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8 Gennaio 2021
10:59

Animali vietati nelle case del Vaticano, l’Enpa al Papa: «Cambiate il regolamento»

Una lettera dell’Ente nazionale protezione animali al Pontefice per chiedere di cambiare il regolamento condominiale degli immobili nello Stato vaticano che risale al 1976 e che impedisce di tenere cani e gatti in casa.

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«Se il nome che ha scelto è in onore di San Francesco, non è possibile che non sia consentito tenere cani e gatti negli immobili del Vaticano». L’anacronistico regolamento dell'Apsa (Amministrazione dei beni della Santa Sede) del 1976, , che contiene ancora questa norma, è inaccettabile per l’Enpa che ha preso carta e penna e ha scritto direttamente al Papa per chiedergli di rimuoverlo.

La richiesta è nata perché tra le varie disposizioni che devono essere preventivamente approvate dall'Amministrazione a capo della quale è stato nominato nel giugno 2018 il vescovo Nunzio Galantino, si legge anche, al punto G, che "è vietato tenere cani o altri animali da cortile all’intento degli immobili vaticani”.

L’Ente Nazionale Protezione Animali, attraverso la sua Presidente nazionale, Carla Rocchi, si è appellata al Pontefice  per portare alla sua attenzione il problema «che porta alla separazione obbligata da affetti cari, soprattutto in questo triste momento di pandemia». «La Sua sensibilità, il nome che ha scelto per sé – Franciscus – al momento di salire alla Cattedra di Pietro a sottolineare la continuità con il poverello di Assisi  protettore degli animali nella attenzione a tutte le creature del Signore, ci rassicurano sul fatto che vorrà porre fine a questo anacronismo del passato che siamo certi non rifletta il Suo sentire e la profondità della Sua anima».

Il Vaticano non è certo l'unico proprietario che pone questo divieto sulla presenza degli animali, ma per l’Associazione, questa insensibilità nei confronti di cani e gatti, galline o capre, da parte del Papa che proprio di San Francesco, protettore degli animali, ha voluto prendere il nome, non è comprensibile.

Il Papa e gli animali

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Statua di San Francesco di Assisi in un giardino in Messico

Qualche anno fa, nacque una forte querelle tra animalisti e Papa Bergoglio, dopo una frase pronunciata dal Pontefice, in cui disse: «La pietà non va confusa neppure con la compassione che proviamo per gli animali che vivono con noi; accade, infatti, che a volte si provi questo sentimento verso gli animali, e si rimanga indifferenti davanti alle sofferenze dei fratelli. Quante volte vediamo gente tanto attaccata ai gatti, ai cani, e poi lasciano senza aiutare il vicino, la vicina che ha bisogno… Così non va».

E già allora, la presidente nazionale di Enpa insorse per replicare al Santo Padre che «la capacità di amare non fa distinzioni. Chi ama gli animali sa amare i suoi simili (…). Lo ha detto San Francesco già 800 anni fa. Il santo di cui Ella, Santità, ha scelto di portare il nome perché certo ne condivide l’insegnamento». Come dire: amare gli animali non è alternativo a voler bene al prossimo ma solo complementare.

Padre Enzo Fortunato, direttore della sala stampa del Sacro Convento di Assisi, difese il Pontefice a spada tratta rimarcando proprio il pensiero di san Francesco d'Assisi. «Le parole del Papa sono state strumentalizzate. Anche per san Francesco è centrale l’uomo e solo dopo ci sono gli animali e l’ambiente, il creato. Ma non è un invito a dimenticare gli animali o a metterli da parte, soli di mettere tutto in una priorità di valori».  E parlando ancora di San Francesco, «uno che gli animali li ha amati», il francescano ribadì che «il Papa non ha voluto mettere in contrapposizione animali e persone, ma ha focalizzato attentamente, e con il suo stile, i valori dell’esistenza umana».

Allora, però fu la consigliera Enpa di Padova, Anna Mattoschi,a scrivere al Papa: «Santità, se i vicini di casa sono in difficoltà non è certamente colpa delle persone che amano gli animali, ma di un sistema politico, dell'egoismo e della corruzione dei politici, che tante risorse tolgono alla collettività e – mi permetta – anche dei cardinali dai super attici, uomini di Dio ricchi di privilegi e materialismo».

La lettera si chiudeva con ciò che Madre Teresa di Calcutta ebbe a dire sul tema, uno scritto meraviglioso che riportiamo anche qui su Kodami:

Perché amare gli animali?

Perché ti danno tutto, senza chiedere niente.

Perché contro il potere dell’uomo con le armi sono indifesi.

Perché sono eterni bambini.

Perché non conoscono il denaro e si consolano solamente con un posto dove rifugiarsi dal freddo.

Perché si fanno capire senza proferire parola.

Perché il loro sguardo è puro come la loro anima.

Perché non conoscono invidia né il rancore.

Perché il perdono è ancora naturale in loro.

Perché sanno amare con lealtà e fedeltà.

Perché vivono senza avere una lussuosa dimora.

Perché non comprano l’amore, semplicemente lo aspettano

Perché sono nostri compagni, eterni amici che niente potrà separare.

Perché sono vivi.

Per questo e altre mille cose meritano il nostro amore.

Se impariamo ad amarli come meritano, saremo molto vicini a Dio.

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Simona Sirianni
Giornalista
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