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17 Marzo 2023
10:19

Le balenottere dell’Antartide sono diventate più piccole per essere più efficienti

Le balenottere minori dell'Antartide sono le più piccole fra tutte quelle presenti sul pianeta. Rispetto, infatti, ad altre specie, hanno dovuto adeguare la loro stazza alle condizioni proibitive presenti al polo sud. Essere troppo grandi avrebbe comportato un dispendio maggiore di risorse e ad una minora efficacia durante la caccia.

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Essere molto grandi talvolta non conviene. In Antartide alcune forme di cetacei hanno infatti cominciato a ridurre le loro dimensioni per essere più efficienti durante la caccia e sotto il punto di vista energetico, in uno dei contesti climatici più estremi e sensibili all'aumento delle temperature indotto dall'uomo.

Secondo uno studio pubblicato su Nature Ecology & Evolution che mette in comparazione le ultime misure effettuate su diverse specie attualmente viventi, le balenottere minori antartiche (Balaenoptera acutorostrata) stanno compiendo "questa scelta", divenendo via via più piccole e meno pesanti rispetto alle loro cugine che vivono nel Pacifico e nell'Atlantico, per affrontare le sfide legate all'ambiente in cui vivono. E per quanto risultano essere comunque fra i mammiferi più grandi, con i loro 8 metri di lunghezza media e 5 tonnellate di massa corporea, gli scienziati sono preoccupati per quello che potrebbe essere diventato un trend: rispetto al Novecento sono diventate più corte.

Lo studio analizza l'origine di questo fenomeno ed è stato condotto dai ricercatori dell'Università della California a Santa Cruz e della Hopkins Marine Station di Stanford. A guidare il team è un veterano della ricerca sui cetacei: David Cade. È stato infatti proprio il ricercatore di Standford a promuovere l'iniziativa, trovando fondi, effettuando diverse missioni vicino al Polo Sud e seguendo le campagne di monitoraggio su 23 esemplari al largo della penisola antartica occidentale. 

Per comprendere perché questi animali mastodontici sembrano subire una costante riduzione della propria lunghezza, generazione dopo generazione, i ricercatori hanno valutato dunque il loro comportamento e l'ambiente in cui vivono e si nutrono. Dai primi lavori preliminari effettuati una decina di anni fa si era capito che questo fenomeno non è legato ad una carenza nutrizionale ma ad una concomitanza di fattori, fra cui la differenza nell'abbondanza di cibo e la strategia di caccia impiegata da questi cetacei proprio per nutrirsi.

Come spiegato da Cade sul suo articolo, confrontando la B. acutorostrata con la specie cugina balenottera azzurra (Balaenoptera musculus), le balene antartiche hanno assunto queste dimensioni a causa del loro stile di alimentazione e all'ambiente che si ritrovano ad occupare. «È interessante notare che le dimensioni influenzano l'efficienza del foraggiamento ed entrambi gli animali condividono una preda e un tipo di alimentazione comune», ha chiarito lo scienziato.

Il modo in cui si nutrono è la strategia nota come "filtrazione o alimentazione con affondo" (lunge-feeding in inglese). Gli animali ingeriscono un'enorme quantità di acqua spalancando la bocca (tecnicamente si definisce affondo) quando sono nei pressi di un grosso banco di krill – invertebrati simili a gamberetti – in modo che possano risucchiare e assimilare una grande quantità di proteine di origine animale. Poi, quando chiudono la bocca, filtrano l'acqua in eccesso dalla bocca tramite i fanoni, i denti specializzati che possiedono gran parte delle balenottere.

Questo comportamento, assicurano i ricercatori, per milioni di anni è risultato molto vantaggioso sotto il profilo energetico perché permette alle balene di risparmiare risorse e di assimilare enormi quantità di nutrimento con il minimo sforzo. Talvolta però può portare a delle conseguenze impreviste quando l'animale ingerisce troppa acqua e deve spendere del tempo extra per espellerla, perdendo la possibilità di cibarsi ancora.

