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8 Giugno 2023
12:07

Il Mediterraneo è la sesta grande zona di accumulo di rifiuti plastici al mondo

Il Mediterraneo è la sesta grande zona di accumulo dei rifiuti plastici al mondo. Lo dice l'ultimo report del Wwf dedicato all'ambiente pelagico.

oceani

Il Mediterraneo è la sesta grande zona di accumulo dei rifiuti plastici al mondo. Secondo l'ultimo report del Wwf dedicato al mare, i peggiori accumuli si trovano tra il corno della Corsica e l’isola di Capraia. È qui che si accumulano rifiuti regolarmente per un gioco di correnti, una minaccia per il Santuario Pelagos, la grande area protetta che si estende dalla Liguria e dalla Costa Azzurra dove proprio a maggio di quest'anno sono stati avvistati più di mille delfini. Ma qui purtroppo si registrano anche i valori tra i più elevati di microplastiche al mondo.

Rifiuti e degli attrezzi fantasma come reti e altri usati per la pesca e poi abbandonati diventano non solo fonte di inquinamento, ma anche trappole mortali per tartarughe, cetacei e squali. Lo racconta bene la storia della tartaruga Osimhen, salvata dagli esperti del Turtle Point della Stazione Zoologica di Napoli dopo aver ingerito un amo da pesca.

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A complicare la già delicata situazione dei nostri mari, e del "Mare Nostrm" per definizione è l'inquinamento da traffico petrolifero, il 17% di quello mondiale è nel Mediterraneo. Ogni anno tra le 50.000-100.000 tonnellate di prodotti petroliferi finiscono in mare a causa degli sversamenti illegali, e ad aggravare la condizione già compromessa ci sono gli effetti del cambiamento climatico che amplificano tutti gli altri effetti.

Acidificazione, deossigenazione, innalzamento del livello del mare, aumento della frequenza e intensità dei fenomeni estremi rendono anche la biodiversità pelagica più vulnerabile. È stata registrata già una riduzione delle dimensioni del plancton e delle sue proprietà nutrizionali. Nel Golfo del Leone, situato tra la città francese di Tolone e la Catalogna, studi recenti dicono che le sardine disperdono più energie per nutrirsi di plancton e questo a scapito della loro crescita: dalla metà degli anni 2000 la loro dimensione è passata da una media di 15 a 11 cm (da 30 a 10 grammi) con impatti negativi sugli equilibri biologici e l’economia dell’area.

Questi fattori di rischio non riguardano solo le acque mediterranee, ma ogni ambiente pelagico, inteso come mare aperto. La lotta per la tutela dei mari è comune in Europa come nel resto del mondo. La particolare topografia del Mediterraneo, che interagisce con un complesso sistema di correnti, e la ricchezza dei suoi habitat bentonici, sostengono un ambiente pelagico che ospita diverse specie ombrello, ovvero specie dalla cui salute dipende quella di moltissime altre e l’equilibrio dell’intero ecosistema marino, tra cui molti predatori all’apice della piramide trofica.

Pur ricoprendo meno dell’1% della superficie globale degli oceani, il Mar Mediterraneo è un hotspot di biodiversità, ospita approssimativamente 17.000 specie marine, con un’elevata percentuale di endemismi globali, cioè di animali che vivono in maniera specifica in questa area. Alcune stime indicano che la biodiversità delle sue acque profonde potrebbe essere composta da circa 2.805 specie, di cui il 66% non ancora scoperte.

Per preservare questa ricchezza, il Wwf ha offerto alcune soluzioni, a cominciare dalla protezione del 30% del mare attraverso una rete di aree marine protette e altre misure di protezione spaziale (Oecm), come stabilito dalla Strategia europea sulla Biodiversità al 2030. «Ma servono anche interventi efficaci sullo stock del tonno rosso e del pesce spada – spiega l'Associazione – abbandonare la pratica delle gabbie di ingrasso per il primo,  e chiudere la pesca dello spada in autunno per ridurre le catture di giovanili sotto-taglia, incrementando i controlli sulla filiera per porre fine alla commercializzazione degli spadini.

Fondamentale è la protezione dei "blue corridors", corridoi ecologici cruciali per i cetacei, come il corridoio delle Baleari, già riconosciuto come Area Specialmente Protetta di Importanza Comunitaria (Aspim) Importante lo sforzo di ampliamento in corso dal 2021 per l’istituzione della Particularly Sensitive Sea Area (Pssa), nel Mediterraneo nord-occidentale che collegherà  il Corridoio delle Baleari al Santuario Pelagos, e per la quale il Wwf chiede «la riduzione obbligatoria della velocità delle navi a 10 nodi e l’applicazione di tecniche di rilevamento, per ridurre al minimo  il rischio di collisioni tra navi e grandi cetacei».

In questo progetto è fondamentale l'impegno comunitario: «La Pianificazione dello Spazio marittimo, a che l’Europa ci chiede di impostare attraverso una apposita Direttiva Europea è lo strumento attraverso il quale pianificare in maniera integrata ed ecosistemica gli obiettivi di tutela dell’ambiente marino e delle sue risorse, garantendo contemporaneamente un’economia blu veramente sostenibile». Ma per una sua implementazione efficace il Wwf chiede «una maggiore collaborazione e sinergia tra tutte le istituzioni, dal Ministero per l’Ambiente e la Sicurezza Energetica, al Ministero per l’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministero degli Affari Esteri, e, soprattutto, una maggiore cooperazione con la società civile».

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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