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8 Aprile 2024
11:40

Cavalli di Tarquinia uccisi, l’esperto: «Abbattimento non necessario, fallita la cattura in telenarcosi»

Il 28 marzo sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco i quattro cavalli di Tarquinia che che da qualche giorno vagavano nella provincia viterbese. Secondo l'esperto sentito da Kodami la morte dei cavalli è da imputarsi al fallimento della cattura in telenarcosi.

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Intervista a Dott. Raffaele Bisegna
Tecnico specializzato in telenarcosi veterinaria
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Il 28 marzo sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco i quattro cavalli di Tarquinia che che da qualche giorno vagavano nella provincia viterbese. Un'uccisione che secondo cittadini e attivisti impegnati nella tutela animale sarebbe stata non necessaria.

Secondo l'ordinanza firmata dal sindaco Alessandro Giulivi il 27 marzo, gli operatori sul posto avrebbero dovuto mettere in atto «le opportune operazioni atte a poter recuperare gli animali con relativo ricovero in strutture idonee, mediante l’utilizzo delle apposite tecniche di sedazione o, in estrema ratio, qualora si rendesse necessario autorizza l’abbattimento degli equini col solo fine di garantire la pubblica incolumità».

Nonostante l'abbattimento dovesse essere «l'estrema ratio», e l'ordinanza prevedesse l'intervento sul posto di un medico veterinario autorizzato a sedare gli animali, i quattro cavalli sono stati comunque uccisi. Qualcosa evidentemente è andato storto. Ne è convinto Raffaele Bisegna, tecnico specializzato in telenarcosi veterinaria che a Kodami spiega: «Il fallimento della cattura in telenarcosi è stata la causa scatenante della decisione di abbatterli. Eppure i cavalli sono tra gli animali più semplici ma narcotizzare. È surreale che nel 2024 vengano uccisi così».

La telenarcosi è la procedura attraverso cui si può narcotizzare un animale a distanza. «L'operatore imbraccia un fucile che invece di sparare proiettili spara dardi – spiega Bisegna – si tratta di siringhe con farmaci anestetizzanti. Il è dardo autoiniettante, significa che rilascerà il farmaco appena entra in contatto con la l'animale. Di solito si spara a una distanza media di 30-35 metri».

Un'operazione tutt'altro che semplice. «Il dardo deve arrivare in precise parti del corpo, altrimenti si rischia di uccidere l'animale. Dopo essere stato colpito, l'animale si addormenta per poi risvegliarsi qualche ora dopo, salvo. È una tecnica di salvataggio per animali che non sarebbero catturabili in altro modo».

Il recupero con telenarcosi più noto in tempi recenti è quello del leone di Ladispoli che dopo essersi allontanato dal circo si è avventurato per le vie della città. A lanciare il dardo che ha permesso di recuperare l'animale senza ucciderlo è stato proprio Bisegna.

«Si doveva fare di tutto per fare andare bene la cattura in telenarcosi. Si riesce con i leoni in ambito urbano, si poteva fare con i cavalli – sottolinea l'esperto – Il fallimento della cattura in telenarcosi è stata causa scatenante della decisione di abbattere».

Secondo l'esperto c'è un problema riguardo le abilitazioni per in Italia gli operatori di telenarcosi: «Per ottenere questa autorizzazione non è necessario dimostrare abilità balistiche, ma solo requisiti formali come ad esempio le autorizzazioni sanitarie. Eppure, sparare un dardo a animale in movimento o padroneggiare la capacità di mimetizzarsi sono caratteristiche fondamentali per garantire la buona riuscita dell'operazione».

Nel frattempo, le associazioni di tutela animale si sono fatte avanti per conoscere l'esatta dinamica dei fatti che ha portato alla morte degli animali: l'Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) ha annunciato un’immediata richiesta di accesso agli atti per conoscere i dettagli della vicenda e perché non si sia riusciti a catturarli, sedarli, e riportarli all'azienda dalla quale erano fuggiti.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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