Cosa ci dice il drago barbuto sul cervello dei mammiferi

Il cervello di un mammifero non è una versione "migliorata" di quello di un rettile, ma entrambi i gruppi animali possiedono strutture celebrali molto diverse nonostante partano da un antenato comune.

6 Settembre 2022
18:06
8 condivisioni
Immagine

Il cervello di un mammifero non è una versione "migliorata" di quello di un rettile: entrambi i gruppi animali possiedono strutture celebrali con vie molecolari e tipi di neuroni molto diversi. Questa la recente scoperta dei ricercatori del Max Planck Institute che per i loro studi evolutivi hanno dovuto scomodare persino un "drago", o per meglio dire, un drago barbuto (Pogona vitticeps).

Un drago barbuto è notevolmente diverso da quello che miti e leggende hanno costruito nel nostro immaginario collettivo per secoli. In confronto al gigantesco Syrax, il drago di Rhaenyra Targaryen protagonista della serie House of Dragons, il piccolo rettile potrebbe sembrare una minuscola formica. Non per questo, però, la sua storia evolutiva è meno interessante, anzi.

Lo studio pubblicato su Science dal Max Planck Institute dona una nuova luce alla discendenza di questo animale e fornisce nuovi elementi per comprendere meglio la relazione fra rettili e mammiferi, spesso poco compresa. È una credenza comune, infatti, che il cervello dei mammiferi sia la versione “migliorata” di quello di un rettile, ovvero lo stesso organo che, nel corso dell'evoluzione, ha acquisito nuove strutture e funzioni, ma questa ricerca racconta un'altra storia.

Il drago barbuto

Immagine

"Scomodare un drago" è un'azione avventata anche per il più coraggioso cavaliere, ma è stato un elemento essenziale in questo studio. Il drago barbuto, infatti, fa parte della famiglia degli agamidi che comprende più di 300 specie distribuite prevalentemente in Africa, Asia ed Australia ed alcune parti dell'Europa meridionale. Fanno anche parte degli Squamata, un ordine dalla posizione sull'albero filogenetico molto interessante. Gli scienziati, infatti, ritengono che questo gruppo di animali sia molto antico, essendosi originato nel Giurassico inferiore, circa 201 milioni di anni fa.

Come detto prima non sono affatto rettili giganti e gli adulti di questa specie possono raggiungere a malapena i 60 centimetri, con la coda che rappresenta più di metà della lunghezza totale. Sono abili arrampicatori e spesso trascorrono molto tempo appollaiati sugli alberi, sui pali delle recinzioni o su alti cespugli. Trascorrono la mattina e la prima parte della sera effettuando un'attività chiamata "basking", ovvero prendendo il sole per poter regolare la loro temperatura corporea.

Il cervello del drago barbuto e del topo a confronto

Lo studio, quindi, ha preso in esame un meraviglioso rettile con un'invidiabile discendenza di milioni di anni, mettendolo a confronto con i mammiferi, animali altrettanto antichi. Anche i primi mammiferi, infatti, sono comparsi sul palcoscenico della Terra circa 200 milioni di anni fa e i due gruppi condividono radici evolutive comuni, anche se le loro "strade" hanno iniziato a divergere centinaia di milioni di anni fa.

Più in particolare la ricerca si è focalizzata sul confronto fra il cervello del drago barbuto e dei topi, avvalendosi di una tecnica di analisi molecolare chiamata RNA tanscrittasi. Così facendo gli scienziati hanno scoperto oltre 280.000 cellule nel rettile e identificato 233 tipi distinti di neuroni, formando un vero e proprio "catalogo molecolare". Lo studio ha rivelato, dunque, come entrambi i cervelli abbiano delle strutture ancestrali simili derivanti da un antenato comune che ha dato origine ai due gruppi. Nel corso dell'evoluzione, però, i due hanno preso strade diverse, formando strutture del cervello che si sono sviluppate autonomamente e che differiscono sostanzialmente.

In sostanza il cervello dei mammiferi non è un “upgrade” di quello dei rettili come si è creduto per molto tempo, ma entrambi hanno fatto percorsi evolutivi diversi. Questa nuova conoscenza si aggiunge a una corrente di pensiero sull'evoluzione che negli ultimi anni fa da padrone nel panorama scientifico. L'evoluzione delle specie è un fenomeno complesso e l'albero evolutivo, in realtà, non ha rami più alti che scendono gradualmente come in un abete, ma è più simile a un cespuglio, dove ogni ramo è stato modellato dalle pressioni evolutive dei millenni.

Sfondo autopromo
Segui Kodami sui canali social
api url views