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7 Febbraio 2024
10:36

L’estinzione della tigre di Giava: quali sono le cause e perché è successo

La tigre di Giava è stata uno dei tanti animali a estinguersi per colpa del disboscamento incontrollato delle foreste dell'Indonesia, il cui legno è molto ricercato dal mercato internazionale.

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La tigre di Giava era una sottospecie che abitava l'Indonesia, in particolare l'isola da cui prendeva il nome. Il suo nome scientifico era Panthera tigris sondaica ed era una delle tre sottospecie insulari esistenti di tigre presenti nel mondo. Per secoli ha dominato l'isola di Giava, finché il suo areale non cominciò a essere distrutto dalla nostra specie.

Giunta in Indonesia migliaia di anni fa, le sue popolazioni raggiungevano anche migliaia di individui, ma fu dichiarata estinta nel 1994, a seguito della perdita quasi completa del suo habitat naturale, le foreste equatoriali dell'isola di Giava. Queste foreste coprivano circa il 23% della superficie totale dell'isola, prima che l'industrializzazione dell'agricoltura e la caccia alle tigri colpissero irrimediabilmente il paese, sterminando quasi interamente la fauna locale.

Le coltivazioni di riso, caucciù e caffè contribuirono inoltre enormemente al declino delle varie specie di cui si nutriva la tigre. Gli agricoltori per tutto il Novecento hanno infatti creato degli insediamenti, appropriandosi di intere fette di foresta per ottenere nuovi lotti da coltivare e ingenti quantità di legname da rivendere agli imprenditori occidentali.

Chi era e dove viveva la tigre di Giava?

La tigre di Giava era molto più piccola rispetto alle altre sottospecie di tigri presenti in Asia. Solamente la tigre di Bali (Panthera tigris balica), anch'essa estinta, aveva dimensioni ancora inferiori. Era infatti grande 200-245 cm lunghezza, per 140 kg di peso, contro i 27o -300 cm di lunghezza e i 300 kg della tigre del Bengala (Panthera tigris tigris). Le femmine inoltre erano anche più snelle e piccole pesando quanto un essere umano, per un massimo di 100 kg. A differenza delle altre sottospecie, quella di Giava aveva strisce lunghe e sottili, poco più numerose e scure rispetto quelle presenti nelle altre tigri, e aveva un comportamento più elusivo.

Fino alla fine del Diciannovesimo secolo, le tigri di Giava abitavano su tutta l'isola, entrando spesso in conflitto con le popolazioni locali. A partire dalla fine della Prima guerra mondiale, le sue popolazioni cominciarono però a subire pesantemente l'avanzata degli agricoltori, che avevano iniziato a dotare le loro fattorie di mezzi di trasporto più efficienti e usavano trappole che avevano lo scopo di uccidere tutti gli animali predatori. A poco a poco, le tigri cominciarono quindi a subire l'impatto antropico, accentuato quando il mercato europeo cominciò a richiedere ai paesi del Sud-est asiatico di esportare maggiori lotti di caffè, legno e spezie.

Già nel 1940, la maggioranza delle tigri era concentrata attorno alle montagne più remote, finché non vennero braccate dai cacciatori locali. Nel 1970, invece, alcuni individui vennero ritrovati attorno alle pendici del monte Betiri, prima di essere definitivamente dichiarati estinti nel 1994, dopo decenni di mancati avvistamenti.

 Le cause dell'estinzione della tigre di Giava

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Non fu solo la perdita della foresta primaria, provocata dagli agricoltori, a condannare definitivamente questi animali. Un altro fenomeno importante che ha portato alle tigri verso l'estinzione è stata la perdita costante di biodiversità. Senza prede da cacciare, le tigri hanno cominciato infatti diminuire e a rivolgere la propria attenzione a specie più difficili da catturare, come gli animali allevati, o che non gli consentivano di ottenere sufficienti scorte energetiche.

