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17 Ottobre 2023
10:23

Poiana massacrata in Albania: lasciata agonizzante appesa ad una rete e con le zampe spezzate

Un tremendo caso di maltrattamento in Albania: una poiana è stata lasciata agonizzante appena a una rete, con le zampe spezzate. Soccorso dalle associazioni, il rapace è morto all'ospedale veterinario di Tirana.

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Giornalista
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Lo sguardo incredulo, le zampe spezzate e sanguinanti, le ali legate alla grata di ferro arrugginito, innaturalmente piegate. Una crocifissione lenta e crudele, sullo sfondo di un’Albania che ancora non sa prendersi cura dei suoi animali selvatici, ha portato alla morte uno splendido esemplare di poiana, catturato e ucciso poche settimane fa a Buhal Permet, un sobborgo rurale non distante dal confine con la Grecia settentrionale.

Le immagini, che non pubblichiamo per rispetto a questo animale giù così oltraggiato, sono strazianti. Perché la poiana non è morta subito, ma è rimasta per molte lunghe ore in agonia: malgrado l’intervento delle associazioni intervenute immediatamente, il rapace non ce l’ha fatta ed è morto dopo una notte trascorsa nell’ospedale veterinario di Tirana, dove era stata trasferito per cercare di salvarla.

«Abbiamo capito subito che non aveva scampo – racconta Sajmir di Albania Wildlife Rescue Team, tra i soccorritori – le zampe erano ridotte a due monconi sanguinanti, letteralmente spezzate in due. Completamente bloccata senza potersi muovere, con le ali, spezzate e spalancate, legate alla grata di ferro. Un’immagine terribile, difficile da dimenticare». Grazie alle segnalazioni è stato allertato anche il ministro dell’Interno albanese che ha voluto l’intervento della polizia. Ma per la poiana, trasferita urgentemente all’ospedale veterinario l’unica opzione possibile è sembrata da subito l’eutanasia. «Le condizioni erano troppo gravi, come la sofferenza. Ma abbiamo dovuto aspettare l’ok del Ministero dell’Ambiente che doveva dare il suo benestare, trattandosi di un animale selvatico. L’attesa però è durata troppo e nel frattempo la poiana è morta, dopo una lunga agonia che non abbiamo potuto neanche abbreviarle».

Il colpevole è stato arrestato un paio di giorni dopo. Nel suo rifugio in mezzo alla campagna teneva anche i corpi di due daini appena uccisi. Un trentacinquenne che non ha spiegato i motivi di tanta crudeltà, sempre che una spiegazione ci possa essere. «A parte problemi mentali, l’unica cosa che mi viene in mente è la possibilità che la poiana avesse cacciato qualcuno dei suoi animali domestici – azzarda Sajmir, senza molta convinzione. – In realtà una cosa così violenta e così crudele non l’avevamo mai vista neanche da queste parti». Lo scalpore della notizia è stato enorme, infatti. Non solo i cittadini, ma le stesse istituzioni hanno sottolineato la gravità dell’accaduto.

«In Albania la caccia è ormai illegale da anni – aggiunge Sajmir – ma questo non vuol dire che non si cacci più». Anzi nel 2021, la Commissione Europea, nel rapporto sullo stato di avanzamento per l’Albania, aveva sottolineato come «le denunce di criminalità ambientale sono aumentate durante il 2020 e la prima metà del 2021, in particolare per la caccia alla fauna selvatica e alle specie protette. Non c’è stato nessun processo fino ad oggi sulla caccia illegale di una lince a Elbasan nel maggio 2020». Secondo i dati dell’Istituto di statistica, poi, negli ultimi 7 anni sono state importate nel Paese 3.126 armi da caccia e 252.859 cartucce che, secondo organizzazioni che si occupano della protezione di uccelli e animali selvatici, sono state utilizzate per la caccia illegale che sembra aver raggiunto il picco durante il periodo della pandemia, nel secondo trimestre del 2020. Secondo i dati ISTAT, nel Paese sono state importate 150.079 cartucce, che costituiscono quasi il 60 per cento del totale importato nel periodo 2014-2020. E i cacciatori italiani, tra i tanti che arrivano nei Balcani per battute di caccia organizzate da organizzazioni locali, sono considerati tra i peggiori nell’abbattimento di animali selvatici, anche protetti dalle convenzioni internazionali.

«Ma quello che ci ha veramente colpito negli ultimi anni – aggiunge Sajmir- è stato l’aumento di animali selvatici detenuti illegalmente nelle case come animali da compagnia: tigri e leoni, soprattutto». Avere un felino a guardia della casa, infatti, sembra essere uno status symbol a cui alcuni cittadini non vogliono rinunciare, emblema di potere di ricchezza. Secondo l'attivista sarebbero ameno una cinquantina gli animali detenuti illegalmente in Albania come animali da compagnia o da guardia in case private. «Ma soltanto cinque anni fa erano soltanto una decina: sono aumentati moltissimo».

Una "passione" che coinvolge soprattutto classi di popolazione piuttosto ricche. «Ovviamente parliamo di gente molto benestante: comprare un leone può costare tra gli 8 e i 10 mila euro; per una tigre, soprattutto se bianca, si arriva anche a 12 mila». Un mercato fiorente che dalla Serbia, scavalca i confini del Kossovo portando in Albania cuccioli nascosti nel bagagliaio delle auto. «Esistono varie vie di traffico tra Serbia, Kossovo e l'area di Mitrovica che come sappiamo è una sorta di terra di nessuno. Passare i confini non è complicato – aggiunge Sajmir. – Certo ci sono guardie alla frontiera ma si possono corrompere con poco. Anche perché in Albania non abbiamo santuari dove portare in salvo eventuali animali confiscati dal traffico illegale. Quindi conviene a tutti intascare 50 o 100 euro e far passare la macchina con il suo carico nascosto. Un problema in meno per tutti».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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