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7 Gennaio 2022
16:16

Nucleare come fonte “green”, il no di WWF: «Gravi rischi per l’ecosistema»

La Commissione Europea ha incluso l'energia nucleare tra le fonti green della Tassonomia verde. Quali sono i risvolti sull'ecosistema e per l'Italia?

nucleare

La Commissione Europea ha incluso l'energia nucleare tra le fonti green, cioè tra le attività economiche considerate sostenibili e quindi adatte a beneficiare degli investimenti della Tassonomia verde.

La Tassonomia verde è una vera e propria lista elaborata dall'Europa per consentire agli investitori pubblici e privati di conoscere le fonti green sulle quali dirottare le proprie risorse finanziarie. Anche paesi dipendenti dalle fonti fossili, le più inquinanti e dannose per l'ambiente, potrebbero usare la lista dell'Ue per sapere dove investire i fondi in arrivo con il Recovery per dare una svolta al proprio approvvigionamento energetico. Ma cosa succede se in questa lista è presente il nucleare?

«È una decisione incoerente con gli impegni presi durante i grandi summit internazionali del G20 e della Cop26: se continueremo su questa strada, non centreremo l'obiettivo di restare sotto la soglia di 1,5 gradi dell'innalzamento delle temperature», spiega la responsabile Clima ed Energia del WWF Italia Mariagrazia Midulla.

I danni causati dalle radiazioni sono ben noti alla comunità scientifica: diminuzione dell'aspettativa di vita, della capacità riproduttiva  e anche della grandezza del cervello. Queste sono solo alcune delle conseguenze osservate sulla fauna selvatica stanziata presso i siti più noti dei disastri nucleari: Fukushima e Chernobyl. Gli esseri umani possono essere tenuti lontani dai luoghi più pericolosi grazie a dissuasori e apposite buffer zone, la stessa strategia non può essere attuata con gli animali selvatici.

A Chernobyl cani, lupi e altre specie hanno ripreso immediatamente possesso dell'area dopo la fuga degli umani, ma a fare le spese di questa "colonizzazione animale" sono stati soprattutto gli uccelli, capaci di superare le barriere fisiche e stabilirsi in aree con una concentrazione di radiazioni incompatibili con la vita.

Tassonomia verde: non tutto è perduto

La controversa decisione sulla Tassonomia verde viene definita dalla stessa Ue frutto di «un approccio pragmatico e realistico». Ma non tutto è perduto: la proposta della Commissione Europea è una bozza. L'iter prevede il coinvolgimento di colegislatori, Consiglio e Parlamento europei prima dell'ok definitivo e dell'entrata in vigore prevista per il primo gennaio 2023. Il primo step verso l'approvazione vede il coinvolgimento degli stati membri: starà a loro esprimere il proprio parere entro il 12 gennaio 2022.

Per questo tre delle più grandi associazioni ambientaliste e animaliste italiane – Greenpeace, Legambiente e WWF – hanno rivolto un appello al governo italiano: «Ci aspettiamo dall’esecutivo Draghi  una presa di posizione chiara, in linea con i mandati referendari e con gli impegni sul cambiamento climatico, per contribuire a fermare lo snaturamento della tassonomia verde che rischierebbe di essere un grave autogol europeo in evidente contraddizione con l’impostazione del Green Deal».

La decisione di inserire il gas e il nucleare tra le economie di finanza sostenibile va infatti a svantaggio soprattutto di paesi come l'Italia: «L’Italia ha molti motivi per non appoggiare la proposta della Commissione – sostiene Midulla – Il primo è l'esistenza di un mandato popolare chiarissimo contro l'attuazione del nucleare dato 30 anni fa e reiterato 10 anni fa».

Il primo referendum abrogativo sul nucleare è avvenuto nel 1987, il secondo nel 2011. «In entrambi i casi le percentuali sono state chiare, e anche oggi il sentimento popolare anti nucleare resta forte», sottolinea Midulla. La rappresentante del WWF Italia liquida anche la proposta di un nuovo referendum sul nucleare avanzata dal leader della Lega Matteo Salvini: «Sarebbe una mera consultazione, alla stregua di un sondaggio, una presa in giro priva di validità costituzionale».

