamente rappresenta una delle poche storie di successo della natura. È un mammifero antichissimo e soprattutto una tra le specie che più si sono diffuse sul territorio. Quindi, viaggiando nelle Americhe, è molto facile incontrarne uno. Se dovesse accadere, è importante ricordare di agire sempre nel massimo rispetto della fauna selvatica e, se si tratta di un armadillo in grado di appallottolarsi, anche se quel comportamento può divertire, bisogna sempre evitare di provocarlo.

Quello per lui è un segnale di difesa messo in atto quando si spaventa, e quindi in quel momento sperimenterebbe stress e spreco di energie che altrimenti impiegherebbe in situazioni di reale pericolo. In quel momento, dunque, quello che si può fare è allontanarsi con calma, lasciando che l’armadillo continui a vivere serenamente all’interno del suo habitat.

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