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Abbiamo imparato a conoscerlo e rispettarlo, nel corso dei decenni, celebrandolo come uno dei più importanti esseri umani preistorici mai ritrovati. E' Ötzi, l'uomo del Similaun, ritrovato nell'ormai lontano 19 settembre 1991 in Trentino-Alto Adige, in prossimità del confine austro-italiano. Di lui credevamo di sapere ormai tutto, dalla dieta alla tonalità della voce e fino alle tragiche ragioni che lo hanno portato alla morte ma dopo un'analisi genetica effettuata dal team del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, in Germania, moltissime novità sono giunte a rivoluzionare le nostre certezze sul vecchio cacciatore raccoglitore delle Alpi.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Genomics e hanno rivelato tra l'altro che gli antenati di Ötzi non erano quelli che gli esperti pensavano in precedenza. Il motivo di questa inesattezza sembra essere stata causata da una ragione abbastanza semplice: il campione originale era stato infatti contaminato con DNA moderno durante i lavori di messa in sicurezza del reperto al Museo archeologico dell'Alto Adige a Bolzano. Inoltre al momento della prima estrazione genetica l'operatore che aveva effettuato l'analisi aveva erroneamente prelevato un pezzo di tessuto dalla superficie esterna mentre per la nuova indagine genetica Johannes Krause, l'archeogenetista del Max Planck, ha deciso di prendere dei campioni più in profondità.
Nel tempo intercorso dalla prima analisi, avvenuta quasi 20 anni fa, la tecnologia di sequenziamento è progredita enormemente e molti altri genomi sono stati completamente decodificati, permettendo così agli scienziati di confrontare più velocemente e facilmente il codice genetico di Ötzi con quello dei suoi contemporanei di circa 5.300 anni fa.
Ora sappiamo che Ötzi era in realtà molto diverso rispetto a come lo abbiamo raffigurato fino ad oggi. Soffriva per esempio di calvizie, era molto più scuro di carnagione rispetto le popolazioni attuali che abitano sulle Alpi e circa il 90 % del suo patrimonio genetico proviene da agricoltori neolitici anatolici.
«Siamo rimasti molto sorpresi di non trovare tracce di pastori delle steppe dell'Europa orientale nella più recente analisi del genoma di Ötzi. Anche la proporzione di geni provenienti dai cacciatori-raccoglitori europei è molto bassa. Geneticamente i suoi antenati sembrano quindi essere arrivati direttamente dall'Anatolia, senza mescolarsi con i gruppi di cacciatori-raccoglitori che abitavano l'Europa da migliaia di anni», ha spiegato Krause, anche coautore dello studio.
Il colore della pelle in particolare è l'indizio che ha permesso ai ricercatori di comprendere appieno la storia della famiglia di questo antico predecessore, considerato da molti non addetti ai lavori come uno dei primi italiani noti, appartenenti alla nostra specie. «In precedenza si pensava che la pelle della mummia si fosse scurita durante la sua conservazione nel ghiaccio ma presumibilmente quello che vediamo ora è in gran parte il colore originale della pelle di Ötzi – ha spiegato Albert Zink, altro coautore dello studio e capo dell'Eurac Research Institute for Mummy Studies di Bolzano – Sapere questo, ovviamente, è importante anche per la corretta conservazione della mummia».
Nel genoma di Ötzi sono stati trovati anche dei geni che aumentano notevolmente il rischio di obesità e di diabete di tipo 2. Tuttavia il nostro cacciatore probabilmente non soffriva di queste patologie grazie al suo stile di vita sano e al fatto che la sua dieta si basava prevalentemente sulla raccolta di bacche, radici, verdure e poca carne. Seppur vecchio il suo corpo, al momento della morte, appariva perfettamente asciutto, magro e muscoloso tanto da poter essere considerato atleticamente "in forma" secondo i moderni standard attuali.
«Le persone che vivevano in Europa tra 40.000 e 8.000 anni fa erano soggetti fisicamente prestanti e con il colore della pelle scura, come gli africani – chiarisce Krause – Il ché ha molto senso perché l'Africa è da dove provenivano tutte le popolazioni umane che solo recentemente hanno poi iniziato a espandersi nel resto del globo. Per quanto abbiamo infatti sempre immaginato che gli europei diventassero di carnagione chiara molto più velocemente, con questa nuova conferma sembra che ciò sia accaduto in realtà piuttosto tardivamente nella storia umana».
