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28 Aprile 2022
12:11

Nikita, la cagnolina morta abbandonata nella casa deserta: condannato il responsabile

NIkita, cagnolina meticcia di 5 anni, è morta di fame e sete nell'appartamento deserto di Cesano Maderno in cui era stata abbandonata dal suo umano. Adesso l'uomo è stato condannato a 1 anno e mezzo di carcere e 10.000 euro di multa.

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È stato condannato a un anno e mezzo di reclusione (con pena sospesa) e al pagamento di 10.000 euro di multa alla Lega Nazionale per la Difesa del Cane l’uomo che nel 2017 abbandonò in una casa deserta Nikita, cagnolina meticcia, condannandola a morte. Una dimostrazione di noncuranza e spietatezza che ha ribadito anche durante il processo che lo vedeva imputato, e in cui è risultato irreperibile come è stato 5 anni fa, sin da quando decise si uscire dall’appartamento di Cesano Maderno in cui viveva lasciandovi all’interno quella che era stata la sua compagna di vita.

Della storia di Nikita aveva deciso di farsi carico proprio la Lega Nazionale per la Difesa del Cane, che aveva sporto denuncia e poi si era costituita parte civile nel giudizio. I fatti, come detto, risalgono alla tarda primavera del 2017, quando la cagnolina fu trovata senza vita all’interno della casa in cui viveva dopo le segnalazioni di alcuni vicini sul forte odore proveniente dall’appartamento.

Era morta di fame e sete: il suo umano, un sessantenne, aveva smesso di pagare l’affitto e aveva deciso di lasciare l’abitazione e anche Nikita, ritenuta evidentemente un peso: «Non è stato possibile sapere con certezza quanto tempo Nikita sia rimasta da sola, ma secondo il veterinario dell’ATS sentito in udienza le sue condizioni erano quelle di un cane rimasto senza cibo e acqua per almeno 15 giorni» ha chiarito Michele Pezone, avvocato e responsabile Diritti Animali LNDC Animal Protection.

Rintracciato dalle forze dell’ordine il sessantenne si era giustificato sostenendo invece di essere rimasto fuori casa più giorni del previsto, ma il processo ha invece portato ad accertare la sua responsabilità in quello che è a tutti gli effetti maltrattamento di animali aggravato dalla morte, un reato previsto e punito dalla legge, nello specifico dall’articolo 544-bis del Codice Penale.

Il giudice del tribunale di Monza lo ha condannato, un primo risultato che per Lndc non è però ancora sufficiente: «Questa vicenda è davvero raccapricciante e non ci possono essere scusanti né perdono per il comportamento spietato di quest’uomo – ha detto Piera Rosati, presidente Lndc Animal Protection – È straziante pensare quanto abbia sofferto questa povera cagnolina, agonizzando giorno dopo giorno senza poter bere e mangiare fino a morire di fame e di sete. Non riesco davvero a capire come quest’uomo possa essere così senza cuore. Se l’avesse abbandonata per strada, avrebbe comunque avuto una possibilità di sopravvivenza, mentre così ha scelto deliberatamente di condannarla a morte nel modo più crudele possibile».

«Seppure a causa dei limiti della legge la pena non è certo adeguata alla gravità del fatto, sono comunque contenta di questa condanna ottenuta anche grazie all’impegno del nostro ufficio legale – ha concluso Rosati – Questa storia straziante ci ricorda quanto sia necessaria una riforma della legge 189 del 2004 per rendere le pene più severe verso coloro che maltrattano e uccidono animali. Oltre alla condanna penale, comunque, mi auguro che quest’uomo faccia i conti con la propria coscienza, se ce l’ha».

Oggi infatti i reati di maltrattamento e uccisione di animali  vengono disciplinati dagli articoli 544 bis e ter del titolo IX bis del Codice penale: «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni», prevede il 544 bis, mente il ter stabilisce che «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro».

La pena per il maltrattamento aumenta della metà se dalla condotta deriva la morte dell’animale, e difficilmente i giudici a oggi applicano comunque il massimo della pena. Da tempo le associazioni chiedono dunque che il testo venga riformato per inasprire le pene verso chi maltratta e uccide animali, non soltanto a livello detentivo ma anche pecuniario. E non è escluso che accada, soprattutto dopo che gli animali sono finalmente entrati in Costituzione.

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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