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10 Gennaio 2022
17:26

Il tribunale dà ragione a Grana Padano, rimossi i video di Essere Animali. Gli attivisti: «Non ci fermeranno»

Il Tribunale di Brescia ha disposto la rimozione dal web dei video delle indagini che aveva fatto Essere Animali in due allevamenti di mucche da latte in cui viene prodotto il Grana Padano. Il Consorzio ha intentato una causa civile contro l’associazione e ha presentato una querela nei confronti di alcuni loro componenti contestando i reati di diffamazione aggravata, interferenza nella vita privata, sostituzione di persona e ricettazione. A darne notizia è la stessa associazione animalista, che ha già attivato i propri avvocati per difendersi e revocare l’ordine di rimozione.

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Il Tribunale di Brescia ha disposto la rimozione dal web dei video delle indagini che aveva fatto Essere Animali in due allevamenti di mucche da latte in cui viene prodotto il Grana Padano. Il Consorzio ha intentato una causa civile contro l’associazione e ha presentato una querela nei confronti di alcuni loro componenti contestando i reati di diffamazione aggravata, interferenza nella vita privata, sostituzione di persona e ricettazione. A darne notizia è la stessa associazione animalista, che ha già attivato i propri avvocati per difendersi e revocare l’ordine di rimozione.

Lo stesso tribunale ha sottolineato che la rappresentazione che ha fatto Essere Animali nei video risponde «al criterio di verità» ma poi ha contestato come sia stato veicolato un messaggio che avrebbe potuto far passare l’idea che il formaggio a marchio Grana Padano si sarebbe prodotto con «modalità violente» e nelle «condizioni denunciate».

«Sappiamo che le nostre investigazioni sono scomode e che toccano gli interessi di gruppi alimentari potenti, per cui siamo consapevoli dei rischi legali che corriamo. Ma è la necessità di cambiare le condizioni di vita degli animali negli allevamenti intensivi che ci spinge a realizzarle, e questo per noi è l’obiettivo più importante. Tentativi di intimidazione non ci fermeranno», commenta Simone Montuschi, presidente di Essere Animali.

Due erano le indagini fatte sotto copertura dagli attivisti dell’associazione, in altrettanti allevamenti. L’operazione faceva parte della campagna europea "No Animal Left Behind" per chiedere alle Istituzioni europee una revisione delle leggi sulla protezione degli animali.

Il primo allevamento sotto i riflettori si trovava nella Provincia di Bergamo. Lì sono state le condizioni dei vitelli a far riflettere: venivano separati dalla mamma alla nascita e poi venivano rinchiusi in piccoli recinti. Una pratica permessa dalla norma ma che, spiegano da Essere Animali, «diversi studi indicano» far parte di «pratiche controverse e associate a danni comportamentali». Il Consorzio rispose attraverso le parole del suo direttore generale, Stefano Berni che aveva condannato la pratica. «Siamo rimasti negativamente colpiti dalle immagini – aveva detto – Vorremmo ci indicassero qual è l’allevamento perché lì stanno avvenendo cose fuori regola. Non è questa la strada che il Consorzio indica. Stiamo lavorando sul benessere animale e la sostenibilità. Abbiamo 4mila stalle e qualche mela marcia non danno certo marciume su tutti gli allevatori che giornalmente producono nel rispetto delle regole e degli animali».

«Successivamente il Consorzio Tutela del Grana Padano ci ha proposto un incontro presso la loro sede, durante il quale ci è stato richiesto di eliminare i riferimenti al marchio dal video appena diffuso, senza avanzare alcuna proposta concreta circa le richieste di Essere Animali e di altre 78 Ong internazionali che aderiscono ad Eurogroup for Animals», aggiunge Montuschi.

Dopo questo caso, l’associazione aveva informato il Consorzio su una seconda video investigazione in un altro allevamento. «Pochi giorni dopo abbiamo ricevuto una comunicazione con la quale ci veniva intimato di astenerci dal pubblicare video o contenuti che facessero riferimento diretto alla Dop Grana Padano», prosegue il presidente di Essere Animali. Il video di denuncia è stato poi pubblicato: questa volta riguardava un allevamento di Brescia. Arrivarono i carabinieri del Nas e i veterinari dell’azienda sanitaria, che elevarono una multa di circa 10mila euro. Il resto, poi, si è spostato dai social e dalle campagne di comunicazione direttamente nelle aule di tribunale.

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