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18 Gennaio 2023
10:46

Il disturbo geomagnetico disorienta e fa smarrire gli uccelli migratori

Gli scienziati hanno appena scoperto le ragioni che spingono molte specie di uccelli a perdersi durante la loro stagione migratoria, fenomeno che spiega anche la comune presenza di specie accidentali nelle catture di inanellamento.

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Gli uccelli migratori hanno da sempre affascinato le menti degli osservatori più fini. Il lungo viaggio di andata e ritorno di moltissime specie ha infatti catturato l'attenzione di tanti celebri naturalisti e pensatori, che nello stile di vita di questi animali spesso hanno trovato un senso al loro personale vagabondare. Ad incutere però la massima curiosità nel tempo è stato il come le stesse specie riuscissero ad orientarsi anche dopo molto tempo, non essendo dotate di nessuno strumento o della capacità del linguaggio per trarre la giusta direzione dall'ambiente circostante.

Invero, qualche anno fa la scienza è riuscita a formulare in realtà una spiegazione che svelasse il segreto che si nasconde dietro alla migrazione annuale degli uccelli. E tale segreto era da ricercarsi all'interno dei loro occhi e del loro cervello, capaci di sfruttare il magnetismo terrestre per trarre le giuste indicazioni "stradali" verso il loro reale obiettivo. Fece infatti scalpore dodici anni fa la pubblicazione dell'articolo che spiegò definitivamente il meccanismo di magnotorecezione della retina degli uccelli, che gli permette di individuare costantemente il nord magnetico terrestre grazie alla presenza di alcune proteine magnetorecettive molto speciali nell'occhio.

Qualche giorno fa però è uscita un'ulteriore scoperta, che tende a spiegare perché talvolta gli uccelli sembrano perdere "la bussola".

La ricerca è stata pubblicata su Scientific reports ed è stata guidata da alcuni scienziati del Dipartimento di Ecologia e Biologia Evoluzionistica dell'Università della California di Los Angeles. Nel loro studio, in particolare, i ricercatori hanno principalmente indagato come mai in quasi tutte le stagioni migratorie, in Europa come in Africa o negli Stati Uniti, si segnali sempre più spesso la presenza delle cosiddette specie accidentali, ovvero quelle specie impreviste che capitano in una determinata zona in modo sporadico o non fanno parte completamente della fauna stagionale, essendo al di fuori del loro contesto ecogeografico di parecchi chilometri.

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«Gli errori di orientamento o di navigazione sono considerati un potenziale motore di questo fenomeno» scrivono nel loro articolo gli scienziati americani, tentando di spiegare le ragioni di questi avvistamenti. «Gli uccelli migratori utilizzano difatti il campo magnetico terrestre, rilevato mediante strutture magnetorecettrici specializzate, per percorrere lunghe distanze su terreni spesso sconosciuti. L‘interruzione di questi magnetorecettori o del campo magnetico stesso potrebbe però potenzialmente causare errori che portano al vagabondaggio». E come si sa, il vagabondare senza meta conduce a perdersi, a quanto pare sia per gli umani che per gli uccelli.

Come però sono riusciti a trarre le prove di questi errori di captazione nel complesso sistema magnetorecettoriale degli uccelli? Utilizzando in pratica una montagna di dati, provenienti da circa 2 milioni di catture di ben 152 specie differenti di uccelli terrestri del Nord America (ci sono voluti ben 60 anni di campionamenti per ottenere questo risultato), gli scienziati hanno dimostrato la forte associazione esistente tra l'interruzione del campo magnetico terrestre – dovuto a tempeste geomagnetiche che influenzano le latitudini più elevate – e la presenza di specie accidentali, che solitamente compiono lunghi viaggi, durante la stagione migratoria autunnale.

«Inoltre» continuano i ricercatori, parlando delle specie migratrici di medio e piccolo raggio, «scopriamo che l'aumento dell'attività solare, in teoria un disgregatore del sistema magnetorecettoriale degli uccelli, generalmente contrasta paradossalmente questo effetto, mitigando il disorientamento disabilitando la capacità degli uccelli di utilizzare il campo magnetico per orientarsi». In pratica, per quanto le tempeste solari potrebbero in realtà causare elevati danni nel sistema di captazione magnetica di alcune specie di uccelli, la sua presenza mitiga l'effetto sbandamento della migrazione, poiché conduce gli uccelli a compiere delle scelte basate esclusivamente sulla "vista normale" e il paesaggio naturale. Sarebbe invece l‘alterazione endogena del campo magnetico terrestre, legata alle proprietà geofisiche del nostro pianeta e a fluttuazioni naturali sulla superficie, che condurrebbe invece gli animali a perdere la strada, ritrovandosi una bussola che invece di puntare verso nord è rivolta verso un'altra direzione.

Tra l'altro è stato già dimostrato tramite studi di laboratorio e sul campo che gli uccelli migratori subiscono cambiamenti comportamentali basati sulla manipolazione di segnali magnetici. Gli uccelli infatti collocati in campi magnetici alterati o che vengono esposti a rumori a radiofrequenza provenienti da antenne radio civili e militari presentano un comportamento che molti ornitologi definiscono bizzarro, prendendo direzioni errate, volando in tondo e perdendo definitivamente il senso dell'orientamento quando stremati si dirigono al suolo, per riposarsi.

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Ai biologi dunque è bastato abbinare i dati prelevati durante le catture di 60 anni di campagne di inanellamento, una tecnica di studio che vi abbiamo già raccontato e che prevede l'apposizione di un anellino identificativo con un codice sulle zampe degli uccelli. Hanno poi utilizzato anche i record relativi alle tempeste solari registrate dai satelliti e alle alterazioni endogeni/locali del campo magnetico terrestre per osservare una correlazione sufficientemente esplicita da poter confermare il modello.

«Abbiamo scoperto, con grande sicurezza, che il vagabondaggio tra gli uccelli terrestri nordamericani è associato a un aumento del disturbo geomagnetico nella stagione migratoria autunnale, suggerendo che gli errori di orientamento contribuiscono alla perdita di orientamento nella maggior parte delle specie nel nostro set di dati» concludono gli sviluppatori. «Abbiamo così ipotizzato che le specie che migrano per più tempo e più a lungo sarebbero più sensibili alle interruzioni del campo magnetico. I migranti a lunga distanza probabilmente si affidano infatti maggiormente a segnali magnetici durante la navigazione e commettono più errori consequenziali durante i voli successivi a lunga distanza rispetto a quelli dei migranti a breve distanza. Abbiamo infine anche ipotizzato che le specie che si riproducono più vicino ai poli mostrerebbero una maggiore sensibilità ai disturbi geomagnetici perché sarebbero soggette alle perturbazioni più estreme del campo magnetico presente alle alte latitudini».

In realtà non a tutte le specie migratorie l'attività solare può costituire un vantaggio durante la migrazione. Poiché infatti la radiofrequenza solare potenzialmente destabilizzante colpisce principalmente un solo lato della Terra durante il giorno, i migranti diurni potrebbero venirne influenzati negativamente quando si presenta un aumento dell'attività solare, divenendo così uno svantaggio per quanto riguarda i migranti diurni, ma un vantaggio per le specie che migrano di notte, che seppur "rese cieche" dal punto di vista magnetico, correrebbero meno pericoli nel perdersi.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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