;)
Nel 1982 un serpente fu investito dalle ruote di un camion in uno degli altopiani orientali dello Zimbabwe, uno dei paesi meridionali del continente africano. All'epoca nessuno sembrò interessarsi particolarmente della cosa, se non alcuni zoologi di passaggio che riuscirono a prelevare e a conservare il corpo del rettile all'interno di un barattolo di formalina, poi inviato al Natural History Museum of Zimbabwe di Bulawayo. Da allora sono passati più di 40 anni, eppure un nuovo team di zoologi, coordinati da Tom Major, dell'Università di Bangor nel Regno Unito, incuriositi dall'assenza di una targhetta identificativa in grado di contrassegnare la specie dell'animale, ha deciso di utilizzare delle moderne tecniche di estrazione del DNA – in grado di superare i danni provocati al genoma dalla formalina – così da capire a quale specie appartenesse l'esemplare.
Le ragioni che hanno ispirato tuttavia gli scienziati ad effettuare questa ricerca sono però anche altre. Gli scienziati infatti speravano che sequenziando il genoma dell'animale potessero essere in grado di risolvere un vecchio enigma zoologico che si trascina da oltre un secolo e che ha avuto origine proprio nello Zimbabwe.
Come infatti chiariscono i ricercatori all'interno del loro articolo pubblicato su Plos One, la morfologia di questo esemplare senza nome ricorda la descrizione di alcuni antichi serpenti che a partire dall'inizio del secolo scorso fino alla fine degli anni 20 furono stati avvistati nello Zimbabwe, per poi svanire fra le stoppie della savana e dai taccuini degli scienziati nel silenzio più completo. Questi misteriosi rettili presentavano diverse macchie rosse tra le squame, soprattutto ai lati della testa e del collo, creando uno strano effetto ottico quando il loro cappuccio veniva esteso per intimorire i nemici.
Ad interessarsi nuovamente a questi animali e a sospettare che potessero essere una nuova specie fu Donald G. Broadley, uno dei più eminenti erpetologi mai esistiti dell'Africa meridionale. A cavallo degli anni 60 e 70, Broadley cominciò a setacciare lo Zimbambwe nel tentativo di trovarne nuovamente una popolazione, finché sì convinse che la specie appartenesse a Hemachatus haemachatus (il serpente raffigurato nella foto che fa da copertina a questo articolo), un serpente che a partire dalla metà degli anni quaranta del secolo scorso cominciò a ridimensionare il suo areale, ritirandosi esclusivamente in Sudafrica e nel Lesotho.
Tuttavia, sottoposti ad un riesame attento, i campioni di Broadley successivamente non permisero di collegare il Hemachatus haemachatus con la misteriosa specie dello Zimbabwe, anche perché con il passare del tempo il colore dei campioni prelevati dall'erpetologo negli anni 70 era andato perso e non si potevano più osservare i puntini rossi che secondo le descrizioni originari rendevano il serpente di questo paese così particolare.
Il serpente ucciso nel 1982 invece, per quanto ormai consumato dal tempo, risultava ancora in perfette condizioni, ricordava le descrizioni scritte dagli esploratori oltre 100 anni fa, presentando le famose macchie rosse sul suo collare, e seppur privo di descrizione scientifica era ospitato dal museo di Storia naturale di Bulawayo, in attesa di subire da molto tempo un approfondito studio. Il team di Major quindi non ha atteso molto altro tempo nel tergiversare per decidersi di apprendere maggiori informazioni sulla sua specie, auspicando di ritrovare dopo circa 80 anni un animale che secondo molti era andato perduto.
Estraendo il DNA dai resti del serpente ucciso nell'82 gli scienziati hanno così scoperto non solo che il serpente appartiene ad una nuova specie, prima d'ora sconosciuta alla scienza, a cui hanno dato il nome di Hemachatus nyangensis, ma hanno scoperto anche che l'esemplare appartiene ad una popolazione che è rimasta isolata dal resto della sua specie da molto tempo, risultando così altamente distinta dalle altre popolazioni che vivono nei paesi meridionali dell'Africa.
«Sulla base della loro divergenza genetica dagli altri rinkhal (il gruppo di serpenti con cui sono più imparentati n.d.r.), stimiamo che i serpenti ritrovati nello Zimbabwe si siano differenziati dai loro parenti meridionali 7-14 milioni di anni fa – ha comunicato il team di Major, attraverso un comunicato stampa. – L'Hemachatus nyangensis ha zanne modificate per sputare veleno, sebbene il comportamento non sia stato ancora segnalato dalle poche interazioni registrate con gli esseri umani. Eppure i loro parenti (i cobra del genere Naja) sono noti per sputare veleno, tramite le stesse zanne specializzate che consentono al veleno di essere spinto in avanti attraverso strette fessure, spruzzandolo verso gli animali che li minacciano».
Secondo gli studi effettuati confrontando il veleno delle altre specie, gli scienziati hanno quindi anche presunto che il morso di questa nuova specie potesse provocare forte dolore ed essere in grado di danneggiare l'occhio e causare cecità se non trattato. Una domanda però sorge spontanea, leggendo i risultati di questo articolo: questa nuova specie identificata è ancora vivente o si è già estinta in natura?
Gli scienziati non sono ancora pronti a rispondere a questa domanda. Nella migliore delle ipotesi, affermano che questa specie vive attualmente ancora nello Zimbabwe, ma in una popolazione di ridottissime dimensioni. Questo indicherebbero che la specie sarebbe già a rischio d'estinzione e che ci sarebbe davvero poco da fare per salvarla, visto che nessuno sa dove sia possibile rintracciarla. «Nessun esemplare vivente tuttavia è stato visto dagli anni 80, molto probabilmente a causa dei drammatici cambiamenti nell'uso del territorio nelle Highlands orientali, suggerendo che la specie potrebbe essere estinta. In considerazione del suo riconoscimento come un lignaggio altamente distinto, è necessaria quindi un’azione urgente per determinare se qualche popolazione sopravvive e per salvaguardare il suo eventuale habitat rimanente».