episodio 12

Come fa lo stambecco a sfidare la gravità

La straordinaria abilità degli stambecchi è un vero e proprio spettacolo. Dai loro adattamenti unici alle ragioni che li spingono a scalare le vette più alte, come la ricerca instancabile di sale. È una specie unica che il nostro Paese non ha mai fatto scomparire.

22 Gennaio 2024
17:07
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Le capacità straordinarie degli stambecchi nel rimanere aggrappati alle vette più ripide non solo sfidano apparentemente le leggi della gravità ma la cosa ancor più particolare sono i motivi per cui scalano pareti rocciose impervie. E uno di questo vi stupirà: il sale.

In primo luogo, questa audace ascesa serve come difesa contro i predatori dato che, a quelle altitudini, sono praticamente gli unici ad arrivare. Nel periodo primaverile, lo stambecco può raggiungere addirittura la quota di 3.200 metri. Una delle ragioni che li spinge così in alto è la ricerca di un ambiente più fresco.

Immaginate uno stambecco in fuga da lupi o linci su pareti praticamente verticali: una visione impensabile, considerando la flessibilità e la velocità con cui si muovono. Nonostante il loro peso superiore ai 100 kg, gli stambecchi sono in grado di correre a una velocità strabiliante di 70 km/h. Questo rende la loro corsa paragonabile a un veicolo che sfreccia sulle superstrade ma, in realtà, avviene su minuscoli frammenti di roccia sdrucciolevole.

Ma la vita in alta quota è tutt'altro che una passeggiata: gli stambecchi devono affrontare sfide significative come slavine, inverni rigidi con limitate risorse alimentari e possibili epidemie. Tra i pochi predatori capaci di disturbare questa armonia, l'aquila reale emerge come una minaccia significativa, soprattutto quando si tratta di proteggere i piccoli. Questi ultimi vengono portati a quote più elevate dalle madri, un atto di precauzione che dimostra quanto la vita in montagna sia una costante lotta per la sopravvivenza.

Perché gli stambecchi mangiano il sale?

Gli stambecchi si arrampicano per andare in cerca di sale. Questa specie, che è capace di ingerire ben 15 kg al giorno di erba, è infatti anche golosissima di sale, precisamente di sodio, che a loro è necessario – molto più dell'uomo – per regolare le funzioni cellulari. In particolare quello che leccano sulle montagne è il salnitro. Questo sale deve la sua presenza in montagna all'acqua sotterranea che, risalendo ed evaporando, deposita cristalli bianchi di salnitro che attirano gli stambecchi. Per questo è anche facile trovarli appesi letteralmente sulle pareti umide delle dighe.

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Per capire però come riescono a stare in equilibrio su queste pareti dobbiamo analizzare differenti adattamenti di questa specie.

Le corna dello stambecco

Gli stambecchi, classificati nel genere Capra, si distinguono per le loro corna che si incurvano verso l'esterno e poi all'indietro, raggiungendo anche un metro di lunghezza. Questa caratteristica, presente soprattutto nei maschi, si rivela utile per difendersi e per altri scopi sorprendenti. Le corna crescono fino ai primi segnali dell'inverno, momento in cui si fermano per concentrare le energie nella resistenza alle temperature rigide durante la scalata tra i 1600 e i 3000 metri.

Ogni "pausa invernale" lascia un segno sulle corna, una incisione nella parte posteriore, che insieme alle nodosità anteriori forma una specie di anello. Gli anelli complessivi possono essere usati per determinare l'età dell'animale.

Queste corna svolgono anche un ruolo fondamentale nelle competizioni intraspecifiche, durante le quali i maschi si sfidano per cibo, femmine e territorio. La parata delle corna è un elemento caratteristico di questi complessi rituali e la loro grandezza, peso e compattezza permettono loro di controllare efficacemente la testa dell'avversario durante gli scontri. Inoltre, le corna sono utili strumenti per grattarsi durante la muta, quando il prurito per questi animali diventa insopportabile.

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Nel corso dell'evoluzione, queste appendici si sono dimostrate utili per un altro ruolo: come bilancieri. L'ampio peso della scatola cranica rischia di far sbilanciare gli stambecchi in avanti, ma grazie alle corna sempre più imponenti, il baricentro si è spostato verso il basso, garantendo un perfetto equilibrio mentre si spostano su terreni accidentati e ripidi. In questo modo, le corna diventano strumenti di bilanciamento essenziali, analoghi ai bastoni dei funamboli, consentendo agli stambecchi di sfidare le leggi di gravità nelle loro ardite scalate.

Gli zoccoli degli stambecchi

Sebbene il camoscio possa essere il campione indiscusso in questa categoria, gli zoccoli dello stambecco meritano senza dubbio un'attenzione particolare. Per comprendere appieno la loro straordinaria funzionalità immaginate di raschiare un righello o qualsiasi altro oggetto di plastica su una roccia: il bordo si rovinerà, diventando frastagliato anziché rimanere liscio. Questa è l'analogia per illustrare la struttura degli zoccoli degli stambecchi, realizzati in corno duro irregolare e frastagliato.

Questi zoccoli sono progettati per garantire una presa salda e prevenire lo scivolamento durante le audaci ascensioni degli stambecchi. La parte esterna, con bordi frastagliati, si adatta alle asperità della roccia, creando una superficie antiscivolo. D'altra parte, la parte interna nota come "fettone", è morbida e liscia al tatto, quasi simile alla plastilina. Quando preme contro la roccia questa parte si attacca saldamente, modellandosi e offrendo un'aderenza straordinaria. Questa caratteristica è fondamentale per il successo delle loro arrampicate: se la superficie interna fosse dura come una pietra, gli stambecchi non riuscirebbero ad aggrapparsi in modo efficace e scivolerebbero.

