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Coco, trattenuta nell'aeroporto internazionale di Ezeiza, provincia di Buenos Aires perché sprovvista del vaccino antirabbico, tornerà finalmente dalla sua famiglia. La cagnolina sarà rilasciata e potrà riunirsi al giocatore di pallamano argentino Franco Gavidia, suo pet mate. Non subito però.
Giovedì scorso il Senasa, il Servizio nazionale per la salute e la qualità agroalimentare, ha annunciato in un comunicato di aver deciso di vaccinare l'animale e di metterlo in quarantena per dieci giorni negli uffici doganali dell'aeroporto con le cure e il cibo necessari.
«Ringrazio tutti coloro che mi hanno aiutato. Per me, Coco è parte della famiglia, sarebbe stato inaccettabile separarmene in questo modo», ha detto Gavidia intervistato sulla vicenda dal Canale 13 della televisione argentina.
Ma per capire cos’è successo bisogna tornare all’inizio della settimana scorsa, quando il giocatore di pallamano argentino residente in Ungheria, aveva deciso di tornare nel suo Paese d’origine dove lo aspettavano la moglie, Camila Guerra, e la figlia, portando ovviamente con sé Coco.
Una cosa all'apparenza abbastanza semplice, aveva pensato Gavidia, una volta salito sull'aereo. Ma atterrato a Ezeiza, quel ricongiungimento familiare che sembrava cosa ormai fatta si è trasformato invece un'odissea.
Il Senasa, infatti, dopo aver controllato i documenti della cagna, aveva giudicato impossibile farlo rientrare nel Paese, a causa della mancanza dei requisiti sanitari necessari: la vaccinazione antirabbica, infatti, era scaduta da nove giorni.
Una doccia fredda per l’atleta che, nel momento in cui aveva sentito il personale sanitario e della compagnia aerea dichiarare che Coco sarebbe stata rimandata in Colombia, dove il giocatore e il cagnolino avevano fatto scalo, e che probabilmente sarebbe stata rinchiusa e poi soppressa, era andato totalmente nel panico.
Gavidia a sua difesa, aveva confermato che sì, era vero che erano trascorsi otto giorni dalla scadenza di quel vaccino, ma che non immaginava assolutamente ci sarebbero stati problemi, visto che aveva già superato i controlli sull'immigrazione sia in Ungheria che agli scali di Parigi e Bogotá.
Inoltre, era convinto che «il passaporto e il chip fossero equivalenti al certificato veterinario internazionale» richiesto localmente, visto che Coco aveva viaggiato numerose volte e senza problemi all'interno dell'Unione Europea.
Da quel momento, però, sarebbero dovute passare oltre 36 ore di incertezza e di angoscia, perché il Senasa riferisse che l'animale, di un anno e mezzo e di origine polacca, ha ricevuto l'autorizzazione per essere vaccinato ma che deve comunque rimanere in quarantena nelle strutture doganali all'interno dell'aeroporto internazionale di Ezeiza finché la sua situazione non è completamente definita.
Il caso ha avuto ampie ripercussioni sui media argentini e in Rete, mezzi che sono stati fondamentali per un passo indietro del Senasa nella decisione di espellere Coco. La storia, infatti, si è subito trasformata in una nuova campagna per cui lottare.
L’hashtag #LiberenACoco ha fatto il giro dei social network e la richiesta di rilasciare subito la cagnolina è diventata trend topic. Ma non solo, perché una utente ha lanciato anche una petizione pubblica attraverso la piattaforma Change.org che ha ottenuto più di 2.000 firme di supporto in 24 ore.
Come espatriare con un animale, i documenti necessari
Il Regolamento della Comunità Europea n. 576/2013 e n. 577/2013, prevede che coloro che intendono recarsi all’estero portando con sé animali di proprietà, cani, gatti e altre specie, devono munirsi di un passaporto specifico se si viaggia all’interno dell’Unione Europea o del certificato internazionale di espatrio, se si espatria verso un Paese Terzo.
Nel passaporto viene segnalato il certificato d’iscrizione dell’animale all’Anagrafe Animali d'Affezione, che attesta la sua identificazione mediante microchip o anche mediante il tatuaggio, purché ben leggibile e applicato all’animale prima del primo luglio 2011.
Ma anche l’attestazione di avvenuta vaccinazione antirabbica effettuata da almeno 21 giorni e da non più di 12 mesi. Per vaccinare contro la rabbia, è obbligatorio che gli animali abbiano più di 12 settimane.
Se di età inferiore alle 12 settimane, non possono essere portati all’estero. Alcuni Paesi, però, hanno concesso una deroga a questo obbligo. Sul sito della Commissione europea alla pagina Movement of Pets (Dogs, Cats and Ferrets) – Young Animals si trovano le disposizioni a riguardo di tutti i Paesi.