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9 Maggio 2024
15:43

Caro Kodami, ti scrivo. Paolo domanda: «Un manifesto funerario per dire addio al cane. Perché lo si fa?»

Una rubrica per parlare delle vostre esperienze dirette o condividere con noi le emozioni e i pensieri che emergono attraverso la relazione con gli altri animali. La lettera che ci è arrivata è di Paolo che si interroga sul senso di ricordare un cane attraverso un manifesto funerario che ha visto nel suo quartiere. Un fenomeno sempre più presente in diverse città d'Italia.

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Caro Kodami,

stavo passeggiando nel mio quartiere a Napoli e ho visto un manifesto funerario che mi ha molto colpito. Era l'annuncio della morte di un cane, con tanto di nome, età e dedica. Devo dire che mi ha commosso, come del resto mi commuovono quelli che riguardano la dipartita di noi umani. Mi sono così interrogato sul rapporto che doveva esserci tra questo animale e le persone con cui ha passato la sua vita e quanto avesse inciso la sua presenza nel loro quotidiano. Io non ho mai avuto un cane né un altro animale domestico e mi ritengo quindi una persona non particolarmente sensibile a questo tipo di relazione ma trovo che ci sia qualcosa di estremamente intimo a cui molti di noi non hanno accesso se si arriva a voler condividere la scomparsa di un cane con la comunità locale come si fa con un parente. Vi chiedo, allora, cosa ne pensate e se è possibile spiegarlo a me e a tanti altri come me che non hanno idea di cosa significhi.

Risponde la direttrice Diana Letizia

Caro Paolo, prima di tutto ci tengo a sottolineare un aspetto in particolare della tua lettera: è molto bello che a sollevare questo argomento sia una persona che non ha una relazione diretta con un cane. Credo sia un fattore importante da far notare a chi ci scrive, perché racconta a tutti che l'empatia verso gli altri animali è un sentimento che in nuce si può trovare in ognuno di noi, indipendentemente dal trasporto reale che poi porta a prendere la decisione di adottarne uno. Detto ciò, sollevi un tema delicato e intimo che va a toccare le corde di relazioni interspecifiche talmente personali dal punto di vista dell'essere umano che quasi mi spaventa entrare in un territorio sconosciuto a tutti tranne che a chi ha provato il dolore del lutto. Perché di questo si tratta: quando si perde un compagno di vita come è il cane o il gatto di casa, il terreno sotto ai piedi frana come se fosse morto un parente umano. Come ho scritto in un articolo qui su Kodami, il lutto è un viaggio che ognuno fa a modo suo e non esistono libretti di istruzione. E la tua testimonianza è molto importante perché finalmente mi permette di dire che non è vera la solita frase che si scrive quasi a doversi giustificare perché si sta soffrendo per la perdita di un animale: "chi non lo ha provato non può sapere di cosa stiamo parlando". Tu infatti dimostri che, appunto con una evidente dose di empatia, si può capire benissimo quello che un altro essere umano sta provando in un tale frangente, tanto addirittura da sentire l'esigenza di apporre dei manifesti funerari nel quartiere dove abitava insieme al suo cane.

Ecco, per quanto riguarda la tua domanda nello specifico bisogna dire che questi servizi sono forniti da ditte che si sono specializzate proprio nella cura del "caro estinto" cane o gatto o anche altro animale domestico. Il manifesto, in particolare, spesso è un servizio che non viene pagato dal cliente ma offerto dalla azienda che se ne occupa e che ci guadagna in termini di pubblicità.

Tu ci chiedi se abbia un senso e per rispondere a questa domanda necessariamente però si finisce nel dare una opinione personale al riguardo. Io ritengo che ogni specie si esprime in base alla sua cultura e noi umani abbiamo anche culture diverse a seconda del luogo in cui siamo nati. Apporre delle locandine che ricordano la dipartita (finanche il trigesimo) di una persona cara è un costume sociale che affonda le radici in una tradizione religiosa che ci appartiene qui in Italia, e non solo, sicuramente. A te il saluto pubblico ti commuove, io ho sempre vissuto le scomparse della mia vita con riservata privacy. Ciò mi porta a dire che ognuno fa ciò che si sente ma in casi come questi io temo sempre che vi sia una sorta di umanizzazione del cane o, meglio, di una necessità solo nostra di voler far sapere agli altri quanto ci abbiamo tenuto. E' sbagliato? Non sta a me dirlo ma in fondo nemmeno lo penso perché cerco di vedere il lato positivo di questo tipo di comunicazione: la sensibilizzazione delle persone. Tu ne sei l'esempio: quel manifesto ha destato la tua attenzione e penso che tanti altri, appunto senza nemmeno aver vissuto con un animale al fianco, si possono essere fatti la domanda che ti sei posto tu. Ecco, allora vorrei dare risposta soprattutto alla riflessione che hai condiviso con noi che trovo molto profonda e toccante quando descrivi la relazione che c'è tra una persona e un cane come: "qualcosa di estremamente intimo a cui molti di noi non hanno accesso". Sì, lo è e auguro a te e a tanti altri di provarla più presto possibile, assicurandovi che anche quando il nostro miglior amico non ci sarà più, nulla potrà cancellare l'affetto e il rispetto che  ha reso quel rapporto semplicemente meraviglioso da vivere.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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