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22 Marzo 2023
14:06

Pesce istrice trovato nel Lazio. L’esperta: «Questa specie non si è praticamente mai vista»

Un pesce istrice è stato ritrovato sulle coste del Lazio. Una specie aliena il cui ultimo avvistamento risale a 15 anni fa. Sarà pericolosa per l'uomo e l'ambiente? Lo abbiamo chiesto a Manuela Falautano, ricercatrice responsabile della Sezione monitoraggio pressioni antropiche sulle risorse acquatiche marine di ISPRA.

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«Questa specie non si è praticamente mai vista e l'unico altro ritrovamento risale al 2008, sulla spiaggia di Sant'Antioco, in Sardegna». Con queste parole Manuela Falautano, ricercatrice responsabile della Sezione monitoraggio pressioni antropiche sulle risorse acquatiche marine di ISPRA, commenta a Kodami la scoperta di alcuni giorni fa di un pesce istrice (Chilomycterus reticulatus) sulla spiaggia di Santa Marinella, in provincia di Roma.

«Parliamo quindi del secondo avvistamento nel Mediterraneo di questa specie aliena – continua l'esperta – E a sorprendere è il fatto che è avvenuto a ben 15 anni di distanza». L’esemplare è stato ritrovato da un pescatore che lo ha segnalato immediatamente agli studiosi grazie alla campagna “Attenti a quei 4!” lanciata dall'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e l'Istituto per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRBIM) per informare i cittadini sulla presenza di quattro pesci alieni potenzialmente pericolosi per l'ambiente e la salute umana.

Torniamo a parlare quindi di una specie aliena nelle nostre acque, ma quanto dobbiamo preoccuparci? Prima di entrare nei dettagli capiamo bene in cosa consiste la campagna di ISPRA e CNR e diamo un'occhiata a uno degli strumenti più utili che i ricercatori di tutto il mondo ormai utilizzano da anni per rendere la raccolta dati ancora più efficiente: la citizen science.

Cos'è la campagna “Attenti a quei 4!”

«Attenti a quei 4! è una campagna di sensibilizzazione lanciata nell'agosto del 2022 – spiega ancora la ricercatrice – Chiediamo ai cittadini di segnalarci la presenza di animali non autoctoni nelle nostre acque, soprattutto quelli appartenenti a quattro specie: pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus), pesce scorpione (Pterois miles), pesce coniglio scuro (Siganus luridus) e pesce coniglio striato (Siganus rivulatus)».

Queste particolari specie vengono chiamate lessepsiane, termine con cui si indicano gli animali arrivati dal Mar Rosso che si sono stabiliti poi nelle acque del Mar Mediterraneo attraverso il Canale di Suez. Il nome deriva da Ferdinand de Lesseps, promotore ed esecutore del canale che unisce oggi i due mari, contribuendo all'aumento dei commerci via mare fra le nazioni ma anche al numero di specie aliene che minacciano la biodiversità delle nostre acque.

Il Mar Mediterraneo, infatti, viene definito un "hotspot di biodiversità", ovvero un "punto caldo" con più di 17,000 specie segnalate finora, delle quali circa un quinto è considerato endemico del bacino. Questo mare è una medaglia a due facce: da un lato un tasso tanto elevato di endemismi lo rendono una delle aree a maggiore biodiversità del Pianeta, dall'altro è l'ecoregione marina tra quelle più impattate a livello globale, soprattutto a causa del cambiamento climatico globale e delle invasioni di specie aliene.

«Attraverso la campagna, però ci sono arrivate molte segnalazioni di altri pesci mai visti nelle nostre acque, pubblicate sul gruppo Facebook "Oddfish" con l'ashtag: #Attenti4 – aggiunge Manuela Falautano – Fra queste rientra anche quella del pesce istrice ritrovato recentemente. La campagna procede bene e ad oggi ci sono arrivate centinaia di segnalazioni, anche di italiani all'estero che hanno incontrato i pesci durante le loro vacanze».

Il pesce istrice è pericoloso?

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Segnalare è fondamentale poiché le specie aliene sono organismi che si espandono al di fuori del proprio areale di distribuzione primario e iniziano a competere con le specie autoctone mettendo a rischio la loro sopravvivenza. Ecco come la notizia di un nuovo potenziale pericolo ha subito scatenato un certo clamore.

«Il pesce era di grandi dimensioni, circa 60 centimetri, potrebbe essere arrivato attraverso lo Stretto di Gibilterra e infatti lì recentemente c'è stata una espansione della popolazione di questo animale – spiega ancora l'esperta – Un'altra spiegazione è che potrebbe essere frutto di un rilascio d'acquario. Purtroppo, a volte può accadere che una persona non voglia o non riesca più a mantenere un organismo in acquario e per questo lo libera in mare, un comportamento estremamente dannoso e irresponsabile».

L'animale possiede anche una tossina, anche se non è estremamente pericolosa. In ogni caso il fatto che sia un ritrovamento puntiforme ha fatto pensare ai ricercatori proprio che si tratti di un rilascio, anche se le sue dimensioni sono troppo grandi per un acquario, proprio come racconta la responsabile dell'ISPRA: «Forse è stato liberato tempo fa ed è cresciuto nelle nostre acque, ma non possiamo saperlo con certezza».

Il ritrovamento dunque è stato solo un caso isolato e, proprio come specifica la ricercatrice, non è possibile essere certi che in futuro se ne avvistino altri. «È una specie con esigenze di temperatura particolari – spiega a tal proposito Manuela Falautano – Forse il Mediterraneo ancora non ha una temperatura adatta per lui. In ogni caso, anche se non c'è bisogno di preoccuparsi, è indubbio che i nostri mari stiano cambiando per colpa dell'acquacoltura, del cambiamento climatico e del traffico marittimo che passa soprattutto attraverso il Canale di Suez».

I meravigliosi ambienti marini che bagnano le nostre coste stanno modificando le loro caratteristiche sempre più velocemente, ecco perché è necessario che ci sia un monitoraggio costante di ecosistemi tanto stupefacenti quanto fragili. «Il monitoraggio si continua a fare anche grazie alla citizen science, ovvero quel complesso di attività collegate ad una ricerca scientifica a cui partecipano anche i semplici cittadini – aggiunge ancora l'esperta – A riguardo c'è la Direttiva Quadro sull'ambiente marino che specifica proprio come sia fondamentale continuare a indagare sulle specie aliene per mantenere in salute i nostri mari e avere la possibilità di utilizzare "mille occhi" è sicuramente di grande aiuto. Le specie aliene sono una problematica su cui non si può più chiudere un occhio».

Dunque, si può contribuire in prima persona al benessere dei nostri ecosistemi marini, anche semplicemente fotografando un pesce particolare e segnalandolo agli esperti. Una piccola azione che, però, significa molto. «Mantenere in buono stato i nostri mari significa assicurarci una ripresa più rapida degli ecosistemi e una risposta più efficace contro le minacce esterne – conclude Manuela Falautano – Proprio come un corpo in buona salute possiede un sistema immunitario in grado di difenderlo dai patogeni, così un mare in ottimo stato potrà difendersi altrettanto efficacemente dalle specie aliene».

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