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3 Febbraio 2023
11:30

Quattro rare capre pigmee servite alla cena di Capodanno dall’ex direttore dello zoo di Chilpancingo

Macellate, cucinate e offerte per la cena di Capodanno. È stata questa la tragica fine che José Rubén Nava, ex direttore dello zoo di Chilpancingo in Messico, ha fatto fare a quattro capre pigmee. L'uomo è stato rimosso dall’incarico, con l’accusa di corruzione, vendita illegale di specie protette e maltrattamento di animali.

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Le ha macellate, cucinate e offerte per la cena di Capodanno. È stata questa la tragica fine che José Rubén Nava ha fatto fare a quattro capre pigmee dello zoo di Chilpancingo, città nel Sud del Messico, di cui era responsabile.

Lo ha reso noto il direttore del Dipartimento statale per l'ambiente Fernando Ruiz Gutierrez, sottolineando ulteriormente la pericolosità del gesto di Noriega che con quel cibo ha messo «a rischio anche la salute delle persone» trattandosi di animali non adatti al consumo umano.

L'ex direttore era stato rimosso dall’incarico di direttore dello zoo il 12 gennaio, con l’accusa di corruzione, vendita illegale di specie protette e maltrattamento di animali. Il tutto era emerso in seguito alla conclusione di un’indagine su di lui per alcune morti e sparizioni sospette che aveva portato alla luce che proprio per ordine di Nava alcuni cervi e bovini Watusi erano stati venduti a privati, che una zebra era stata scambiata con alcuni strumenti necessari per sistemare la zona intorno allo zoo e che altri animali erano stati mangiati.

Durante il periodo in cui Nava Noriega era a capo di Zoochilpan, inoltre, c’erano state diverse nascite non registrate, tanto che al momento mancano all’appello almeno 14 specie tra cui un jaguarundi, un piccolo felino originario delle Americhe, un coyote, 10 rettili, un cucciolo di pappagallo ara arauna e un falco dalla coda rossa (o Poiana della Giamaica).

Il Messico è uno dei luoghi più ricchi di biodiversità, ma proprio per questo è anche un centro chiave per il traffico illegale di fauna selvatica.

Secondo un nuovo studio realizzato dal Center for Biological Diversity dell’Arizona, la situazione sarebbe ormai fuori controllo con un aumento preoccupante del coinvolgimento della criminalità organizzata per la quale il commercio illegale di fauna autoctona, endemica o esotica è diventato persino più redditizio del traffico di droga.

Scimmie, tucani, coccodrilli, bradipi e giaguari sono sempre più spesso al centro di trattative illegali che si svolgono in Rete e sui social network.

La PROFEPA, l’Ufficio federale per la protezione ambientale, ha stimato che ogni anno nel Paese, che ospita dal 10% al 12% delle specie viventi oggi note, vengono catturati illegalmente più di 78.000 pappagalli di cui il 77% ovvero 60.000 muore prima di raggiungere l’acquirente.

Il grande problema è che il fenomeno che sta diventando sistema. Nella Baja California i cartelli, come quello di Sinaloa, stanno “acquisendo” sempre più comunità di pescatori in modo da monopolizzare, per esempio, le catture di aragoste, vongole, gamberetti, capesante e anche di specie protette come i totoaba.

I trafficanti di droga del Paese, poi, sono grandi amanti di zoo privati che si costruiscono con leoni, tigri e altri animali selvatici acquistati illegalmente, come segno di potenze e ricchezza.

Animali che oltre a vivere intrappolati anziché in libertà come dovrebbero, proprio per questo motivo spesso cercano e riescono a scappare, provocando il panico e il caos totale, con la conseguenza poi di essere con molte probabilità uccisi.

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Simona Sirianni
Giornalista
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