In sintesi, possiamo considerare gli zoccoli degli stambecchi come delle "suole speciali". Le due unghie presenti su ciascun zoccolo sono in grado persino di aggrapparsi a leggere differenze di altezza, adattandosi alle irregolarità della superficie rocciosa con sorprendente precisione. Questa adattabilità è essenziale per affrontare con successo le sfide presentate dai terreni accidentati e verticali che gli stambecchi sono abituati a conquistare.

La storia dello stambecco in Italia

L'habitat roccioso degli stambecchi, se da un lato rappresenta il loro regno inarrivabile, dall'altro ha influito negativamente quando hanno dovuto affrontare la presenza dell'uomo cacciatore. Osservando il profilo di una montagna, la loro silhouette spicca chiaramente, come quando scendono di quota in primavera per pascolare nei prati rigogliosi. Tuttavia, questo spazio aperto li ha resi vulnerabili, e nel 1800 la loro popolazione alpina contava meno di 100 esemplari. È importante notare che quando ci riferiamo agli stambecchi alpini in Italia, ci stiamo concentrando sulla specie specifica chiamata Capra ibex.

La svolta cruciale per la sopravvivenza di questi magnifici animali giunse nel 1821, grazie all'intervento di Joseph De la Pierre, ispettore forestale della Val d'Aosta. Convinto della necessità di proteggere gli stambecchi rimasti, riuscì a persuadere il sovrano dell'epoca, Vittorio Emanuele II, a promulgare una legge che vietasse la caccia a questi pochi individui. Il re, oltre a questo provvedimento, decise persino di istituire una riserva personale di caccia. Nonostante questa iniziativa possa essere oggetto di discussione, il risultato fu la salvaguardia degli stambecchi nella zona. La presenza di guardie forestali e di sorveglianza nella riserva reale dissuase altri cacciatori dall'avvicinarsi, dimostrandosi fondamentale per la sopravvivenza della specie in Valle d'Aosta. Ad oggi, questa regione è l'unica in tutto l'Arco alpino in cui gli stambecchi alpini non sono mai scomparsi in tempi storici.

La storia si intreccia con la conservazione, e la peculiarità di questo contesto ha portato il Parco Nazionale del Gran Paradiso a eleggere lo stambecco alpino come suo simbolo. Quella che un tempo era la Riserva reale di caccia del re "Gran Paradiso" si è trasformata, nel 1922, nel Parco Nazionale che oggi conosciamo. Va notato che, a parte quella del Parco, tutte le altre popolazioni attuali di stambecco alpino sono il risultato di reintroduzioni o introduzioni.

Negli anni 90, la popolazione complessiva di stambecchi alpini contava circa 30.000 individui, di cui 9.700 in Italia. Un risultato notevole ottenuto grazie agli sforzi dedicati alla conservazione di questa straordinaria specie.

L'incontro selvaggio con lo stambecco

Non è affatto insolito trovarsi faccia a faccia con questi magnifici animali. Nel video sopra mostriamo l'incontro tra alcuni ragazzi e un individuo maschio di questa specie in un suggestivo valico alpino che collega la Valle del Lys con la Val d'Ayas, nelle vicinanze di Gressoney. La loro prudenza e rispetto sono stati evidenti, come dimostra la sagace raccomandazione che un ragazzo fa ad un suo amico di non tirare per alcun motivo fuori il cibo.

È corretto evitare di farlo, poiché il mantenimento di una certa distanza è cruciale per il benessere sia dell'animale che del nostro. Gli animali selvatici, quando non vengono disturbati, generalmente non si avvicinano facilmente. Mantenere una distanza rispettosa aiuta a preservare la loro paura nei confronti degli esseri umani.

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Un secondo punto chiave del video è l'atteggiamento prudente dei ragazzi nel non avvicinarsi né dare alcun motivo all'animale per farlo. A volte, la volontà di catturare un'immagine può farci dimenticare il buon senso. In questi momenti è essenziale ammirare gli animali a distanza e in questo caso lo zoom della telecamera è stato perfetto per ottenere il video desiderato senza causare stress all'animale.

Capita spesso di incontrare stambecchi sul sentiero e questa specie non è particolarmente timorosa dell'uomo. Se non è possibile aggirarli, è consigliabile procedere con calma, facendo notare la nostra presenza per permettere all'animale di allontanarsi tranquillamente, come mostrato nel video.

Gli stambecchi e gli incontri con i cani

Un aspetto cruciale da considerare è la presenza di cani. Mentre gli stambecchi sono generalmente pacifici nei confronti degli esseri umani, il nostro amico a quattro zampe potrebbe essere scambiato per un predatore, innescando una reazione difensiva da parte degli stambecchi. In zone dove è nota la presenza di animali selvatici, mantenere il cane al guinzaglio è una regola aurea. Evitare di far puntare lo stambecco al cane è altrettanto importante, poiché l'animale potrebbe avvicinarsi per difendere il territorio.

Se ci trovassimo in una situazione di allarme, è consigliabile allontanarsi immediatamente. Inoltre, durante la stagione degli amori (tra novembre e gennaio) e in tarda primavera con le femmine con cuccioli, è opportuno essere particolarmente cauti. Se noi sappiamo comportarci, gli stambecchi sono abituati a condividere il loro habitat finché non vengono minacciati.

Sono una ragazza che dopo qualche anno di veterinaria ha scoperto la sua passione: lo studio del comportamento degli animali, incluso l'uomo, in un'ottica comparata. Questa scienza, ancora sconosciuta, si chiama "Etologia" e mi aiuta a non smettere mai di conoscere cose sulla natura, sugli animali, su di noi e sulla nostra storia.
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