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20 Maggio 2024
18:01

Bimbo ucciso da un Pitbull nel Vercellese, l’esperto: «Non è sempre l’aggressività a determinare l’aggressione»

Il piccolo Michele, 5 mesi, è stato ucciso dal Pitbull di famiglia nella sua casa del Vercellese. L'episodio ha portato molti a chiedersi se questi cani siano pericolosi per i più piccoli. Ne abbiamo parlato con l'educatore cinofilo Mirko Zuccari che da oltre 10 anni si occupa di riabilitazione.

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Intervista a Mirko Zuccarri
Educatore cinofilo specializzato nella riabilitazione di cani aggressivi e mordaci
Immagine
I cani che vivevano con il piccolo Michele

Nella serata di venerdì 17 maggio il piccolo Michele Cassinelli, appena 5 mesi, è stato ferito a morte da Nerone, il Pitbull di famiglia. La tragedia si è consumata nel giardino dell'abitazione a Palazzolo Vercellese, in Piemonte, mentre il bimbo era solo con la nonna. I genitori Dennis e Barbara Saporito al ritorno hanno immediatamente allertato i soccorsi, ma nonostante l'arrivo degli operatori del 118 e dell'elisoccorso per Michele non c'è stato nulla da fare: il piccolo era già senza vita.

A determinare con certezza le cause della morte sarà l'autopsia sul corpo della piccola vittima. Nel frattempo, Nerone è stato posto sotto sequestro dalla Procura di Vercelli, titolare del fascicolo, in attesa di capire la dinamica di quanto accaduto a Palazzolo. Il cane, un Pitbull di circa 8 anni, viveva da tempo con la famiglia e secondo le prime ricostruzioni non aveva mai mostrato segni di aggressività, tanto da indurre i giovani genitori a lasciare il bambino solo con l'animale e la nonna.

La notizia della morte del bimbo nel Vercellese si aggiunge a quella di Francesco Pio, morto a 15 mesi a seguito all'aggressione dei due Pitbull di conoscenti e vicini di casa. Questi due episodi, ai quali si sommano altri di esito meno grave, hanno riacceso il dibattito sulla pericolosità dei Pitbull per i bambini. Allo scopo di fare chiarezza, Kodami ha parlato con Mirko Zuccari, educatore cinofilo della Fondazione Cave Canem che da oltre 10 anni si occupa di dare una seconda vita a cani morsicatori, sequestrati o coinvolti in fatti di cronaca.

«Quella del Pitbull è una razza particolare – spiega Zuccari – hanno un bisogno di fare attività abbastanza elevato e per questo va costruito un adeguato scarico emotivo. Spesso pensiamo che i cani che feriscono persone lo facciano per quella che noi chiamiamo "aggressività", ma dalla mia esperienza non è quasi mai così. Si tratta di cani che hanno ricevuto uno stimolo esterno troppo elevato rispetto alla loro capacità di gestione. Stimoli che quando arriva un bambino in casa cambiano in continuazione».

Secondo l'esperto quando un neonato fa il suo ingresso in casa i genitori e i parenti più vicini dovrebbero dedicarsi non solo al primo approccio tra cane e piccolo ma anche alle fasi successive: «Ci sono più fasi che si susseguono nel giro di pochissimi mesi e che vanno di pari passo con la crescita del bambino. Soprattutto in ingresso e a medio periodo dobbiamo prestare particolare attenzione alle variazioni del cane davanti al piccolo. A un mese, cinque, e poi a un anno, il bimbo offe numerose variazioni comunicative e il cane deve essere aiutato nella loro interpretazione. Ogni step di crescita deve essere seguito dalla famiglia fino a quando il piccolo non avrà l'età giusta per capire come interagire col cane».

Anche un episodio della quotidianità può mettere in agitazione un cane particolarmente reattivo: «Il pianto potrebbe provocare una reazione nel cane che magari dorme e prima lo sente e poi vede i genitori correre dal piccolo. Non è detto che il cane interpreti questo come un gesto di cura, potrebbe non capire cosa accade e avere una reazione spropositata. Pensiamo anche che la bocca per loro è un mezzo di comunicazione».

Questo caso però non riguarda l'aggressività di un soggetto, per questo, anche se appare paradossale, non è un controsenso definire come non aggressivo un cane che arriva ad uccidere. «Varia molto da individuo a individuo, ma in generale si tratta di cani che mal gestiscono la fase eccitativa. Bisogna quindi lavorare per fargli affrontare in maniera lucida tutte le diverse stimolazioni che comporta la vita con un bambino».

Per questo l'idea di istituire un corso di formazione apposito per i pet mate che vivono con cani di determinate razze sta trovando un consenso sempre più unanime anche da parte delle associazioni di tutela animale. Un progetto che bisogna però gestire in maniera efficace, fa notare l'educatore cinofilo: «I corsi di formazione sono importanti, ma dipende tutto da come vengono strutturati: non si può insegnare ogni variabile, l'ideale è fare un corso serio quando si prende un determinato tipo di cane, così da avere degli strumenti efficaci per affrontare anche ciò che non possiamo prevedere»..

Ogni cane, però, ha un percorso a sé: «Generalmente i cani che manifestano aggressività hanno anche una profonda sfiducia nei confronti dell'essere umano, il primo passo è quindi fare capire loro che la nostra specie non è pericolosa», sottolinea Zuccari.

Proprio per questo nessuno deve essere escluso dalla società, è questo il mantra della Fondazione che attraverso due progetti "Nessuno escluso" e "Io non combatto" si occupa di dare una seconda possibilità agli animali caduti nel circuito dei combattimenti o nelle maglie della Giustizia. «In questi anni i cani mi hanno insegnato che quando poi li riporti in equilibrio diventano i migliori compagni. Manifestano un'apertura e una tranquillità che altri cani, che non hanno un passato così difficile, non possiedono. La soddisfazione più grande è quando cambiano lo sguardo e acquistano serenità: all'inizio vedi solo la paura, poi uno sguardo speranzoso, e infine la consapevolezza che per loro sei aiuto e non un problema».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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