;Resize,width=638;)
Gli esemplari mostravano comportamenti insoliti e i tipici sintomi di un'alterazione dell'attenzione. Avevano occhi rossi, andatura traballante e una propensione al sonno anche nelle ore centrali della giornata che hanno fatto preoccupare i loro familiari e anche coloro che se ne prendevano cura. Non si tratta in questo caso di persone ma di mucche: tipiche vacche americane allevate per la produzione di latte e derivati.
Gli scienziati dell'Oregon State University hanno rilevato che alcuni bovini che hanno mangiato mangimi contenenti quantità variabili di canapa, usata dagli allevatori come succedaneo al classico fieno o all'erba fresca, ricadono negli stessi sintomi che possono avere anche gli esseri umani.
Nel loro studio, pubblicato su Science, gli scienziati americani hanno indagato sui dubbi sollevati dai consumatori sull'uso della canapa negli allevamenti intensivi e sul fatto che il principale principio attivo della marijuana, noto alla scienza come Cannabidiolo o CBD, possa o meno entrare nell'approvvigionamento alimentare umano. E non si sono limitati a studiare il comportamento delle mucche. Hanno anche valutato il consumo di canapa in suini, agnelli e polli, trovando un effetto molto più profondo sul comportamento degli animali rispetto a quello che era previsto in uno qualsiasi degli altri precedenti studi sull'alimentazione lattiero-casearia.
La canapa ha molti utilizzi che travalicano il consumo alimentare negli allevamenti. Infatti la variante di Cannabis sativa viene anche usata nel mercato della moda, nell'industria tessile e nell'industria dell'edilizia ma viene anche molto apprezzata a scopi alimentari poiché possiede una concentrazione meno potente del composto psicoattivo tetraidrocannabinolo (THC) rispetto alla marijuana. Perciò è molto utile come integrazione alimentare per quelle grandi aziende casearie che si ritrovano ad avere difficoltà ad approvvigionarsi di altro cibo o che vogliono rendere più mansueti i loro capi di bestiame.
Il consumo eccessivo di canapa carico di cannabidiolo può però portare gli animali ad assumere dei comportamenti che possono recare danno agli animali stessi o allo stesso allevamento. La Food and Drug Administration – l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, che corrisponde all'europea EFSA – perciò, proprio a seguito dei numerosi incidenti che si son verificati negli Stati Uniti nelle mandrie di animali e per quanto la coltivazione di canapa sia esplosa in alcuni Stati negli ultimi anni, è ancora indecisa sul da farsi. Deve infatti ancora approvare il suo uso ormai diffuso per l'alimentazione delle mucche, anche a causa delle preoccupazioni sollevate per l'ingresso del THC nell'approvvigionamento alimentare.

La situazione in Europa
In Europa alcuni scienziati dell'Istituto federale tedesco hanno deciso quest'anno di replicare gli studi dei colleghi americani. Per la valutazione del rischio hanno dunque nutrito 10 vacche da latte con quantità diverse di mangime di canapa. Nel corso dell'esperimento durato settimane, i ricercatori hanno raccolto campioni di latte, sangue e feci e hanno prestato molta attenzione al comportamento del bestiame.
La condizione dei bovini era variabile. Gli esemplari che sono stati nutriti con mangime fermentato formato da piante di canapa intere hanno mostrato pochi cambiamenti evidenti rispetto alle mucche alimentate con una normale dieta a base di mais. Questo per dimostrare che il consumo di canapa da parte di questi animali non è per forza nocivo. La situazione però risulta molto diversa per le mucche che consumavano mangime a base di foglie, fiori e semi di canapa ricchi di cannabinoidi. Secondo i resoconti statistici, queste mucche hanno consumato fino a 86 volte la quantità di THC necessaria per far sballare gli esseri umani. Gli animali barcollavano e il più delle volte erano colpiti da potenti scariche di diarrea. Inoltre la respirazione e la frequenza cardiaca degli animali sono risultate rallentate, poiché i capi mangiavano meno e producevano meno latte. In breve, il mantenimento di questi animali risultava economicamente non vantaggioso e sanitariamente complicato.
Gli scienziati tedeschi inoltre affermano nel loro studio che «un trasferimento di cannabinoidi negli alimenti di origine animale è concepibile quando i sottoprodotti della produzione di canapa e l'intera pianta vengono utilizzati come mangimi, anche se dati sperimentali riguardanti il trasferimento di THC dal mangime nel latte delle mucche sono scarsi e le tecniche analitiche spesso non sono riuscite a distinguere tra THC psicoattivo e il suo precursore non psicoattivo 9 – acido tetraidrocannabinolico (9 -THCA)».

Anche se è chiaro che gli effetti osservati dalla canapa industriale sulla salute degli animali sono stati principalmente causati dai cannabinoidi (fra cui i principali sono stordimento, occhi rossi e muco nasale), gli stessi studi tedeschi e americani chiariscono come non sia possibile definire chiaramente quale cannabinoide fosse responsabile dei comportamenti più problematici. A causa della sua alta concentrazione, si presume che sia il precursore 9 -THC la causa più probabile degli effetti "sballanti" sugli animali, ma anche gli effetti combinati possono svolgere un ruolo. Infine, va considerato che le piante di canapa producono altri fitochimici (ad esempio, terpeni, flavonoidi) che possono avere un impatto sui cambiamenti osservati nel comportamento degli animali.
Gli studiosi hanno anche cercato di rassicurare gli animalisti. I comportamenti insoliti sono cessati pochi giorni dopo che il bestiame ha smesso di mangiare canapa; i cannabinoidi però risultano persistenti nel latte vaccino delle vacche europee, che contenendo elevate concentrazioni di THC, CBD e altri cannabinoidi, possono presentare un rischio.

Non è però chiaro se tale latte possa avere effetti anche i consumatori umani. «Lo studio non consente di trarre conclusioni sull'esistenza di un rischio per la salute derivante dal consumo di latte con quantità controllate di THC e CBD sul mercato», afferma il nutrizionista animale e coautore dello studio americano Robert Pieper. «Di certo però la presenza di queste molecole nel latte può far creare serie preoccupazioni nei consumatori».
Per limitare gli eventuali danni arrecati agli animali dal consumo della canapa, alcuni allevatori americani propongono così di utilizzarla in dosi non eccessive e per animali non produttori di cibo come giovenche o giovani agnelli. Anche perché il suo uso può divenire un potenziale strumento per aiutare il bestiame durante il trasporto, lo svezzamento e altre situazioni stressanti.
Le domande sollevate dagli studiosi non possono essere ignorate, anche perché il rischio di abuso dell'uso di cannabinoidi sugli animali indirizzati verso il macello e dunque per "farli stare buoni" e non in funzione di un ragionamento serio sul benessere animale è molto forte.