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30 Giugno 2023
17:38

La ministra Roccella contro i nomi umani dati ai cani: «Nasconde desiderio di famiglia»

Secondo la ministra della Famiglia Eugenia Roccella, dare ai propri animali domestici nomi simili a quelli usati per le persone nasconde un desiderio di famiglia trasferito su cani e gatti. Si tratta di una visione che penalizza entrambe queste relazioni.

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Dare ai propri animali domestici nomi simili a quelli usati per le persone nasconde un desiderio di famiglia trasferito su cani e gatti. È questa l'opinione della ministra per le Pari opportunità e la Famiglia, Eugenia Roccella, intervenuta al Fenix, la festa di Gioventù nazionale, l'organizzazione giovanile di Fratelli d'Italia.

Mentre era a Roma per l'evento, Roccella ha dichiarato: «Sono animalista, amo cani e gatti. Però quando mi capita di portare il mio cane ai giardinetti, sento gli altre persone chiamare i propri cani "Eugenio", "Riccardo" o "Giovanni". È una confusione non casuale, perché questo tentativo di appaiare i nomi umani a quelli dei cani è sintomo di un desiderio di affettività e famiglia che evidentemente c'è e che però viene trasferito sugli animali».

Secondo la ministra, che pure ha fatto sapere di avere un cane e quattro gatti, il problema è che «manca una cultura a difesa della vita e dell'umano. Ecco perché la prima cosa che ha fatto il governo è stato mettere al centro la famiglia e la natalità».

In realtà, i dati forniti dal Rapporto Eurispes 2022, ancora una volta contraddicono la percezione che vorrebbe vedere negli animali sostituti dei figli, un falso mito avallato addirittura da Papa Francesco durante la prima udienza in Vaticano di quell'anno. In Italia sono soprattutto le coppie con figli ad avere uno o più animali (37,8%), seguite dai monogenitori con figli (36,5%).

In ogni caso, è del tutto scorretto parificare figli e animali domestici: si tratta di due relazioni profondamente diverse e, anche se è vero che in determinati contesti si verifica questa sovrapposizione, il sistematico calo delle nascite ben noto in Italia, e in generale in Paesi economicamente avanzati, non è certo riferibile al numero di animali nelle case.

È vero che molti di noi considerano gli animali domestici veri e propri familiari ed è anche giusto che sia così poiché numerosi studi sottolineano proprio l’impatto positivo sulla salute mentale che deriva dal considerarli membri effettivi della famiglia. Ciò però non significa che gli animali sostituiscano i figli. Adottare un cane e scegliere di avere un figlio non sono delle opzioni che si escludono a vicenda, al contrario sono possibili scelte che spessissimo si sovrappongono. È vero che accogliere un cane o un gatto in casa vuol dire assumersi una grande responsabilità e, per certi versi, tale impegno può essere paragonato a quello di cui si fa carico un genitore, nella misura in cui abbiamo qualcuno di cui dobbiamo prenderci cura e che dipende quasi totalmente da noi. Tuttavia, far coincidere il ruolo di animale e quello di figlio è svilente per entrambe le parti, annulla le caratteristiche dell’uno e dell’altro.

In Italia, ad oggi, mancano le basi culturali per capire e valorizzare queste relazioni profondamente diverse, entrambe afferenti al contesto familiare. Non esistono, da una parte politiche che possano fornire un reale sostegno alla genitorialità, né gli animali sono riconosciuti come membri della famiglia, con il conseguente accesso alle politiche di welfare.

Trovare quindi nell'affetto che molte persone provano per i loro compagni a quattro zampe una causa della mancata genitorialità è scorretto e penalizza entrambe queste relazioni.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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