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31 Dicembre 2021
9:40

Jane Goodall spiega le insidie del donare animali d’allevamento ai paesi in via di sviluppo

Per Jane Goodall e colleghi, la pratica di regalare tramite enti di beneficenza, capi di bestiame alle famiglie dei paesi in via di sviluppo nasconde criticità su cui è importante riflettere.

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È vero, non tutti i mali vengono per nuocere. Tuttavia il discorso è reversibile: non tutti gli atti apparentemente benevoli fanno davvero del bene al prossimo e all'ambiente, così come alcuni aiuti possono essere positivi nel breve termine ma a lungo andare rivelarsi controversi.

La pratica di donare capi di bestiame a famiglie di paesi in via di sviluppo è estremamente diffusa in Occidente, soprattutto nel periodo natalizio. Numerose organizzazioni umanitarie offrono supporto proponendo pacchetti di donazioni di poche decine di dollari per garantire una capra o una giovenca a persone in difficoltà.

Ma è davvero un aiuto concreto? Per Jane Goodall queste donazioni nascondono implicite problematiche, divenendo più dannose che benefiche. Lo ha spiegato in un'intervista per il canale youtube "In defense of Animals" in concomitanza delle feste natalizie, nel periodo in cui si registrano le maggiori donazioni umanitarie.

Il problema dell'allevamento intensivo

Il problema in generale, deriva dalle enormi necessità energetiche e di risorse legate all'allevamento animale. Su larga scala, l'allevamento intensivo è uno dei più grandi problemi ecologici del nostro tempo. Ogni anno vengono mantenuti, alimentati, curati e macellati miliardi di capi di bestiame in tutto il mondo.

La Terra ospita attualmente circa 19,6 miliardi di polli, 1,4 miliardi di bovini e 980 milioni di maiali allevati come bestiame. Se li sommassimo tutti, peserebbero più degli umani e di tutti gli altri animali selvatici messi insieme. Enormi porzioni di terreno per la produzione di cibo per sfamarli, quantità di acqua inimmaginabili per irrigare i campi, abbeverare gli animali e trattarne le carni ed energia elettrica per alimentare i macchinari e trasportare poi i prodotti finali fino alle nostre tavole: risorse che potrebbero essere sfruttate direttamente dalle persone risolvendo non poche emergenze.

Per non parlare delle difficoltà dello smaltimento dei rifiuti di scarto, soprattutto quando gli allevamenti non posseggono adeguati sistemi di trattamento delle acque reflue.

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Immaginate ora questi problemi nel piccolo, ma in territori estremamente fragili – magari nei paesi sub sahariani dove l'impoverimento del suolo è incalzante e vi è mancanza cronica di acqua e di altre risorse. Non vi è un efficace supporto veterinario, con la possibilità di poter diffondere malattie e perdere il bestiame.

I consigli di Jane Goodall

Per diversi esperti la situazione è così molto complicata. E a fare un punto della situazione è stata  Jane Goodall. Classe 1934, primatologa ed antropologa di fama internazionale, ha passato gran parte della vita nei paesi centroafricani per studiare e comprendere i nostri parenti più prossimi, le grandi scimmie. Goodall di certo conosce bene le problematiche di questi luoghi e ritiene che sarebbe decisamente meglio puntare su altri tipi di aiuti. Invece di regalare dispendiosi capi di bestiame, raccomanda infatti alle persone di finanziare centri sementiferi comunitari e sistemi di irrigazione moderni, oltre a investire nella rigenerazione e protezione del suolo.

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Da anni la ricercatrice si batte contro le ingiustizie etiche ed ambientali legate allo sfruttamento animale, anche se in questo caso riconosce la buona volontà delle iniziative. Goodall ha infatti dichiarato pubblicamente:«Gli animali da allevamento vengono acquistati in gran numero da generosi donatori. Sfortunatamente tuttavia, questo può portare a conseguenze indesiderate». La soluzione proposta dall'etologa è semplice: «Sarà sempre molto meglio aiutare sostenendo progetti basati sulle piante e metodi di irrigazione sostenibili, al fine di favorire l'agricoltura rigenerativa per migliorare il suolo. Questo significa che gli enti di beneficenza devono sviluppare piani per creare un pacchetto regalo adeguato che faccia appello alla generosità di coloro che vogliono aiutare chi è meno fortunato di loro. Grazie»

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Comprare una capra per una famiglia in difficoltà costa circa 15 euro tramite Oxfam, uno degli enti di beneficenza più popolari. Per la stessa somma però è possibile anche dare la possibilità di sostenere Oxfam nello scavo di pozzi e nell'installazione di pompe dell'acqua, rubinetti e contatori d'acqua innovativi per le famiglie che affrontano la siccità o che vivono in zone lontane dalla rete idrica più vicina, offrendo magari un aiuto ancora più prezioso.

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