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4 Marzo 2022
10:39

Bioparque La Reserva, l’ultima opportunità di vita degli animali selvatici confiscati ai trafficanti

Il Bioparque La Reserva, in Colombia, è una splendida oasi verde, dove un gruppo di studiosi e di ricercatori si prende cura di un centinaio di animali confiscati e salvati dai traffici illegali.

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Seduto su un tronco di legno sotto un sole implacabile, un bambino di circa otto anni alza con entusiasmo la mano e chiede: «Signora, perché quel “re avvoltoio” ha quei buchi sulla testa?».

L’esperta ambientale, guardando l'enorme uccello zoppicante che cerca di raggiungere a fatica un pezzo di carne, risponde: «Ti ricordi quando ti ho detto che gli animali che sono qui sono stati salvati da varie reti di trafficanti? Ecco, non sappiamo esattamente cosa sia successo loro, ma sappiamo per certo che non sono stati trattati bene. E sappiamo che quei buchi non sono affatto normali e non dovrebbero esserci».

Il bimbo interessato alla natura è in escursione con la classe nel Bioparque La Reserva, a Cota, a circa 30 chilometri da Bogotá. Si tratta di un labirinto verde di 1,5 ettari edificati e 19 di riserva, in cui gli spazi sono stati creati imitando l'umidità, la temperatura e gli odori specifici di sette degli ecosistemi tipici del Paese sudamericano, dalla foresta pluviale tropicale all'alta foresta andina.

In questo splendido giardino, il fondatore e direttore Iván Lozano insieme a un gruppo di ricercatori, si prendono cura di un centinaio di animali confiscati e salvati dai traffici illegali che, dopo i maltrattamenti ricevuti, non sarebbero stati più capaci di sopravvivere nel loro habitat naturale. Qui, invece, gli animali trovano riparo e assistenza e, questo angolo di Paradiso, è per loro la seconda e ultima opportunità di vita.

Questa oasi protetta nasce nel 2008, ma con il tempo, è diventata anche un centro di studio, in cui gli esperti ambientali accolgono gli studenti per insegnare loro l'importanza di difendere l'equilibrio ambientale dall'azione dell'uomo. Ma non solo, perché le lezioni hanno anche un altro ambizioso obiettivo: che i ragazzi, imparando sul campo a distinguere le specie, a capire come vivono e quali necessità hanno, accrescano la loro sensibilità ecologica.

Non è facile, però, gestire il parco. Perché tutti gli animali arrivano in pessime condizioni, sono malnutriti, drogati, feriti. C’è il pappagallo che si strappa le piume, il tucano con il becco spezzato e il gufo senza ali. E tutti hanno bisogno di cure e attenzioni particolari. Motivo per cui il numero degli animali accolti nel Bioparque è limitato.

Per Lozano, infatti, regola inviolabile è garantire standard di sicurezza ottimali, cosa possibile solo non affollando la riserva. Ma tra i suoi obiettivi c'è anche quello di dare risalto alla fauna soprattutto colombiana: «Vogliamo promuovere la conoscenza delle specie locali» spiega. «Non siamo interessati solo agli esemplari esotici. Questo non è uno zoo».

Dal 2008 ad oggi sono stati soccorsi quasi 250 animali che qui, dice ancora il direttore, «muoiono di vecchiaia, perché forniamo loro ciò che può esserci di più simile a “casa” loro».

La Colombia è il secondo paese più ricco di biodiversità al mondo, dopo il Brasile. Tuttavia, il Paese andino, che conta 50 ecosistemi diversi, è anche nel mirino di trafficanti illegali sempre più agguerriti, soprattutto per quanto riguarda l’esportazione di rettili, anfibi e volatili, molto richiesti dal mercato internazionale.

Ma il contrabbando illecito della fauna selvatica, purtroppo, non esiste solo per soddisfare l’estero. Nel paese, infatti, c'è una richiesta locale fortissima di diverse specie utilizzati per realizzare rituali, cure sciamaniche, rimedi farmacologici.

I dati rilevati dal Fondo Patrimonio Natural, organizzazione che si occupa del programma per la lotta al traffico di fauna selvatica, sono esaurienti: nelle aree più colpite, che sono il Pacifico e l'Amazzonia, nell'ultimo semestre del 2021, si sono contati 1.800 individui di 217 specie di animali selvatici sequestrati tra Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia e Brasile.

La maggioranza (43%) erano uccelli, seguiti da mammiferi (37%), rettili (16%) e, in ultimo, pesci e anfibi (3%). Sequestrate anche 1.822 uova, la maggior parte delle quali della tartaruga Taricaya o River Peta (1792), probabilmente destinate al consumo.

Sebbene le politiche anti-tratta siano molto restrittive sulla carta, conservare questo enorme tesoro naturale è un compito difficilissimo. Sia per gli ambientalisti, essendo questa la nazione dove ne vengono uccisi di più, sia per i progetti di conservazione come quello del Bioparque per i quali il governo non contribuisce in alcun modo, ma è tutto sulle spalle dei privati.

Inoltre, c’è un altro grave problema, non meno rilevante: la mancanza di istruzione ambientale del Paese che è ancora lontanissimo dal comprendere quanto la tutela della biodiversità sia fondamentale per il benessere del Pianeta e quindi di tutti.

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Simona Sirianni
Giornalista
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