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27 Maggio 2023
19:00

La perdita di biodiversità in corso è molto più preoccupante di quanto si pensi

Secondo un nuovo studio le specie viventi si stanno estinguendo molto più velocemente di quanto ipotizzato in precedenza e anche animali considerati non a rischio sono invece in declino.

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I biologi della conservazione sono sempre più preoccupanti riguardo alla sopravvivenza delle varie specie a rischio di estinzione. Un nuovo studio, infatti, pubblicato sulla rivista Biological Reviews, mette nuovamente in allarme la comunità internazionale sulla perdita costante di biodiversità che rischia nel prossimo futuro di aggravarsi ulteriormente per la continua espansione umana nonché per la crisi climatica.

A esserne certi sono alcuni ricercatori della Queen's University di Belfast e della Czech University of Life Sciences di Praga, che dopo aver effettuato un'analisi sulle tendenze demografiche di oltre 70.000 specie di animali, hanno concluso quella che viene considerata dagli studiosi la ricerca più complessa e completa mai realizzata in questo campo. Questo studio, infatti, ha utilizzato i dati provenienti da centinaia di campagne di monitoraggio effettuate in tutti gli angoli del mondo, sopra e sotto il livello del mare. E tra l'altro, non è purtroppo il primo report a essere stato pubblicato che sottolinea quanto le previsioni sul futuro della biodiversità siano più fosche di quanto abbiamo precedentemente calcolato.

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Già in passato infatti altri ricercatori avevano lanciato l'allarme, sottolineando come la fauna terrestre fosse ormai colpita da un tasso di estinzione superiore rispetto a quanto ipotizzato dalle prime stime degli anni Ottanta e Novanta. I risultati di quest'ultimo studio sono ancora più critici e hanno spinto gli scienziati a sollevare nuovamente il problema ribadendo che il tempo per salvare molte specie comincia a essere scarso. 

Secondo infatti i dati ottenuti dagli scienziati di Belfast e Praga, metà delle specie sulla Terra sta attualmente subendo un gravissimo calo demografico, che potrebbe portare molte popolazioni animali a scomparire a partire già dalla fine di questo decennio. Sarebbero invece meno del 3% le specie che presentano delle popolazioni in aumento numerico, ma gran parte di esse sono specie domestiche – come i gatti rinselvatichiti – o sono animali considerati nocivi, come i ratti, alcune specie di scarafaggi o i parassiti che colpiscono le colture.

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Gli autori principali di questa pubblicazione, Catherine Finn, Daniel Pincheira-Donoso e Florencia Grattarola, tra l'altro asseriscono che seppur molti loro colleghi continuino ad utilizzare i metodi tradizionali dell'IUCN – il gruppo internazionale per la conservazione della natura affiliato all'ONU – per valutare il livello di minacce che affrontano le specie, loro hanno preferito utilizzare un nuovo metodo, considerato molto più preciso. Essi infatti hanno preso in considerazione su scala globale le tendenze di ciascuna popolazione, calcolando così per ogni specie quali sono le aree in cui gli animali si stanno riproducendo meglio, aumentando la popolazione, e dove stanno invece diminuendo, ottenendo così come risultato definitivo lo status effettivo di salute di ciascuna specie.

«Questo nostro nuovo metodo  fornisce un quadro più chiaro sulla reale portata dell'erosione globale della biodiversità. Un quadro che non saremmo riusciti a captare, se avessimo seguito l'approccio tradizionale utilizzato dalla IUCN e dai nostri colleghi», ha dichiarato Daniel Pincheira-Donoso, che come professione fa il docente senior di biologia evolutiva e macroecologia. Secondo infatti lo studioso irlandese, il metodo che hanno utilizzato nella loro ricerca si distingue così tanto da quello impiegato dagli altri biologi che è solo grazie ad esso se oggi la ricerca scientifica è consapevole di come il 33% delle specie attualmente considerate "sicure" dalla IUCN sta di fatto in realtà rischiando la sopravvivenza.

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Catherine Finn, dottoranda presso la Queen's University di Belfast, è persino più dura di Pincheira-Donoso, relativamente a questo punto. «Quasi la metà degli animali sulla Terra per i quali sono disponibili valutazioni sono attualmente in declino. Non tutti i nostri colleghi accettano questo punto e a peggiorare le cose, molte delle specie animali che si pensa non siano a rischio di estinzione, in realtà stanno progressivamente diminuendo». Come fare quindi per arrestare questo declino?

Per prima cosa chiedono a tutti gli scienziati impegnati nello studio e nella tutela della fauna selvatica di usare più metodi, oltre quello previsto dall'IUCN, per definire così meglio il relativo stato di salute di una specie. Inoltre, ai politici e agli amministratori locali, chiedono di votare e far rispettare leggi che prevedono la riduzione dell'emissioni di gas serra, di modo che gli effetti del cambiamento climatico siano meno estremi. Molte utili sarebbero anche i provvedimenti a favore dell'istituzione di nuove aree protette, che hanno già dimostrato di essere un mezzo efficace per sostenere la fauna selvatica direttamente sul territorio.

Ai cittadini infine gli scienziati chiedono di sostenere tutte le campagne di supporto alle operazioni di conservazione voluti dagli esperti, ma sarebbe anche necessario vigilare sulla maturazione di una consapevolezza condivisa della società, che veda nella biodiversità anche un'opportunità per il territorio, oltre che per il benessere psico fisico della popolazione.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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