episodio 8

Chi è il Balaeniceps rex e perché questo uccello fa cacca sulle sue zampe

Il Balaeniceps rex è un grosso uccello africano chiamato anche "becco a scarpa". Tra le sue curiose abitudini c'è quella di defecarsi sulle zampe, per mantenersi fresco.

23 Febbraio 2024
17:26
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A guardarlo potrebbe metterci paura, ma dietro quell’aspetto minaccioso si nasconde una creatura molto affascinante. Il suo nome scientifico è Balaeniceps rex e si tratta di un uccello enorme appartenente alla famiglia dei Balaenicipitidae, di cui è l’unico membro.

Chi è il Balaeniceps rex

Il Balaeniceps rex era già conosciuto dagli antichi Egizi, ma è stato classificato solo nel 1850 dall’ornitologo John Gould che, vedendolo per la prima volta, lo definì come “il più straordinario uccello che avesse mai visto”. Fu proprio lui a dargli questo nome che deriva dal latino “balaena”, che significa appunto “balena”, e “caput”, “testa”, quindi “testa di balena”.

Però, oltre che con il suo nome scientifico, questo uccello è conosciuto anche come “becco a scarpa” per via del paragone che è stato fatto tra il suo becco e una scarpa, o meglio un vecchio zoccolo di legno: occupa il terzo posto del podio per il becco più lungo tra gli uccelli esistenti, dopo i cugini pellicani e le grandi cicogne, poiché arriva a misurare anche la lunghezza di 24-25 centimetri.

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Non solo, la sua altezza raggiunge anche i 1,5 metri – praticamente al pari di un bambino di 10 anni -, invece la sua apertura alare i 2,5 metri. Nonostante quest’ultima sia una delle più ampie tra gli uccelli, non si è mai visto volare il becco a scarpa più di 20 metri, in quanto è un animale molto sedentario.

Dove vive e cosa mangia il becco a scarpa

Il becco a scarpa vive nell’Africa tropicale centrale, esclusivamente nelle paludi d'acqua dolce che vanno dal Sudan allo Zambia, e adotta una specifica tecnica per cacciare le sue prede: è definita “sit and wait” che letteralmente significa “siediti e aspetta”. Questa tecnica consiste, infatti, nel restare immobile ad attendere che qualcosa accada per poi sferrare l’attacco letale. Nei territori paludosi l’acqua contiene poco ossigeno e i pesci polmonati che l’abitano spesso emergono in superficie per respirare: il becco a scarpa, quindi, resta fermo come una statua ad attendere che un pesce affiori per respirare ed è proprio in quel momento che sferra il suo attacco rapido e violento tuffandosi in acqua a capofitto e catturando la sua preda.

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Il suo becco enorme e uncinato rappresenta un’arma fatale sia contro i pesci, che sono il cibo preferito del Balaeniceps rex, sia contro le rane, le tartarughe e i piccoli coccodrilli.

Il rapporto con la prole: la madre nutre solo il primo nato

Le mamme-becco a scarpa depongono fino a tre uova che si schiudono in modo asincrono, dunque in momenti diversi l’una dall’altra. Il primo pulcino che nasce riceverà tutto il cibo per sé, non avendo un fratello con cui dividerlo. Quando però si schiuderanno anche le altre uova, la madre non farà lo sforzo di distribuire il cibo a tutti i figli, ma continuerà a concentrarsi solo sul primo nato. Non solo, il maggiore entrerà in competizione con i suoi fratelli ferendoli e a volte, addirittura, finendo per ucciderli. Questo comportamento aggressivo è tipico degli uccelli rapaci ed è definito “cainismo” per via proprio di Caino, il personaggio biblico famoso per aver ucciso suo fratello Abele per gelosia.

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La spiegazione alla base del comportamento della mamma-becco a scarpa va ricercata nell’istinto di sopravvivenza degli animali: concentrandosi su un unico figlio, la madre aumenta la possibilità che questo cresca sano, che raggiunga la maturità e che quindi possa trasmettere i propri geni. In termini di sopravvivenza, quindi, è meglio avere un figlio sano e forte piuttosto che tanti deboli che purtroppo difficilmente sopravvivranno. I fratelli minori sono considerati come “riserve” nel caso in cui il pulcino più grande muoia perché debole o malato. Altrimenti, saranno i più piccoli a morire per mancanza di cure da parte della madre e per le ferite inflitte dal fratello maggiore.

Se però il cibo è in abbondanza, l’aggressività tra i pulcini è più limitata e la possibilità che tutti sopravvivano sarà maggiore.

Uroidrosi: usa i suoi escrementi per regolare la temperatura corporea

Vivendo in zone dove le temperature sono torride, il becco a scarpa deve mettere in atto delle tecniche per mantenersi fresco. Uno dei metodi principali è utilizzare i suoi stessi escrementi, composti da feci e urina, per abbassare la temperatura corporea: questa pratica si chiama “uroidrosi” e prevede che l’uccello defechi sulle sue zampe così che i rifiuti organici, evaporando, raffreddano la pelle. Inoltre, i liquidi rilasciano una sostanza bianca polverosa che riflette i raggi del sole, così che i piedi non si scottino.

Un’altra tecnica vincente è quella del “gular fluttering” che consiste nel far vibrare i muscoli della gola così da far disperdere il calore corporeo. Quando però a quel gesto si accompagna anche un suono simile a quello di una mitragliatrice, vuol dire che il becco a scarpa sta emettendo il suo verso come saluto o come segnale durante la stagione della nidificazione.

Fino a quando potremo osservare il becco a scarpa sulla Terra?

Il numero di esemplari di becco a scarpa in natura sta diminuendo molto rapidamente. Le stime oggi contano al massimo 5300 esemplari maturi e quindi è decisamente una specie vulnerabile all’estinzione. I motivi alla base sono diversi: catture illegali, prelievo di uova per allevamenti privati, incendi, agricoltura, etc.

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Si tratta di un uccello che ancora oggi è poco conosciuto e poco studiato, soprattutto perché vive esclusivamente nelle paludi dell’Africa tropicale centrale – oltre che, purtroppo, in un bel po’ di zoo. Ma se vogliamo conoscere davvero questo animale non possiamo farlo in contesti diversi dal suo habitat: possiamo comprendere i suoi comportamenti solo quando è inserito nel suo ambiente naturale, quando è a contatto con i suoi simili, quando si rapporta con le altre specie. Quello che noi esseri umani dovremmo fare è preservare il loro l’habitat e non annientarlo, evitando così di “colonizzare” quei territori che appartengono alla natura e al regno animale. È solo attraverso la conservazione attiva dell’ambiente naturale del Balaeniceps rex che possiamo sperare di salvare questa straordinaria specie dalla scomparsa.

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