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8 Gennaio 2024
12:34

Gli uccelli che in Sila ci aiutano a tenere sotto controllo il numero delle processionarie

Le processionarie stanno creando parecchi danni alle pinete di tutto il bacino del Mediterraneo, ma dalla Sila arrivano osservazioni e studi che confermano l'utilissimo ruolo di cinciallegre e altri uccelli come antagonisti dell'insetto fitofago.

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L'aumento delle processionarie del pino (Thaumetopoea pityocampa) è un fenomeno che colpisce molte foreste e parchi d'Italia e fra i territori maggiormente coinvolti del Mezzogiorno c'è il Parco Nazionale della Sila. Questo piccolo lepidottero si è così tanto espanso che recentemente alcuni suoi nidi sono stati ritrovati anche a oltre 1.900 metri di quota, a Montenero, dove gli scienziati pensavano che non sarebbe mai arrivato per via del clima ostile. Non tutto però sembra perduto e un aiuto nel tenere sotto controllo questa piccola falena sta arrivando da alcuni predatori alati, come la cinciallegra (Parus major), l'upupa (Upupa epops), il cuculo (Cuculus canorus), il succiacapre (Caprimulgus europaeus) e il gruccione (Merops apiaster).

A confermare questo fenomeno sono alcuni studi ed osservazioni effettuate da Gianluca Congi, vicepresidente della Società Ornitologica Italiana e coordinatore del GLC LIPU della Sila. Congi, nel corso dell'estate del 2022, mentre era intento a studiare i gruccioni durante il loro periodo di nidificazione, ha infatti scoperto che questi uccelli possono alimentarsi degli adulti di processionaria in sfarfallamento, portandole poi in pasto ai pulli. Nel dicembre scorso, invece, ha inoltre anche fotografato alcune cinciallegre intente catturarne e a mangiare i bruchi tra fronde degli alberi.

«Il dato della predazione da parte del gruccione è un dato inedito – spiega a Kodami l'ornitologo – In merito a queste informazioni sono stati avviati diversi contatti anche con l'assessorato regionale alla forestazione e con alcuni studiosi spagnoli del progetto Prowarm, che ha come obiettivo la comprensione dei cambiamenti spazio-temporali delle defogliazioni provocate dalla processionaria nel Mediterraneo, grazie anche alle interlocuzioni con l'ente Parco Nazionale della Sila».

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Bruchi di processionaria

Questi risultati hanno permesso a Congi di pubblicare i suoi studi sulla rivista di ornitologia “Gli uccelli d’Italia”, oltre che a focalizzare l'attenzione dei biologi sul ruolo ecologico di questi animali, potenzialmente utile per mantenere le popolazioni di processionaria sotto controllo. Per quale regione però questo insetto è così tanto temuto? Questa specie è nota per essere uno dei più importanti insetti fitofagi e per via del suo "tocco urticante. Il suo corpo è infatti ricoperto da una peluria che scatena una reazione cutanea infiammatoria molto potente sia fra gli animali domestici che nell'uomo.

I fili seriacei con cui coprono i loro bozzoli e i loro nidi possono inoltre rendere l'aspetto degli alberi simile a quello di grosse ragnatele, provocando ulteriori danni alla struttura fogliare dei rami, mentre sempre i loro "peli", se dispersi nell'aria, possono provocare anche crisi allergiche. Gli scienziati in realtà stanno ancora cercando di capire perché le popolazioni di questa specie stanno crescendo demograficamente in tutto il Mediterraneo, persino in inverno, quando in teoria il ciclo biologico annuale della specie dovrebbe far sì che i bruchi rallentino il proprio metabolismo.

La teoria più accettata dagli scienziati afferma però che a causare questi ripetuti boom demografici invernali siano i cambiamenti climatici. Le temperature particolarmente alte delle ultime settimane, per esempio, insieme all'assenza di neve, hanno infatti permesso ai bruchi di questa specie di resistere a lungo lontano dai loro nidi anche oltre il periodo tardo autunnale. Ciò ha comportato che le processionarie non solo hanno avuto più possibilità di girovagare fra i boschi, ma ha anche permesso agli adulti di produrre più uova e ai bruchi di mangiare per più tempo fra le fronde degli alberi.

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Coppia di gruccione in Sila. Foto di Gianluca Congi

Ovviamente è ancora un po' presto per considerare queste specie autoctone come strumento efficace per contenere la processionaria, affermano gli ornitologi «Mi preme sottolineare che il gruccione e le altre specie presenti sui monti della Sila non sono la soluzione al problema delle processionarie». Le loro colonie, infatti, sono ancora troppo piccole per affrontare questa sfida contro l'insetto fitofago, che si è diffuso in un territorio abbastanza vasto. Il gruccione, tra l'altro, fino a un decennio fa sulla Sila veniva considerato solo una specie migratrice, dunque la sua popolazione è davvero ridotta.

Come spiega Congi, purtroppo, liberare o introdurre massicciamente queste specie di uccelli in un territorio – come vorrebbero alcuni non addetti ai lavori – per iniziare attivamente "la lotta" contro le processionarie, non è così semplice. Per prima cosa, è molto difficile allevare questi piccoli uccelli insettivori. Prelevarli dalla natura non fattibile né etico e potrebbe causare anche parecchi danni ambientali. Inoltre, tutte le specie di cui si sta parlando sono strettamente protette, sia a livello nazionale che internazionale: «Queste specie hanno adattamenti, tecniche e modalità di predazione sulla processionaria completamente diverse e sono alleati naturali presenti in natura all'interno dei nostri boschi e nelle nostre campagne. Tuttavia, voglio sottolineare che sono tutte specie protette dalla legge, per cui è severamente vietato catturarli, detenerli o ucciderli».

Infine, per poter a considerare le cince, i gruccioni, i cuculi e gli altri uccelli insettivori all'interno di un eventuale piano di lotta biologica, gli esperti dovrebbe compiere altri studi molto approfonditi, perché non è semplice prevedere l'impatto di queste specie in un ecosistema. «Quello che sappiamo è che i cambiamenti climatici favoriscono inevitabilmente la diffusione della processionaria del pino, paradossalmente anche nelle aree in quota – afferma Congi. – Lo dicono diversi studi condotti sull'insetto e pare che anche l'azione di alcuni antagonisti naturali importanti (come l’imenottero Ooencyrtus pityocampae, che parassita le uova delle processionarie n.d.r.) siano molto influenzati da questi fattori. In alcune zone, per incentivare la crescita dei suoi predatori locali, si potrebbe però al momento pensare di installare delle cassette nido, per favorire la loro nidificazione». Un’operazione certamente più semplice e sostenibile anche dal punto di vista economico.

Come fanno però queste specie a predare una specie così tanto urticante come la processionaria del pino? Per capire il loro segreto, basta osservare questi uccelli mentre mangiano, affermano gli ornitologi. Le cince si cibano delle larve e la cinciallegra in particolare è capace di forare il loro nido. Questi uccelli sono anche capaci di ribaltare i bruchi e di mangiargli a partire dal ventre, privo di peli urticanti. Il cuculo, invece, ingerisce le larve per intero, in quanto dotato di un esofago capace di resistere all'azione infiammatoria ed urticante dei bruchi. Mentre l'upupa può predare le crisalidi, cercandole direttamente nel terreno.

Il succiacapre, infine, preferisce invece cacciare gli adulti in sfarfallamento durante le ore notturne. E l'ornitologo Congi ha visto tutti questi uccelli in azione contro le processionarie nel territorio di Acri e San Giovanni in Fiore, nel cosentino e a Savelli nel crotonese.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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