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«Le balenottere minori – osservano inoltre gli scienziati – come tutti gli animali devono disporre di una certa quantità di calorie giornaliere per sopravvivere, che risulta essere la soglia minima di calorie acquisite in un giorno». Tale soglia energetica è legata sia a fattori ambientali come l'abbondanza e la difficoltà nel procacciarsi le prede durante un periodo dell'anno. Quando però una balenottera incorre in degli errori nelle operazioni di caccia può incappare in un deficit energetico che, oltre ad affamarla, può indurre l'allontanamento dell'animale dalle sue prede. Quindi la specie si è adattata per eliminare la possibilità d'incappare in errore e per acquisire la giusta quantità di calorie in rapporto all'energie spese.

Per trovare dunque le balene devono compiere una scelta: sprecare tempo ed energie nel tentativo di filtrare "bocconi" sempre più grandi o invece compiere affondi più piccoli, ingerendo meno krill e anche meno acqua, incappando però in meno errori e perdendo meno tempo nella filtrazione per poter così compiere un maggior numero di affondi?

Secondo Cade l'ideale per le balene è di effettuare un maggior numero di catture di krill tramite tanti piccoli bocconi da compiere in meno tempo. Ma farlo comporterebbe sempre un incremento delle spese energetiche che devono essere controbilanciate con l'assimilazione di una maggiore quantità di cibo. Il rischio rappresentato per le balene sarebbe dunque quello di cadere in un tranello evolutivo abbastanza rischioso che le porterebbe a spendere maggiori risorse solo per voler assumere maggiori quantità di prede nel minore tempo possibile. E nel tentativo di risolvere tale tranello, hanno compiuto l'unica scelta che avevano a disposizione: perdere massa.

Il fattore più limitante che conduce le balenottere ad assumere dimensioni ridotte è così proprio il processo della filtrazione e della gestione dell'acqua, presente all'interno della bocca durante le battute di caccia. «Sembra esistere un tasso massimo di alimentazione consentito, limitato dal tempo necessario per eseguire le manovra di alimentazione e filtrazione» chiariscono i ricercatori. Mentre però alcuni vincoli, come il tempo di filtraggio, possono ridursi con dimensioni del corpo più piccole, altri, come il tempo per cercare i banchi di krill, dipendono più dall'ambiente che dalle dimensioni. E l'effetto complessivo di queste limitazioni durante la caccia è quello che spinge le balene ancora una volta nel ridurre la quantità ingerita di acqua ad ogni boccone, chiarisce Cade, in modo tale che l'animale riesca a predare più krill e ad avere maggior tempo per ripetere l'operazione.

Ciò ovviamente si ripercuote sulle dimensioni finali dell'animale. Se infatti l'evoluzione ti spinge ad "ingerire" meno acqua per catturare la tua preda ed essere in grado di competere con i tuoi simili, gli esemplari più avvantaggiati in un contesto simile sono quelli che riescono a compiere questa operazione il maggior numero di volte con meno sforzo, che quasi sempre risultano essere quelli di dimensione inferiore. «Comprendere inoltre l'ecologia e il comportamento di questi cetacei – aggiunge Ari Friedlaender, altro autore dell'articolo – è fondamentale per individuare le strategie di conservazione più adatte».

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L’acqua che le balenottere ingeriscono durante la caccia deve essere filtrata dai fanoni

I ricercatori hanno osservato infatti che durante le ore notturne, quando il krill tende a salire verso la superficie, i tassi di alimentazione delle balenottere antartiche risultano essere da due a cinque volte superiori rispetto al giorno. Questo perché nelle ore notturne la popolazione di krill è più densa in superficie, rispetto a quella del mattino, permettendo alle balenottere di ingerire una maggiore quantità di krill in rapporto al volume di acqua. I ricercatori auspicano che questo fenomeno possa indurre le amministrazioni delle nazioni confinanti (Cile, Argentina, Australia, Nuova Zelanda) nel vietare la pesca commerciale durante la notte nelle aree limitrofe l'oceano Antartico, per favorire il recupero delle popolazioni di cetacei che, come noto, sono soggette a un profondo declino per molteplici fattori storici e ambientali.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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