Le scorie: l'altra faccia del nucleare

A preoccupare maggiormente esperti ed ambientalisti è però il prodotto delle centrali: le scorie nucleari. Non esiste in Italia un deposito nazionale che raccolga in sicurezza i residui della fissione. È vero infatti che l'utilizzo del nucleare permette di produrre un grandissimo quantitativo di energia con un impatto ambientale molto ridotto, in proporzione ad altre fonti verdi e non, tuttavia non è ancora stato trovato un modo sicuro per smaltire i rifiuti radioattivi.

La plastica è considerata dannosa per l'ambiente a causa della sua ridotta biodegradabilità, un bottiglietta impiega quasi mezzo secolo a degradarsi, come può quindi essere considerata sostenibile una fonte d'energia che produce scarti che continuano a essere dannosi per migliaia di anni?

«Ci stiamo chiedendo se finanziare o meno questo tipo di energia quando ancora si dibatte sulle scorie prodotte trent’anni fa: nessuno è disposto ad accoglierle nei propri depositi – sottolinea Midulla – Anche se le scorie italiane sono poche rispetto ad altri paesi, restano un problema fondamentale, e un rischio altissimo per la salute e gli ecosistemi». Attualmente sono circa 20 i depositi temporanei in tutt’Italia, l'assenza di un unico luogo di conservazione è giustificata dalle particolari condizioni geologiche del territorio.

I siti di destinazione dei residui nucleari vengono infatti scelti in base a studi di natura geologica: è necessario che siano in profondità nel terreno e impenetrabili alle infiltrazioni d'acqua. Un paese sismico ed esposto a elevati rischi idrogeologici come l'Italia non è il candidato adatto ad accogliere un materiale tanto instabile e pericoloso.

È ancor meno è un paese adatto a ospitare le centrali che dovrebbero produrre questi scarti. Qui, più che altrove in Europa, l'ipotesi di un disastro come quello avvenuto nel 2011 a Fukushima, in Giappone, non è così remota. Nella località giapponese, dopo il terremoto e il maremoto che hanno provocato l'incidente nucleare, sostanze radioattive si sono riversate nell'oceano antistante alla centrale. I danni all'ecosistema marino non sono stati ancora quantificati.

«Siamo paese sismico, esposto a rischi elevatissimi anche sul piano idrogeologico. Inoltre, a seguito del cambiamento climatico abbiamo assistito all'intensificarsi degli eventi estremi in tutto il mondo. La possibilità di incidenti quindi è notevolmente aumentata. Infine – segnala Midulla – visto il quantitativo di acqua necessaria alle centrali per produrre energia, e i costi per la messa in funzione degli impianti, il nucleare resta di quanto più lontano dall'energia green».

Decommissioning e greenwashing

Per il ministro tedesco dell'Economia e del Clima, Robert Habeck, le proposte della Commissione su gas fossile e nucleare sono una forma di «greenwashing», un'operazione di marketing condotta dall'Ue per uno scopo ben preciso: «Si cerca di continuare con questa tecnologia obsoleta per non affrontare il grande problema del decommissioning – spiega Midulla – L'attività di smantellamento delle centrali nucleari. Oltre a essere di impossibile soluzione tecnica sul fronte scorie, la decommissioning è tra le operazioni più costose e poco sicure di tutta la filiera energetica. Dismettere una centrale nucleare è ben più complesso di quanto si possa immaginare, basta guardare quello che sta avvenendo a Borgo Sabotino».

La centrale nucleare di Borgo Sabotino, in provincia di Latina, era una delle quattro presenti in Italia. A 34 anni dal referendum che ha sancito lo stop alle attività nucleari, la dismissione della centrale non è mai stata portata a termine. Oggi la società pubblica che ha attualmente in gestione gli ex impianti laziali ha presentato un cronoprogramma con termine nel 2027 e una previsione di spesa di 270 milioni di euro.

In Francia le centrali attualmente attive sono ben 19 e il 75% dell'elettricità francese è prodotta con l'energia nucleare. Arrivati a questo punto, anche se volesse, la Francia incontrerebbe serie difficoltà economiche nella dismissione di tutti i suoi impianti, con costi esorbitanti e nessuna speranza di collocare in tempi brevi l'ingente eredità radioattiva.

