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3 Luglio 2023
10:07

Presto ci sarà la Luna del Cervo: ma cosa è esattamente?

Nel corso del 2023 questo spettacolo si ripeterà ben quattro volte, a partire dal 3 luglio prossimo. Cosa è però esattamente e da quale mito trae origine il suo nome?

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Lunedì 3 luglio nei nostri cieli sarà possibile osservare uno degli appuntamenti più attesi ogni anno dagli astronomi: la Luna del Cervo: è un particolare fenomeno astronomico che coinvolge il nostro satellite solo poche volte durante 12 mesi e che viene definita anche "fenomeno della Superluna".

Si tratta di una particolare fase di luna piena in cui il moto di rivoluzione del satellite attorno al nostro pianeta, pari a circa 27 giorni, 7 ore, 43 minuti e 12 secondi (il cosiddetto "mese siderale"), spinge i due corpi celesti ad essere più vicini del normale, producendo una luna di maggiori dimensioni nella volta celeste. Durante questa fase la luna risulta anche più luminosa rispetto al solito ed è per questo che è particolarmente apprezzata dagli astrofili: permette di vedere meglio i suoi crateri e le conformazioni dei suoi mari.

Questo fenomeno capita poche volte durante l'anno ma fortunatamente nel 2023 saranno ben 4 le superlune a contendersi l'attenzione degli osservatori, tutte comprese fra l'inizio dell'estate e le prime settimane dell'autunno.

Considerato come uno dei momenti più romantici ed esoterici dell'anno, le notti in cui compaiono le Lune del Cervo secondo il folklore anglosassone ed americano sono frequentate dagli spiriti o dalle streghe. Visto però il chiaro riferimento ai cervidi, quali sono le ragioni che hanno spinto gli antichi bardi a chiamare così queste fasi di luna piena?

Le motivazioni sono molteplici e affondano sia nelle antiche leggende celtiche medioevali che nella biologia di questi stessi animali,  per non parlare di una più antica influenza greo-romana che gli studiosi inglesi e americani tendono a sottovalutare.

Secondo un antico mito celtico che poi passò ai sassoni e alla tradizione inglese, l'inizio dell'estate è contrassegnato dalla crescita dei palchi dei cervi che, dovendo combattere fra di loro per ottenere l'attenzione delle femmine, puntano tutto sulle corna, trascurando persino la propria salute non alimentandosi pur di tenere i palchi puliti e pronti per colpire durante la battaglia.

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Questa parte della leggenda nordica ha un briciolo di verità, visto che durante l'inizio dell'estate in tutta Europa i maschi di cervo nobile (Cervus elaphus), proprio come insegna il mito,  cominciano davvero a cambiare il metabolismo per far crescere i palchi e iniziare a competere con gli altri pretendenti.

Il mito della Luna del Cervo non finisce però qui. Secondo i racconti alcuni esemplari, impressionati dalla bellezza della luna e della sua luce, talvolta rimangono così tanto stupefatti dal suo candore che cominciano a far crescere i palchi a dismisura, tanto da cominciare a ricoprire la superficie del satellite, decidendo di trattenere la luce tutta per sé. Con questo mito gli antichi cercavano di spiegare non tanto il fenomeno della superluna ma le eventuali eclissi lunari che talvolta era possibile osservare in estate e così il nome della specie si è legata all'evento.

L'origine di questo mito e del nome gergale con cui gli anglosassoni definiscono il fenomeno trae origine anche da un'altra tradizione, a noi molto più vicina e cara.

Se infatti andiamo a osservare il Pantheon greco-romano, vedremo che esiste un legame molto più antico fra il comportamento dei cervi e la luna: entrambi erano il simbolo di tre delle dee più amate e desiderate (anche carnalmente) dell'intero mondo classico: Artemide, nota ai romani come Diana – era la dea vergine della luna e degli animali di cui abbiamo raccontato le "gesta" anche su Kodami – e Selene ed Ecate, la prima personificazione della luna piena e la seconda della luna calante. Le tre dee non avevano marito ed era proibito a qualsiasi maschio, dio o uomo, che non siano stati Apollo o Elio, loro fratelli, ad avvicinarsi a loro. Artemide per un certo tempo fu anche identificata come la personificazione della Luna crescente.

Visto il loro ingrato compito di alternare le fasi lunari e di gestire così il ciclo notte e giorno, queste tre divinità con estrema difficoltà riuscivano ad incontrarsi e soprattutto era impossibile per loro avere delle relazioni amorose con altri dei e mortali. Per risolvere quindi il problema, Artemide scelse come simbolo il cervo, simbolo di rinascita e della caccia, mentre Selene ed Ecate scelsero la luce stessa della luna e la fiaccola come simboli del proprio potere.

Trasformandosi nei simboli che raffiguravano il loro potere, così Artemide e le altre dee potevano dunque finalmente incontrarsi quando smettevano d'indossare "i panni della Luna", al termine delle fasi che gli erano state affidate. Artemide mutata quindi in cervo al termine della luna crescente andava a visitare le alture più alte o gli spazi aperti attorno ai boschi per parlare con Selene, mentre quest'ultima governava la luna nelle fasi di plenilunio. Ecate invece s'incarnava nel fuoco ogni qual volta il satellite entrava in fase di novilunio, ovvero quando il satellite risulta del tutto ricoperto dalle tenebre, nel tentativo di cercare le altre dee e d'illuminare il cammino dei cacciatori notturni. Secondo alcune varianti del mito infatti, le tre dee avevano una tresca amorosa e si trasformavano per stare insieme alla fine del loro "lavoro". 

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Nell’arte greca–romana, ma anche in quella rinascimentale e neoclassica, Artemide/Diana veniva sempre rappresentata insieme al suo cervo

La cosa davvero interessante che è possibile notare leggendo questo mito è constatare come anch'esso tragga origine dal diverso comportamento dei cervi durante varie le fasi lunari. È infatti vero che i cervi si radunano presso delle alture sotto al chiaro di luna o che cercano di occupare i pochi spazi aperti, nel cuore delle foreste, nel tentativo di sfruttare la fioca luce notturna che riesce a filtrare dalle fronde degli alberi. Di certo però non lo fanno per comunicare con Selene o per essere posseduti dagli spiriti delle dee, come sostenevano gli antichi.

Le ragioni di questo comportamento sono molto più semplici. I cervi maschi sfruttano le alture, gli spazi aperti e la luce notturna per raccogliere a sé le attenzioni delle potenziali partner. Inoltre durante i raduni osservano meglio i loro competitors e possono persino anche scegliere di controllare il loro territorio. Più che un incontro romantico, quindi, i raduni di cervi durante le notti di luna piena risultano essere un ring in cui i maschi cominciano a sfidarsi a vicenda.

È interessante inoltre notare come gli antichi greci e romani "decisero" di far rappresentare queste dee, optando come loro simboli degli animali maschili, soprattutto considerando il loro forte legame con la caccia e l'amore tra donne che al tempo era poco tollerato, rispetto alle relazioni omosessuali maschili. Ciò potrebbe però alla fin dei conti aiutarci a capire come pensavano questi nostri antenati, a cui siamo particolarmente legati per ragioni storiche e geografiche, quando essi riflettevano sulla religione, la società e l'arte.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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