Molte tigri vennero anche volutamente avvelenate e uccise per liberare alcuni settori dell'isola dalla presenza dei predatori. Ciò che però alla fine convinse la popolazione a dedicarsi definitivamente all'abbattimento delle tigri, contro il parere degli stessi amministratori locali, furono i vantaggi economici garantiti dal disboscamento delle aree verdi più profonde, che erano estremamente remunerative.

L'ultima testimonianza oggi accertata della presenza di una tigre sull'isola di Giava fu raccolta da alcuni abitanti nel 1989, quando si trovarono di fronte a una pista d'impronte nell'attuale Parco Nazionale del Monte Halimun Salak e l'anno dopo fu inviata una spedizione scientifica per studiare questa popolazione "fantasma" nello stesso parco. Come vedremo questo. tipo di spedizioni saranno numerose anche negli anni successivi, persino dopo il 1994, anno nel quale venne dichiarata definitivamente l'estinzione della sottospecie.

Successivamente a quella data, infatti, alcuni contadini continuavano a sostenere di aver intravisto una tigre solitaria, nel cuore del bosco, seppur nessuna traccia, prova, trappola o sistema di videosorveglianza riuscì a confermarne ufficialmente la presenza.

Gli ultimi avvistamenti della Tigre di Giava

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Illustrazione di O. Fienzel, 1892

I continui avvistamenti di alcune tigri sopravvissute a cavallo degli ultimi anni del millennio scorso, hanno continuato a spingere il Parco Nazionale di Meru Betiri a dare il via a un ultima spedizione, con l'obiettivo di provare a riscoprire una piccola popolazione sopravvissuta. Così nell'autunno del 1999, sedici anni dopo l'ultimo avvistamento accertato di una tigre e dieci anni dopo il ritrovamento delle ultime impronte, alcuni esperti del «Progetto Tigre di Sumatra» formarono un team che si impegnò a lungo nel tappezzare la superficie del parco con varie trappole fotografiche, all'epoca all'avanguardia.

L'associazione canadese «Fondazione Tigre» fornì addirittura al governo distrettuale di Giava alcune macchine fotografiche a infrarossi, con la speranza di scovare qualche individui che, magari, sul finire degli anni Ottanta non era stato intercettato perché cucciolo.

Sfortunatamente, dopo un anno di lavoro e svariati mesi di avvistamenti non confermati da parte della popolazione locale, il team si rese conto che era inutile proseguire oltre le ricerche. Le telecamere riuscirono infatti a immortalare diverse specie e a catturare i volti di diversi bracconieri e di numerosi boscaioli illegali, ma delle tigri non c'è n'era più alcuna traccia. All'inizio degli anni 2000 gli scienziati persero definitivamente la speranza e ribadirono ancora una volta che gli ultimi avvistamenti effettuati negli anni Novanta erano quasi certamente falsi.

Questo evento è stato davvero un unicum nella storia della zoologia. Poche specie infatti sono state cercate nei loro vecchi habitat anche dopo l'ufficialità dell'estinzione  da parte degli organi scientifici competenti, come la IUCN e la Commissione internazionale di nomenclatura zoologica (ICZN). Tuttavia, nell'ottobre del 2010, in seguito all'eruzione del Monte Merapi, altri abitanti dell'isola asserirono di aver trovato le impronte di un grosso felino sulla cenere vulcanica, scattando delle fotografie.

Il personale del vicino parco nazionale, però, avendo esaminato di persona le impronte, dichiarò ufficialmente che anche questa segnalazione non era confermata, visto che le impronte erano molte diverse da quelle tipiche della specie. Oggi non ci sono speranze di vedere ancora le tigri di Giava in natura, ma alcuni laboratori di ingegneria genetica stanno pensando di riportarla in vita tramite un processo di clonazione che coinvolgerebbe alcune sottospecie filogeneticamente vicine.

Questi progetti, però, come quelli che coinvolgono animali come il tilacino o il mammut, non sono generalmente molto apprezzati dagli scienziati che si occupano di conservazione, sia per questioni etiche che per questioni economiche. Molti ritengono infatti che buona parte dei finanziamenti destinati ai progetti di de-estinzione delle specie potrebbero essere molto più utili per salvaguardare le specie che sono oggi a rischio d'estinzione.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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