«Già prima del referendum la comunità scientifica segnalò in questo sito mutazioni nel bestiame e altri effetti sull'ecosistema di varia natura – ricorda Midulla – Questo perché anche gli effetti delle basse radiazioni sono molto gravi, anche se non dovessero avvenire grandi incidenti come quello del 1986 a Chernobyl, la presenza di centrali nucleari sul territorio rappresenta sempre un pericolo per le comunità di umani e animali».

Incidenti però continuano ad avvenire con regolarità lì dove la presenza di centrali è maggiori, l'ultimo poche settimane fa alla francese di Tricastin, in Provenza, dove una grande quantità di trizio e altri prodotti radioattivi hanno contaminato il suolo.

Non è un caso che paesi europei, storicamente legati al nucleare, abbiano progressivamente ridotto la loro dipendenza da questa fonte di energia: Svizzera, Austria, Belgio, inclusa la Germania, stanno procedendo alla chiusura delle centrali.

«Il nucleare e anche il gas sono tecnologie in declino – commenta Midulla – Continuano ad essere proposte come soluzioni del futuro ma è chiaro che non sia vero. I reattori di IV generazione vengono favoleggiati da un decennio ma non sono mai stati realizzati, mentre di minireattori ce ne sono solo quattro in tutto il mondo».

Nonostante lo scetticismo dei vicini europei, l'Italia non chiude alla possibilità di tornare a ospitare il nucleare: Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha recentemente dichiarato che si tratta di una "fonte verde", in quanto «non produce Co2. Le centrali di IV generazione possono portare benefici in termini di costi dell'energia», in riferimento al recente aumento annunciato in bolletta.

Un ottimismo smorzato dal WWF Italia: «I prototipi annunciati non sono mai stati realizzati, per cui siamo anche più indietro rispetto al passato. Quella della progressione degli strumenti nucleari è una scusa che serve a non investire seriamente sulle vere tecnologie del futuro: le rinnovabili».

Ambra: una soluzione imperfetta

La Commissione Europea ha scelto di annoverare il nucleare e il gas fossile tra le fonti green «solo per un periodo di tempo definito e nella misura in cui contribuiscono alla transizione verso la neutralità climatica e non danneggiano in modo significativo l'ambiente».

«La soluzione per raggiungere la neutralità climatica restano per noi solo le rinnovabili – dichiara l'esponente del WWF – Ma una soluzione temporanea anche se imperfetta potrebbe essere quella proposta dalla Spagna, che chiede di diversificare le fonti verdi della Tassonomia in categorie, in questa proposta il gas e il nucleare andrebbe sotto la categoria "Ambra". Una soluzione utile per segnalare all'investitore che non tutte le fonti nella lista Ue sono uguali. La categoria Ambra potrebbe essere un aiuto per quei paesi che dipendendo dal carbone per il 40-60% della loro energia, loro hanno effettivamente bisogno di una transizione, il caso dell’Italia è molto diverso.».

La Penisola energeticamente non è dipendente dal carbone, ma dal gas importato dall'estero. Non necessita di una fase di riconversione del suo ciclo energetico, ma avrebbe più convenienza di altri a cercare una fonte propria, e rinnovabile.

«Sul fronte internazionale il presidente del Consiglio Draghi, in coerenza con le posizioni espresse durante la presidenza italiana del G20 deve sostenere l’esclusione del gas fossile e del nucleare della Tassonomia verde – afferma Midulla – In seconda posizione potrebbe sostenere la creazione di una categoria a parte come proposto dalla Spagna. Sul versante interno dobbiamo riconoscere che è giunta l'ora di investire decisamente nel futuro attraverso l'intervento pubblico e privato».

«L'Italia continua a lamentarsi di non possedere il know-how industriale adatto a sviluppare pannelli e turbine mentre è proprio su questo che dovremmo investire – conclude Midulla – Il "diritto alla lagna" è prerogativa degli artisti, mentre a politici e industriali questo diritto non può essere concesso».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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