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2 Dicembre 2021
13:06

Così gli ibridi coyote-lupo gettano nuova luce sul nostro rapporto con i Neanderthal

Uno studio comparato sugli scheletri di numerosi ibridi di mammiferi, in particolar modo appartenenti a "coywolf", ibridi tra lupi e coyote molto diffusi in nord America, ci permette di comprendere meglio un capitolo oscuro della nostra storia evolutiva.

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Il concetto di specie è, pur nella sua immediatezza, una delle controversie più accese della biologia. Nella maggioranza degli organismi viventi, la distinzione tra una specie ed un'altra può sembrare un'operazione semplice e addirittura banale: il panda, ad esempio, è un'entità biologica ben riconoscibile, molto diversa dalle altre specie di orso e su cui davvero non ci si può sbagliare. Vi sono casi in cui tuttavia le differenze morfologiche tra due specie affini sono così sottili da rendere impossibile la distinzione.

Un team di ricerca internazionale capitanato dal dott. Lauren Schroeder ha indagato su possibili tratti distintivi comuni ad ibridi di specie diverse nei mammiferi, concentrandosi in particolar modo sugli ibridi  tra coyote e lupo, sempre più frequenti in tutto il nord America. Individuare tali caratteristiche permetterebbe di ottenere un utile strumento per riconoscere gli incroci nel record fossile, anche in relazione alla nostra storia evolutiva.

Il coywolf e la definizione di specie

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Un immaginario ibrido conigliogatto

Per definizione, organismi appartenenti alla stessa specie possono incrociarsi generando prole fertile, mentre organismi appartenenti a specie diverse ma simili (difficile pensare di fare accoppiare un leone ed una pinguina imperatrice), come asino e cavalla, possono generare figli ma questi ultimi saranno sterili come il mulo.

Tutto vero, in teoria. In pratica la natura certe volte mal si adatta alle nostre definizioni e categorizzazioni umane. Sono molte le specie affini la cui ibridazione porta ad individui del tutto capaci di riprodursi a loro volta, portando con successo il loro mix di geni alla generazione successiva, come nel caso di coyote e lupi.

Questi ibridi canini soprannominati "coywolf" vivono in un'ampia fascia del nord-est del Nord America e presentano nel loro DNA tracce di coyote, lupi e persino cani domestici. Non sono un fenomeno moderno, si conoscono infatti dall'inizio del secolo scorso e la loro nascita è probabilmente stata favorita dagli eccidi di lupi grigi e dal disboscamento di  quegli anni che hanno portato all'espansione dei coyote ed a maggiori contatti tra le due specie.

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I coywolf tendono ad essere di dimensioni maggiori dei coyote e ad assumere comportamenti intermedi tra le due specie, come nell'ululato dai profondi toni da lupo ma terminanti in latrati da coyote. Il motivo per cui questi animali non vengono considerati come una specie a sé stante consiste nel fatto che non esiste una sola tipologia di coywolf, ma ogni popolazione ha caratteristiche uniche.

Studi comparati su ibridi di varie specie di mammiferi

Un articolo pubblicato su Journal of Morphology analizza alcuni tratti comuni presenti nei coywolf comparandoli con altri esempi di ibridazione di mammiferi, compresa la nostra specie. È risaputo infatti che Homo sapiens all'inizio della sua storia evolutiva si sia in vari gradi ibridato con specie a noi molto vicine, come Homo neanderthalensis.

I ricercatori hanno esaminato più di 400 teschi di coywolf conservati nella collezione del Museo di Stato di New York ad Albany. Molti di questi animali avevano denti extra e affollamento dentale e presentavano inoltre anomalie significative nelle suture del cranio: i solchi poco profondi nelle ossa craniche che sono flessibili al momento della nascita per facilitare il parto nei mammiferi, ma si fondono durante lo sviluppo. Questi tratti sono causati principalmente dalla mancata corrispondenza delle dimensioni tra le due specie: un lupo è molto più grande di un coyote. Altre anomalie sembrano invece essere comuni a tutte le popolazioni ibride esaminate, come babbuini, gnu e topi,  una sorta di "firma degli ibridi".

Una conoscenza più profonda di questi tratti arricchirebbe la nostra comprensione dei reperti fossili e potrebbe avere implicazioni significative sul modo in cui i paleoantropologi interpretano la storia evolutiva umana.

In media, il 2% del DNA di tutti gli esseri umani non africani di oggi è materiale genetico ereditato dai Neanderthal. Non sappiamo tuttavia in che punto preciso della nostra storia sia avvenuta l'ibridazione con i nostri cugini neanderthaliani, se in un passato remoto o più di recente. Sebbene prove attuali attestino questo evento in un periodo compreso tra 50mila e 60mila anni fa in Medio Oriente, individuare le "firme degli ibridi" nei resti umani antichi potrebbe aiutarci a datare con più precisione tali avvenimenti. Vi sono inoltre da scandagliare le possibili interazioni tra la nostra ed altre specie di homo, come i Denisova.

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